La Suprema Corte ha condannato tre imputati per il reato, loro rispettivamente ascritto, ex art. 609 quater, comma IV c.p., per aver compiuto atti sessuali con minore di quattordici anni. Infatti i tre interponevano ricorso per Cassazione verso la Sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Napoli che, in parziale riforma di quella resa dal Tribunale di primo grado, aveva ridotto la pena complessivamente inflitta, confermando, nel resto, il Provvedimento del primo Giudice, poiché la loro Difesa si motivava con il mancato riconoscimento del fatto che non conoscevano la vera età della persona offesa. L’art. 609 sexies c.p., la cui attuale formulazione prevede che “quando i delitti previsti negli articoli 609 e successivi sono commessi in danno di un minore degli anni diciotto, e quando è commesso il delitto di cui all’articolo 609, il colpevole non può invocare a propria scusa l’ignoranza dell’età della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile”.
Secondo la Difesa la persona offesa si sarebbe presentata in chat ad un imputato, affermando di avere 14 anni e svelando solo dopo l’incontro la sua reale condizione, mentre ad altro imputato la ragazza non avrebbe mai rivelato la sua età e l’errore sarebbe stato determinato dall’atteggiamento “disinvolto” sulla sessualità e dall’iniziativa presa dalla stessa persona offesa per concordare un incontro a fini sessuali .Aggiungono le Difese che la ragazza sarebbe stata di per sé dotata di caratteristiche fisiche “procacità” che avrebbero indotto gli imputati a ritenere vera l’età dichiarata.
E’ utile chiarire che la disposizione originaria, introdotta dall’art. 7, Legge n. 66/1996, prevedeva che quando il delitto di violenza sessuale (anche nella sua forma aggravata, posto in essere con minorenni o realizzato in un contesto “di gruppo”) o quello di corruzione di minorenne, fossero stati commessi in danno di persona minore degli anni quattordici, il colpevole non avrebbe mai potuto invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa. La fermezza di tale affermazione è poi stata mitigata per effetto dell’art. 4, Legge n. 172/2012 che, (pur avendo esteso l’applicazione del principio fino al diciottesimo anno di età del minore e pur avendo ampliato il novero dei delitti in relazione ai quali esso si applica), ha espressamente fatto salvo il caso di ignoranza inevitabile dell’età della persona offesa. Comunque dichiara la Corte nella sentenza di condanna dei tre spetta all’agente (quindi ai tre ricorrenti) attivarsi per superare l’eventuale condizione di ignoranza dell’età del minore, che non può fondarsi soltanto sulla dichiarazione della vittima di avere un’età superiore a quella effettiva, essendo richiesto, a chi si accinga al compimento di atti sessuali con un soggetto che appare di giovane età, un dovere di informazione qualificato. Gli autori materiali della condotta, quindi, potevano andare esenti da responsabilità unicamente quando fossero riusciti a dare prova – o almeno elementi specifici che consentano una verifica in tal senso – di aver agito presupponendo una realtà diversa da quella effettiva.
Alessandra Servidori