Nelle scorse settimane sono state ogni giorno sulle prime pagine di tutti i giornali. Le associazioni professionali dei piloti e degli assistenti di volto hanno infatti occupato gran parte della cronaca della vertenza Alitalia. I mass media erano attenti solo a quello che facevano o non facevano queste associazioni, che a lungo sono state l’ago della bilancia su cui si pesavano i destini della compagnia di bandiera. Associazioni professionali, un modo elegante per indicare i sindacati corporativi o, se si preferisce un termine meno agro, i sindacati di mestiere.
Piccole formazioni che rappresentano e con molta attenzione tutelano gli interessi di una sola categoria, per lo più abbastanza ristretta, senza alcun collegamento con gli altri sindacati, nemmeno della propria area professionale. Ci sono appunto piloti e assistenti di volo, ma anche i macchinisti delle ferrovie, i controllori di volo, forse anche i medici, anche se il loro caso è differente per diversi aspetti.
Il tratto caratteristico di tutte queste associazioni, che li distingue profondamente dai sindacati confederali, è l’attenzione esclusiva che prestano agli interessi dei loro rappresentati, senza curarsi di tutto il resto. Sono comunque mestieri caratterizzati da un’alta professionalità e dall’elevata responsabilità di cui si caricano, e ciò li pone su un gradino più elevato rispetto agli altri lavoratori del medesimo comparto.
La lunga preparazione o comunque la capacità tecnica e questa assunzione di forti responsabilità è ai loro occhi la giustificazione per i privilegi che chiedono, e se non si tratta di privilegi sono certamente trattamenti preferenziali, che fanno pesare nel corso delle trattative che li riguarda.
Rappresentano un danno per la società? E’ difficile affermarlo, proprio in virtù della specificità e della delicatezza del loro lavoro, indispensabile per la società. Certo la ristrettezza della loro visione sociale, concentrata in pratica solo sui loro interessi, non li aiuta. Il che non significa che anche loro non si battano a volte per obiettivi socialmente elevati. Se il sindacato piloti lotta per avere aerei e aeroporti sicuri o i medici combattono la malasanità, l’interesse collettivo di queste azioni è immediatamente percepibile. Ma per lo più i loro sforzi sono diretti a mantenere benefici, senza guardare molto oltre questi.
Diverso il caso dei sindacati confederali, che teorizzano la loro attenzione all’interesse collettivo. E non potrebbe essere altrimenti, perché questi sindacati rappresentano i lavoratori di tutte le categorie e quindi sono attenti agli interessi generali perché solo in questo modo hanno la certezza di non lavorare contro gli interessi di alcuni dei loro rappresentati.
Una differenza sostanziale tra i confederali e questi sindacati di mestiere, che, però, tranne alcuni casi più evidenti, come proprio la vertenza Alitalia, dove la sproporzione tra il bene collettivo e gli interessi di parte erano evidenti, non viene percepita fino in fondo dalla pubblica opinione. Anzi, come sostiene Guido Baglioni nel suo ultimo libro, il sindacato confederale è in questi anni accerchiato, tanto è vero che le tutele sindacali tradizionali stanno diminuendo.
1° ottobre 2008