Si riapre il dibattito sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. A riaccenderlo un’intervista del Corriere della Sera al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sulla manovra al vaglio del Parlamento.
“Non ci sono totem”, ha detto il ministro a riguardo, invitando i sindacati “a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte”. La prima risposta a questa dichiarazione è stata quella della leader della Cgil, Susanna Camusso, sempre in un intervista sulle pagine del Corriere. L’articolo 18 “non è un totem, ma una norma di civiltà”, ha replicato la sindacalista lanciando una sfida: “facciamo costare il lavoro precario di più di quello a tempo indeterminato e scommettiamo che nessuno più dirà che il problema è l’articolo 18?”. D’accordo anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che oggi è intervenuto a margine del presidio dei lavoratori del pubblico impiego davanti al Parlamento sfidando il governo a pagare di più i precari. “La precarietà è frutto di una flessibilità pagata male, ha sottolineato il sindacalista. Il governo deve far sì che chi è più flessibile sia pagato di più”. “Questa storia di voler mettere mano all’articolo 18 proprio non la capisco, ha aggiunto. Sembra si voglia aizzare la gente alla protesta”.
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, invece insiste: “La riforma del mercato del lavoro va affrontata con molta serietà, pragmatismo e senza ideologia”. “Nessun tabù” sull’articolo 18, dice e chiede al sindacato “grande spirito di collaborazione e atteggiamento costruttivo”. Per la presidente la riforma è necessaria perché l’Italia ha “rigidità in uscita che non hanno uguali in Europa e, in alcuni casi, anche rigidità in entrata che penalizzano giovani e donne”. Inoltre, aggiunge, “abbiamo ammortizzatori sociali che vanno rivisti in parte”. Per questo Marcegaglia ritiene necessaria una trattativa “seria e pragmatica” e lancia l’apertura di un tavolo “con la volontà di lavorare e collaborare, perché in una situazione con questa non ci sono più totem né tabù”.
Il botta e risposta tra Camusso e Fornero ha toccato anche il tema, molto discusso dal mondo del lavoro, del contratto unico. Il ministro rilancia: “Penso che un ciclo di vita che funziona è quello che permette ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all’inizio della vita lavorativa, e quindi hai bisogno di formazione, e dove parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività. Insomma, io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto”.
Camusso non è d’accordo: “Sarebbe un nuovo apartheid a danno dei giovani. Se facciamo un’analisi della realtà, continua, vediamo che la precarietà c’è soprattutto dove non si applica l’articolo 18, nelle piccole aziende. Quindi tutta questa discussione è fondata su un presupposto falso”. (FRN)