Il servizio Sanitario nazionale è in grandi difficoltà. Le diseguaglianze tra i diversi servizi regionali sono in aumento e sempre più cittadini del Sud devono “emigrare” al Nord per ricevere cure adeguate. Il sistema è nel suo complesso di bassa qualità e i finanziamenti dello Stato del tutto inadeguati rispetto alle necessità e in raffronto ad altri paesi europei. Ancora più preoccupanti le stime sulla crescita della spesa sanitaria indicate nella nota di aggiornamento DPEF 2017
A fine del triennio (2018-2020) il rapporto rispetto al PIL sarà del 6,4%, al di sotto di quella soglia del 6,5% che l’OMS ritiene critica ai fini del mantenimento di un buono stato di salute della popolazione. Il sistema è sotto finanziato e a questo si devono aggiungere le numerose incursioni legislative che, di volta in volta, erodono i fondi messi a disposizione. Secondo la “Relazione sulla gestione Finanziaria delle Regioni, esercizio 2015”, infatti, nel periodo 2015-2018, l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha determinato una riduzione cumulativa del finanziamento del SSN di € 10,51 miliardi, rispetto ai livelli programmati. Cifra non inclusiva di una ulteriore decurtazione del finanziamento di € 423 milioni per il 2017 e di € 604 milioni per il 2018, prevista dal decreto “Rideterminazione del livello del fabbisogno sanitario nazionale”.
Una condizione di forte criticità che viene ormai denunciata da tutti gli istituti di ricerca pubblici o privati che trattano di questi temi ma che non sembra preoccupare più di tanto il decisore pubblico.
Universalismo diseguale e sottofinanziamento
Secondo il “VII Rapporto RBM – Censis sulla Sanità Pubblica, Privata e Intermediata” presentato a Roma nel giugno u.s. le persone che in un anno hanno
rinunciato e/o rinviato almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche: sono state 12,2 milioni con un incremento di 1,2 milioni (+10,9%) rispetto al dato 2016. Una condizione che, giustamente, il Censis definisce allarmante e che si accompagna a un coevo incremento della spesa sanitaria privata arrivata ora a quota
35,2 miliardi di euro, in crescita più della spesa per consumi in generale nel 2013-2016 (+4,2% di contro a +3,4%).
Per il Censis dunque “Gli italiani ormai devono ricorrere sempre più spesso all’acquisto di tasca propria di servizi e prestazioni sanitarie appropriate per esigenze che non trovano nel pubblico risposte adeguate, a causa della lunghezza delle liste di attesa che non smettono di allungarsi, o perché risiedono in un territorio in cui certe prestazioni non sono erogate o hanno una qualità inadeguata”
Dimostrazione evidente di un “universalismo diseguale” e di come il fabbisogno sanitario degli italiani non trovi piena copertura nell’offerta di servizi e prestazioni del servizio sanitario pubblico.
Una fotografia quella del Censis già ampiamente nota e che viene ulteriormente rafforzata dai dati sul monitoraggio della spesa sanitaria anno 2017 contenuti nel Rapporto n° 4 del luglio c.a. del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
I dati che emergono dal rapporto sono altrettanto eloquenti . Vediamoli nel dettaglio. (leggi l’articolo completo),