Passato poco più di un mese dal congresso della Cgil la minoranza interna che non aveva ottenuto il successo sperato nelle votazioni precongressuali comincia a riorganizzarsi. Lo statuto della Cgil considera le mozioni congressuali “una modalità democratica del dibattito congressuale, che si esauriscono naturalmente con la conclusione dei lavori congressuali”. È però prevista la possibilità, entro due mesi dalla fine del congresso, di confermare le mozioni congressuali di minoranza. In questo caso assumono la denominazione di “aree programmatiche congressuali”. A queste aree sono consentiti vari diritti tra cui il diritto di proposta per le sostituzioni negli organismi dirigenti inerenti alla propria area di riferimento. E questa la strada che la mozione di minoranza “la Cgil che vogliamo” intende seguire.
I sindacalisti che si riconoscono in tale area si incontreranno il 6 luglio a Roma presso l’hotel Parco dei Principi. In quella data si vedrà la reale consistenza del gruppo. Il leader dell’area programmatica dovrebbe essere Gianni Rinaldini, ex segretario della Fiom Cgil che secondo le notizie che circolano dovrebbe anche andare a presiedere la neonata fondazione Sabattini. Interessante sarà vedere come quella che era un’operazione congressuale che univa personalità molto eterogenee fra loro potrà trasformarsi in un progetto stabile. Nella mozione di minoranza erano,infatti, confluite personalità che chiedevano un sindacato ancora più intransigente e altre che al contrario chiedevano posizioni più moderate. Non a caso nel documento della “Cgil che vogliamo” si parla di un gruppo senza strutture rigide e aperto che deve “riaprire i canali di comunicazione con intellettuali, economisti, giuslavoristi, sociologi”. Inoltre l’area viene definita come “eterogenea e senza perimetro”.
Nel documento si parla anche di quello che unisce queste persone e si fa un elenco delle proposte dell’area programmatica. Si parte da una generica domanda di discontinuità, cambiamento e innovazione, per poi proseguire con la richiesta che gli assetti della contrattazione siano uno strumento forte di redistribuzione del reddito e di superamento delle diseguaglianze. E ancora: la definizione di un nuovo modello contrattuale, l’estensione qualitativa e quantitativa della contrattazione aziendale; una nuova articolazione del rapporto tra legislazione e contrattazione, una maggior tutela delle fasce e dei settori più deboli. Parlando del mercato del lavoro il gruppo propone: la riunificazione del mercato del lavoro attraverso “strumenti di accesso al mercato del lavoro unificato” e una maggiore lotta alla precarietà. Riguardo al mondo sindacale si propongono: nuovi modelli di relazioni sindacali, verifica della rappresentanza e della rappresentatività; democrazia e strumenti referendari in capo ai destinatari di accordi sindacali. Infine parlando della Cgil si legge che “il congresso è stato tanto ininfluente, quanto fallace: le ampie disponibilità offerte a Governo, Confindustria, Cisl e Uil hanno lasciato inalterato lo scenario sindacale e confermato la necessità di un posizionamento di determinato contrasto della Cgil”.
Luca Fortis