Lo Snals-Confsal ha presentato un documento molto critico, nel quale vengono elencati i motivi che hanno spinto il sindacato guidato da Elvira Serafini a non firmare il nuovo contratto del Comparto. La bocciatura più severa riguarda l’impianto delle relazioni sindacali che, come ci spiega il segretario generale in questa intervista, non tutela affatto la contrattazione, ma giudizi altrettanto negativi vengono dati anche sulla parte economica dell’accordo.
Serafini, qual è la motivazione principale che ha spinto lo Snals-Confsal a non firmare il contratto dell’istruzione e della ricerca?
Una delle cause principali sta nel fatto che sono stati totalmente disattesi alcuni punti relativi alla parte normativa delle relazioni sindacali, rispetto a quanto era stato stabilito dall’Intesa del 30 novembre 2016 a Palazzo Vidoni. C’era stato un accordo tra i sindacati e la Funzione pubblica in base al quale, nel presente contratto, tutti gli aspetti relativi alle relazioni sindacali sarebbero dovuti migliorare rispetto ai decreti Brunetta e Madia, che avevano smontato gli assi portanti del contratto del 2007. Su questa volontà di miglioramento era stata apposta una firma. Sulla base di questo accordo ci attendevamo da parte dell’Aran una proposta migliorativa e, invece, questo contratto attua i principi negativi della “Buona Scuola” e dei decreti “Brunetta” e “Madia”, sottraendo alla contrattazione materie di competenza dei sindacati. Per esempio, è stata cancellata tutta l’informazione successiva prevista dal CCNL del 2007 e è stata inserita la parola “confronto”.
E invece?
Quando sono iniziati all’Aran i primi confronti sulle bozze, abbiamo subito constatato che i contenuti erano del tutto insufficienti e le nostre richieste disattese. La firma del contratto è stata una vera e propria notte da incubo. L’Aran ci portava continuamente delle versioni riviste dell’articolato e, alla fine, ci è stato chiesto di leggerlo e firmarlo senza esaminarlo.
Un fronte caldo è stato anche quello relativo alla parte economica. Come valutate questo aspetto?
Anche sulla parte economica c’è stato uno scollamento tra le premesse iniziali e i risultati finali del contratto. Ci era stato assicurato un incremento di 85 euro, cosa che però non è presente nel testo dell’ipotesi contrattuale dove gli 85 euro rappresentano, invece, l’aumento salariale medio, che non c’è. Con questo rinnovo, tutto il potere di acquisto perso negli ultimi dieci anni di blocco contrattuale non è stato minimamente recuperato. Altra nota dolente riguarda i 200 milioni di euro già presenti nella riforma della Buona scuola, che erano stati stanziati per il bonus dei docenti. E’ stata presa una parte di queste risorse, circa 60 milioni, ed è stata spostata sul salario tabellare. Stiamo tuttavia parlando non di risorse aggiuntive, ma di soldi che la legge 107 aveva già messo a disposizione del comparto scuola. Se, dunque, andiamo a considerare gli aumenti netti nello specifico, parliamo di cifre irrisorie.
Ritornando al tema delle relazioni sindacali, nel vostro documento ci sono specifiche critiche sull’impostazione presente nel nuovo contratto. Ce le può spiegare?
Quello di cui abbiamo bisogno, e che chiediamo, è un tavolo contrattuale reale, con un vero “confronto”. Nel nuovo contratto, invece, si usa questo termine, ma in modo del tutto inappropriato, perché altro non è se non una informativa. Non ci può essere scambio quando le organizzazioni di rappresentanza sono unicamente convocate per prendere atto di decisioni prese unilateralmente. Il confronto vero è quando si può fattivamente incidere sugli indirizzi da prendere. Non c’è stata, dunque, nessuna riconquista degli spazi della contrattazione e di quella dimensione di collegialità che dovrebbe essere l’anima delle relazioni sindacali.
Sul versante delle professionalità, almeno, ci sono segnali positivi?
No. Il nuovo contratto non tutela affatto quella professionalità che molte volte abbiamo rivendicato, perché non pone minimamente attenzione all’autonomia e alla libertà di insegnamento, non rafforza il ruolo del docente, né valorizza le altre figure professionali che operano nel Comparto. Anche su questo versante, dunque, è fortemente deficitario.
Quindi da quali basi partirete per il prossimo rinnovo?
Il fatto che questo accordo scada il prossimo dicembre è un bene, perché sarà possibile riaprire subito una nuova stagione contrattuale. Questo contratto non fa altro che accogliere al suo interno tutti gli elementi negativi della “Buona Scuola”, che avevamo cercato di superare prima della firma. La nostra decisione di non siglare l’accordo è stata dettata anche dalla volontà di non deprimere ulteriormente la Scuola, già fortemente penalizzata dalla legge 107. Partiremo dunque dalle buone proposte concordate sul tavolo nel novembre del 2016, per cercare di avviare un vero confronto. In ogni caso, a noi preme fare una contrattazione “di qualità”. Questo significa anzitutto riqualificare la funzione docente, che vive nella e della liberà d’insegnamento finalizzata a una vera crescita culturale della persona e del cittadino. Senza libertà d’insegnamento e senza crescita culturale avremo una scuola sempre più asfittica con menti poco allenate alla libertà di pensiero. La partita contrattuale è importante perché è nel confronto tra le parti che si stabiliscono norme e metodi che consentono questa libertà e questa crescita. Lo Snals non accetterà mai di farsi strumento di burocratizzazione e di dequalificazione della scuola italiana.
Come valuta la decisione degli altri sindacati che hanno invece firmato?
Non entro nel merito delle decisioni prese dalle altre sigle sindacali, perché si tratta di scelte libere. Il dato è che avevamo iniziato questo iter di avvicinamento al rinnovo in modo unitario, e il finale ci ha invece restituito un quadro diverso.
Tommaso Nutarelli