Un fantasma si aggira per il totoministri. E’ il fantasma del ministro del Lavoro, assente da qualunque dei mille mila retroscena che i quotidiani sfornano ogni giorno su quella che sarà la compagine del futuro governo Meloni. Nella ridda di ipotesi che si fanno rispetto alla spartizione dei vari dicasteri fra le tre forze politiche che compongono la maggioranza di destra, vengono citati non soltanto i ministeri chiave, quelli di maggior peso, come Economia, Esteri, Interno, Giustizia, ecc., ma anche ministeri francamente minori, come Turismo, Sport, o addirittura inesistenti, come il bizzarro “Ministero del Mare” che qualcuno immaginerebbe di costituire.
Ciascuna forza politica ha i suoi pretendenti per ciascuna poltrona, e su questo si litiga, stando alle cronache, anche di brutto. Da settimane tiene banco, per esempio, il braccio di ferro tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni su Licia Ronzulli, prediletta del Cav che per lei vorrebbe un ministero “di peso”: Sanità o Istruzione, ma pare si accontenterebbe anche di Turismo o Sport. Tutto pur di sedere nel consiglio dei ministri. Ma ”tutto” forse no, se mentre ci si accapiglia sempre più ferocemente sembra che nessun pretendente sia interessato al Lavoro. Che pure non è esattamente l’ultimo della lista, anzi. Il Lavoro è il ponte di comando dal quale si dovranno prendere nei prossimi mesi decisioni importanti: sulle pensioni, sul salario minimo, sul reddito di cittadinanza, sull’orario di lavoro; ma anche, si teme, ed è probabile, sulle misure di sostegno alla perdita di occupazione che arriverà con la recessione già annunciata da quasi tutti gli enti di osservazione sulla nostra economia, da Banca d’Italia al Fmi.
Il Lavoro è anche il luogo deputato ad avere i rapporti più stretti con i sindacati e le imprese, e dunque dovrebbe, se non altro per questo, avere una sua potente attrattiva. Basterebbe ricordare come ai tempi del Conte Uno perfino Matteo Salvini, ancorché ministro dell’Interno, amasse convocare al Viminale le parti sociali per vertici alquanto surreali sui temi del lavoro. E come i Cinque Stelle, nello stesso Governo, avessero preteso proprio quel dicastero per Luigi Di Maio, sia pure sommandolo al Mise; idea peraltro non sciocca, anche se poi realizzata malissimo. Eppure, stavolta nemmeno la Lega sembra interessata.
Infine: il tema “lavoro” è quello che, almeno a parole, tutte le forze politiche hanno definito come centrale, centralissimo, per il nostro paese. È dunque davvero molto strano che nessuna tra le forze politiche del centro destra abbia ancora rivendicato per sé quella poltrona. O forse è proprio perché il lavoro, alla fine, interessa solo a parole, in campagna elettorale, e molto meno quando si tratta di metterci dentro le mani e la testa. Chissà, magari se Berlusconi si accorge che la casella è vacante potrebbe finire per proporlo alla sua protegèe. E magari, visto che non sembra interessare a nessuno, glielo daranno pure.
Nunzia Penelope