Edmondo De Amicis, nato a Oneglia nel 1846, è morto in quel di Bordighera l’11 marzo 1908. Ma anche questo 116° anniversario della sua scomparsa, come tanti che l’hanno preceduto passerà sotto silenzio. Chi ricorda più l’autore di Cuore? Forse, qualche indomito insegnante legge ancora quelle commoventi pagine ai propri alunni delle elementari o delle medie. Per il resto, almeno in questo triste periodo, oblio assoluto. L’ultimo residuo interesse nei suoi confronti, risale al 1984, quando Luigi Comencini diresse una serie tv in sei puntate con Johnny Dorelli nei panni del maestro Perboni.
Troppo dalla parte dei deboli, per la destra cattivista. Troppo mieloso, a dire della sinistra conflittuale: Umberto Eco, polemizzando con “l’ambiguo socialismo umanitario” dello scrittore, imbastì un elogio del perfido Franti. Troppo laico, secondo il giudizio della Chiesa che lamenta l’assenza di qualsiasi riferimento alle ricorrenze religiose, Natale compreso. E così il buonismo ottocentesco, intriso di retorica risorgimentale, non intenerisce più nessuno.
La piccola vedetta lombarda, il tamburino sardo, il piccolo scrivano fiorentino, sangue romagnolo, i bambini rachitici, dagli Appennini alle Ande, la sordomuta, gli amici operai, i ragazzi ciechi, lo spazzacamino. Racconti e personaggi che languono nella soffitta degli antichi e dimenticati sentimenti. A chi può interessare, oggi, la nobiltà d’animo di Garrone o la contagiosa allegria della maestrina, “quella giovane col viso color di rosa, che ha due belle pozzette nelle guance, e porta una gran penna rossa sul cappellino”?
Eppure, il diario di Enrico Bottini, dal 17 ottobre 1881 al 10 luglio dell’anno successivo, non muove solo la leva emotiva ma ha molti tratti di denuncia sociale. I poveri, i malcapitati, gli sfruttati. In questi giorni ci indigniamo per le vittime di Firenze, uccise da una scellerata catena di subappalti. Guarda caso, proprio a metà febbraio, sorprendente coincidenza, lo scolaro vede passare una barella “sulla quale era disteso un uomo, bianco come un cadavere, che perdeva sangue dalla bocca e dalle orecchie; e accanto camminava una donna con un bimbo in braccio, che pareva pazza, e gridava di tratto in tratto: È morto! È morto! È morto”. Era un muratore, “caduto dal quarto piano mentre lavorava”. Un secolo e mezzo dopo, nulla sembra cambiato.
De Amicis vergò anche versi. Una poesia, “Gli emigranti”, andrebbe letta tutti i giorni ai fratelli e alle sorelle d’Italia e ai tanti Salvini affetti da xenofobia per ricordare loro che un tempo eravamo noi a solcare il mare. “Con gli occhi spenti, con le guance cave/pallidi, in atto addolorato e grave/sorreggendo le donne affrante e smorte /ascendono la nave/ come s’ascende il palco della morte. / E ognun sul petto trepido si serra/ tutto quello che possiede sulla terra /altri un misero involto/ altri un patito bimbo, che gli si afferra al collo /dalle immense acque atterrito. /Salgono in lunga fila, umili e muti/e sopra i volti bruni e sparuti appar /umido ancora il desolato affanno /degli estremi saluti/ dati ai monti che più non rivedranno. / Salgono, e ognuno la pupilla mesta/ sulla ricca e gentil Genova arresta, /intento in atto di stupor profondo/ come sopra una festa / fisserebbe lo sguardo un moribondo. / Ammonticchiati là come giumenti/ sulla gelida prua morsa dai venti/ migrano a terre inospiti e lontane. /Laceri e macilenti, /varcano i mari per cercar del pane. / Traditi da un mercante menzognero/ vanno, oggetto di scherno, allo straniero. /Bestie da soma, dispregiati iloti/carne da cimitero /vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti. /Vanno, ignari di tutto, ove li porta/ la fame, in terre ove altra gente è morta/come il pezzente cieco o vagabondo/ erra di porta in porta /essi così vanno di mondo in mondo..”.
Perché gli italiani non hanno più Cuore?
In ogni caso, chiedendo scusa alla sua anima, ci permettiamo di dissentire dalle conclusioni di Umberto Eco: Franti non era destinato a diventare un anarchico, un Gaetano Bresci, bensì uno squadrista. Aveva tutte le caratteristiche di un futuro manganellatore in camicia nera.
Marco Cianca