Il diario del lavoro ha sentito il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli in merito ai recenti conteggi dell’Aran sulla rappresentatività sindacale e sui motivi che hanno portato verso il basso il posizionamento della Cgil nel comparto Scuola rispetto alle altre sigle sindacali.
Sinopoli, come interpreta i risultati dell’Aran?
C’è un consenso che va ben oltre gli iscritti. Noi siamo, come la Cgil, un punto di riferimento anche per tanti non iscritti. I voti della Rsu sono anche voti di consenso. E poi veniamo da una stagione che ci ha visto tanti anni senza un rinnovo del contratto, e dopo una battaglia politica sulla legge 107 che ci ha molto esposti, ma che abbiamo perso nell’immediato con il governo Renzi, non essendo riusciti a raccogliere le firme per i referendum abrogativi. Questa legge però l’abbiamo smontata succesivamente, come stiamo stiamo facendo ancora in questi giorni, attraverso la contrattazione.
Questo scenario politico vi ha penalizzato?
Non è esattamente il contesto più semplice fare una campagna elettorale su voti di opinione. Infatti siamo stati percepiti come se fossimo vicini al governo, mentre invece avevamo posizioni molto differenti.
Negli ultimi decenni il sindacato si è allontanato dai partiti.
Sì, è vero, ma non è stato sufficiente. Anche perché per la prima volta nella storia un governo di centrosinistra ha fatto una riforma percepita contro la Scuola. Quindi sono saltati completamente i canoni di riferimento. Questo ha influito sul voto. Tant’è vero che siamo calati nelle grandi città dove prevale il voto di opinione.
Una sinistra che non ha saputo essere coerente con la sua linea politica?
Diciamo che la crisi profonda della sinistra politica è stata aggravata dalla crisi economica che comunque non è stata capace di essere percepita come soggetto che nella crisi difende i più deboli.
Renzi non ha cambiato linea?
Renzi è arrivato sullo scenario politico sostenendo le sue proposte come se fossero il verbo, forse voleva imitare Tony Blair. Ma non voglio buttare la palla in tribuna dicendo che il problema è la sinistra politica. Dico che era un contesto in cui per un sindacato come la Cgil la campagna elettorale delle Rsu è stata più difficile.
In che senso?
Il governo era percepito come nemico della scuola, ma un sindacato deve comunque firmare un contratto. E’ quella la cosa giusta e noi dopo tanti anni dovevamo firmare quell’accordo, anche se non portava grandi benefici sul piano salariale dopo 10 anni di blocco, una delle cose più sentite.
Temevate che al cambio di governo potessero insorgere ulteriori ostacoli?
Più che altro non potevamo sapere cosa sarebbe successo. Adesso però possiamo dire che i benefici del contratto, dal punto di vista della qualità, si sono visti nei mesi successivi.
Questo governo come si muoverà sugli aumenti salariali?
Sono riusciti a fare quasi peggio e la legge di stabilità lo conferma. Gli aumenti sono inferiori alle previsioni stesse dell’inflazione programmata del Def.
E voi che pensate di fare?
Io penso che sia determinante, in questa stagione, mettere in campo una grande battaglia per i salari. In passato è stato necessario, per rinnovare l’altro contratto, definire uno schema dove si individuava con il governo un accordo quadro su quali erano gli aumenti. Gli 85 euro erano già decisi. Ma era una stagione straordinaria, dopo 10 anni di vacanza contrattuale.
Che prospettive ha il tesseramento?
I dati sono buoni, le tessere continuano a crescere sia per noi che per gli altri sindacati confederali. In particolare nella scuola si affacciano nuovi soggetti sindacali, che traggono la loro forza nella individualizzazione dei bisogni. Purtroppo la dimensione collettiva dell’agire collettivo negli anni si è indebolita.
In fondo, anche voi fate contrattazione individuale, cosa vi distingue?
Questo sindacato fa della dimensione collettiva la chiave principale della sua azione. Certo, c’è molta attività di consulenza e di servizi. Però è ovvio che quando poi le domande si individualizzano così tanto e c’è una vertenzialità nella scuola impressionante, si creano dei vuoti che vengono riempiti dalle vertenze legali. In questo scenario, cambiano i modi di fare rappresentanza. E questo ha un suo peso.
I sindacati minori salgono nella rappresentanza?
Per esempio, Anief esiste perché ha fatto migliaia di vertenze individuali nei posti di lavoro. Quindi i sindacati che non hanno impostato questo tipo di lavoro perdono terreno rispetto agli altri sindacati. In pratica, se si propone un soggetto nuovo, mai visto sulla scena, che ti dice “ti risolvo io i tuoi problemi”,certamente influenza la percezione della funzione del sindacato.
E voi come rispondete?
La Cgil rappresenta tutte le professionalità. Cerca sempre il punto equilibro, la sintesi, cerca di evitare le divisioni. E’molto faticoso guidare un sindacato confederale in questa stagione, in particolare un sindacato che ha un posizionamento politico come quello della Cgil.
Politico inteso come partitico?
Non siamo un soggetto politico nell’istituzione ma lo siamo nella società. A 360 gradi. Io vengo da una scuola come quella di Bruno Trentin. Insomma, è chiaro che la Cgil ha una connotazione di sinistra, non stiamo da un’altra parte.
Il cambio di visione della società è stato quindi determinante per il voto per le Rsu?
L’allentamento della dimensione collettiva non è l’unico motivo di questi risultati sulla rappresentanza, ma pesa.
Cosa ha pesato di più?
L’indebolimento del lavoro organizzato, che è stato forte. Le condizioni sono peggiorate e la crisi l’hanno pagata i più deboli. Questo crea disincanto, disillusione e sfiducia nell’azione collettiva. Il punto è riuscire a rimettere un campo una dimensione partecipativa e rivendicativa che ti permetta di essere soggetto di riferimento e interlocutore per chi vuole cambiare veramente lo stato delle cose.
Emanuele Ghiani