Alla vigilia del nuovo incontro di domani tra il governo e le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro, le posizioni rimangono distanti. Il dibattito continua ad essere intenso, soprattutto per quanto riguarda le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il governo ha presentato una bozza di documento, articolato in dieci paragrafi (pubblicata in esclusiva da Il sole 24 ore), che prevede soluzioni diverse a seconda che il licenziamento sia per motivi discriminatori, economici e disciplinari. L’obiettivo non è più un accordo con le parti sociali, ma la stesura di una proposta da presentare in Parlamento. Le imprese hanno dato “un’adesione complessiva all’architettura”, pur ritenendo che sia ancora necessario lavorare su alcuni punti.
Fortemente negativo il giudizio della Cgil che ritiene la riforma del mercato del lavoro, così per come è stata concepita dal governo, incapace di creare nuovi posti di lavoro e contribuire allo sviluppo del Paese. In particolare la Cgil contesta tre punti: la scelta sui licenziamenti facili, la finta universalità degli ammortizzatori sociali e la mancanza di una vera lotta alla precarietà.
Sulla questione delle modifiche all’articolo 18 la Cgil dice no ed è pronta alla mobilitazione.
L’intervento sull’articolo per il sindacato di Corso d’Italia non è una “manutenzione”, ma una modifica sostanziale che cambia i rapporti nei luoghi di lavoro: “il lavoratore viene messo in condizione di debolezza rispetto ai comportamenti dell’impresa” – ha detto Camusso – e in questo modo “i più deboli potranno essere licenziati per motivi economici”. A suo avviso, inoltre, sui licenziamenti discriminatori non c’è nessuna estensione delle tutele: “Il licenziamento discriminatorio è già vietato, siamo preoccupati che il governo dica bugie così apertamente. Dire che la riforma estende i diritti è un’illusione, non si conosce cosa si sta maneggiando”.
La difesa dell’articolo 18, ha precisato Camusso, non è una questione ideologica ma economico-sindacale. L’articolo 18 infatti, spiega, “è uno strumento fondamentale a difesa dei lavoratori, per controbilanciare la posizione più forte dell’impresa”.
Rispetto agli ammortizzatori sociali la Cgil contesta al governo un sistema che non sarà effettivamente universale perché esclude dalla cassa integrazione ordinaria le imprese con meno di 15 dipendenti e, quindi, la gran parte del mercato del lavoro. Inoltre non verranno riconosciute nell’Aspi le figure parasubordinate. Per Camusso si sono fatti notevoli passi indietro anche per quanto riguarda la lotta alla precarietà, soprattutto per “l’assalto di tutto il sistema delle imprese”. Anche se, riconosce la sindacalista, c’è stata un’importante inversione di tendenza, per la prima volta negli ultimi dieci anni, rispetto alla scelta di regolamentare alcune forme di precarietà, quali ad esempio le partite iva e l’abuso di contrattazione a termine. A direttivo ancora in corso, Camusso ha confermato le prossime iniziative: un pacchetto di 16 ore di sciopero, 8 per assemblee nei luoghi di lavoro e 8 in un’unica giornata. “Non ci fermeremo a quello, lanciamo in tutto il paese una campagna pubblica per reintrodurre il reintegro dei lavoratori. Valuteremo come articolare le varie iniziative”. Ancora una critica a Cisl e Uil che “hanno abbandonato” la ricerca di una soluzione unitaria e questo è stato “un gravissimo errore” perché “di fronte a una posizione unica, il governo avrebbe fatto molta più fatica”. Mentre sulla divisione del Pd, Camusso non entra nel merito, affermando solamente che la Cgil “ha suggerito una strada” e poi il resto “lo valuteremo”.
Invece rimane “sospeso” il giudizio della Uil sulle modifiche all’articolo 18. Angeletti, al termine della direzione nazionale riunita per fare il punto sulla riforma del mercato del lavoro, ha dichiarato che un giudizio positivo arriverà nel momento in cui verranno applicate le modifiche richieste dalla Uil, ossia di inserire “una procedura che consente alle organizzazioni sindacali, come avviene in Germania, di verificare se le motivazioni economiche, che l’azienda adduce per il licenziamento, siano oggettive e non strumentali in modo che il giudice possa avere il parere dei sindacati”. Con queste modifiche – ha aggiunto il sindacalista – si raggiungerebbe una soluzione accettabile”. La Uil, ha spiegato Angeletti, chiede anche “di creare un fondo per i lavoratori che rischiano l’espulsione nei prossimi anni e non possono andare in pensione, un problema non risolto con gli ammortizzatori sociali”.
La Cisl dà complessivamente un giudizio positivo sulle linee guida della riforma del mercato del lavoro, anche se aspetta un testo finale per poter dare un parere definitivo. In particolare il sindacato di via Po’ apprezza “lo sprint verso il tempo indeterminato e la stabilizzazione per i giovani precari attraverso la stretta forte sulle partite Iva e altre forme di flessibilità malate”. Il sindacato ha espresso la sua soddisfazione per gli ammortizzatori sociali che sono stati riconfermati, ha però ribadito che serve il mantenimento dei contratti di solidarietà e maggiori politiche attive per il reimpiego”.
Sull’articolo 18 è stato raggiunto “un compromesso onorevole”, ha detto Bonanni, “lo strumento antidiscriminatorio è stato integralmente mantenuto e perfino esteso ai lavoratori nelle imprese sotto i 15 dipendenti”. Per il leader della Cisl, però, discutere soprattutto di articolo 18 quando si parla della riforma è un modo per “fare politica più che sindacato”. Rispondendo a una domanda sul metodo con cui é stata condotta la trattativa, Bonanni ha detto: “La concertazione non é un pranzo di gala. Concertare vuol dire coinvolgersi fino in fondo e prendersi le proprie responsabilità e questo c’é chi non lo ha fatto con il governo Monti, né con il governo Berlusconi, né con Prodi”.
Per il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella è importante “tenere conto delle valutazioni di tutti”. Sussistono, a suo avviso, le condizioni “per arrivare a una soluzione condivisa”, poi servirà anche un contributo delle forze politiche per migliorare la riforma in Parlamento: “Saranno i partiti – ha affermato il sindacalista – a prendersi la responsabilità della riforma del mercato del lavoro. Noi abbiamo fatto il possibile per migliorare una riforma che era molto peggiore”. Il leader dell’Ugl allontana la possibilità di iniziative sindacali: “Prima di parlare di mobilitazione – ha concluso – noi ci andiamo molto cauti”.
Tutti i sindacati condividono la posizione che se la riforma venisse presentata in Parlamento senza le modifiche richieste, allora sarà necessario chiedere ai gruppi parlamentari di intervenire.
Francesca Romana Nesci