E’ molto difficile capire su cosa si fermerà il negoziato per la crescita della produttività. Giancarlo Durante, responsabile dei problemi sindacali in Abi, ritiene che le scelte devono essere ancora fatte e che possono riguardare una serie di fattori. Certo, aggiunge, occuparsi solo della produttività del lavoro non può essere sufficiente.
Durante, il sistema delle banche sarà coinvolto dal negoziato sulla produttività?
Certo, secondo lo schema collaudato in questi anni. Il punto è che non è chiaro come muoversi. Perché il tema produttività può essere aggredito da più parti, guardando a diversi fattori, non solo al lavoro. Per ora c’è solo la sollecitazione di Monti, e i tempi sono molto stretti, per l’accordo ci sono solo trenta giorni, forse meno.
Riguarderà il salario?
Potrebbe, ma il sindacato è contrario a nuovi sacrifici. Potrebbe riguardare un maggiore utilizzo degli impianti, prendendo un esame gli orari e le tecnologie. Poi c’è il discorso dell’incentivazione del salario di produttività, perché detassazione e decontribuzione sono state molto limitate, i livelli di coinvolgimento sono ormai risibili.
Si parla molto di contrattazione.
Ma qui la situazione è molto variegata. La base dovrebbe essere l’accordo del giugno 2011, ma noi abbiamo fatto un altro accordo, nell’ottobre del 2011, tarato sulle esigenze del nostro comparto.
L’accordo del giugno dello scorso anno non è mai stato applicato sulla parte della rappresentatività.
Noi questo tema lo abbiamo superato da tantissimo tempo, il primo accordo risale al 1975. In base a queste indicazioni possiamo avere un quadro preciso delle iscrizioni, che poi confrontiamo direttamente con il sindacato. Così abbiamo un controllo incrociato. E anche sulla validazione degli accordi siamo molto avanti. Quando un’intesa ha il consenso del 55% della platea dei lavoratori, per noi l’accordo è valido. Il sindacato poi si riserva una verifica sulla base di assemblee con voto certificato. Un sistema che funziona.
E per il secondo livello?
Anche su questo punto siamo più avanti, perché abbiamo previsto la contrattazione di gruppo, che nel nostro settore è molto importante.
Nemmeno il tema del superamento delle indicizzazioni vi interessa?
No, perché il nostro sistema non prevede l’aggancio all’Ipca. E infatti l’ultimo contratto ha previsto aumenti inferiori a quei livelli, perché era fatto in una situazione molto delicata.
Ma a suo avviso cosa uscirà da questo negoziato?
Dipenderà dal fattore comune che si troverà, perché deve essere un accordo che vada bene per tutti, quindi non potrà entrare nello specifico.
Si andrà a una variabilità salariale più spinta?
E’ possibile. Si dice che un eventuale accordo potrebbe interessare anche gli straordinari, la saturazione degli impianti. Ma, appunto, tutto dipenderà dalla linea che si prenderà.
Si parla molto di una moratoria contrattuale.
Noi abbiamo appena concluso il rinnovo del nostro contratto, quindi non dovrebbe interessarci. Certo, ci sono gli adempimenti, e poi quelle regole vanno implementate. Ma la fase del rinnovo contrattuale classico l’abbiamo superata.
Monti si è dichiarato contrario alla concertazione. Lei è d’accordo?
Non mi sembra che Monti si sia scagliato contro la concertazione, ma contro un ceto tipo di concertazione, quella che diventava consociativismo. Se concertazione è la ricerca di soluzioni condivise è quello che abbiamo fatto in questi 15 anni. Ma questo deve essere. Non deve puntare a escludere e non deve essere una strizzata d’occhio verso qualcuno. Semmai il problema è ridare ruolo alle parti sociali ed è quello che Monti ha fatto con questo negoziato. Ma il governo deve essere più chiaro, perché c’è un problema di competitività del sistema Italia sul quale le parti sociali non hanno alcun potere. Intervenire sul lavoro non basta.
Massimo Mascini