La Francia ha preso la sua decisione: nazionalizzerà, seppur temporaneamente, il cantiere navale Stx France per riaprire, martedì prossimo, le trattative con il Governo italiano. Lo ha annunciato, ieri in conferenza stampa, il ministro dell’economia francese, Bruno La Maire. Il diario del lavoro ha intervistato il responsabile Fincantieri della Fiom-Cgil, Fabrizio Potetti a proposito dell’accordo tra la Francia e Fincantieri per il momento andato in fumo.
Cosa ne pensa della decisione del Governo francese di escludere Fincantieri dalle quote di maggioranza della Stx France?
Mi aspettavo che ci sarebbe stata questa reazione. Dopo l’elezione di Macron, le aspettative sulla nuova presidenza da un consenso iniziale, si sono ridotte drasticamente. Io credo che questa sia una mossa politica per riconquistare il consenso interno. Se infatti il Presidente Macron aveva l’approvazione dell’Unione europea diversa era la situazione sul fronte interno. Infatti, le trattative sul cantiere Stx di Saint-Nazare sono ancora aperte e martedì prossimo ci sarà un incontro tra i ministri francesi e italiani. Più che altro, questa vicenda apre ad un ordine di problemi più complessi: la reciprocità dei governi europei negli investimenti. La Francia ha fatto diversi investimenti strategici in Italia, a noi è stata negata questa opportunità. Credo sia stata una forzatura di Macron che non va nella direzione di un’Europa integrata.
L’investimento di Fincantieri in Francia che risvolti poteva avere?
Era un investimento importante per il futuro industriale dell’azienda. Prima di tutto, un allargamento del mercato e l’acquisizione di diverse commesse da parte di grossi armatori. Sicuramente un investimento positivo che però, abbiamo già sottolineato più volte, necessita di un ulteriore investimento in Italia. Alcuni cantieri italiani non hanno le infrastrutture adeguate, all’altezza dei maggiori cantieri navali europei. Questo è un peccato. Abbiamo il know how necessario ma pochi investimenti tecnologici che sono insufficienti per poter fare un ulteriore salto di qualità.
Il ministro dell’economia Le Maire era preoccupato, anche, delle ricadute occupazionali che avrebbe comportato l’ingresso di Fincantieri. Cosa ne pensa?
Questa era una preoccupazione infondata. L’accordo riguardava gli asset tecnologici tanto quanto l’occupazione. Come dicevo prima, la decisione del Governo francese di prendere in mano le quote della Stx France è tutta rivolta al consenso interno. Macron è stato salutato dai governi europei con grande entusiasmo come se la politica liberale potesse risolvere i problemi, ma sappiamo bene che spesso li ha aggravati. Al contrario di quanto si aspettavano, credo che la decisione su Stx France non aiuti affatto l’Europa. Credo, inoltre, che la responsabilità di quello che è accaduto sia anche della debolezza del Governo italiano. Fincantieri è un’azienda pubblica e dovrebbe essere salvaguardata per questo motivo. Spesso ci richiamiamo alla nazionalizzazione dei settori strategici a ragione. Tutte le nazioni anche quelle più liberiste salvaguardano i settori strategici mantenendo un controllo statale. Noi, invece, ci appelliamo ad una gestione ideologica dell’industria. Paesi come il Regno Unito, gli stessi Stati Uniti sono fermi nel difendere i settori strategici. L’indignazione sull’accordo Fincantieri da parte del nostro Governo nasce solo pochi giorni fa, all’indomani dello sgambetto della Francia sulla questione libica, non per attenzione alla trattativa. Il Governo è stato molto soft nelle dichiarazioni fino a pochi giorni fa perchè ha un’idea sbagliata di quella che dovrebbe essere la politica industriale di questo paese dovuta all’incapacità di difendere le nostre aziende in particolare quelle statali.
Crede che ci sia un’attinenza tra la decisione di Macron e le proteste del 2016 contro la legge sul lavoro?
Assolutamente si. Macron ha un’idea si gran lunga peggiore delle normative sul lavoro rispetto a quella di Hollande. L’attuale Presidente francese non ha ancora fatto vedere nulla. Credo che con Macron peggioreranno le condizioni di lavoro dei francesi. Questa potrebbe essere una mossa che aiuta l’amministrazione oltr’Alpe a calmare internamente le acque e ad acquisire consenso.
Siete in contatto con i sindacati francesi?
Avevamo avuto un contatto e un incontro per capire come si stavano sviluppando i cantieri nel loro paese. Quando ci sono operazioni di questo tipo da parte di tutti c’è preoccupazione sull’occupazione, la continuità negli investimenti, la prospettiva industriale e i sindacati francesi hanno avuto la nostra stessa reazione. Anche la tutela del Governo di una propria azienda, dei lavoratori è comprensibile se non ci fossero queste variabili di contorno sulle ragioni per cui il governo francese sta facendo questi passi. E’ comprensibile che un paese voglia salvaguardare le proprie industrie.
Come si comporta, invece, la Francia nei nostri confronti?
Anche rispetto a questa vicenda, non riesco a dimenticare i casi aperti che abbiamo con la Francia e non sto parlando di reazioni scomposte perchè non ci appartengono. Sto pensando alle numerose partecipazioni sull’industria sulla quale l’Italia è molto distratta. Le aziende francesi spostano le fasi produttive più ricche nel loro paese e lasciano quelle più povere in Italia. Pensiamo alla Thales Alenia Space di Finmeccanica controllata dalla francese Thales Group. Da anni assistiamo ad un’espropriazione delle eccellenze italiane perfino di quelle statali. Bisognerebbe chiedersi come presidiare le nostre industrie, soprattutto quando ci sono alleanze di carattere internazionale. Da quando non c’è più l’IRI il nostro paese non ha un programma sull’industria strategica. Credo che questo non debba valere per tutti i settori, ma per quelli strategici è essenziale. Pensiamo al caso Parmalat, a Telecom con il 23% delle azioni francesi. Se non sono strategiche le telecomunicazioni cosa dovrebbe esserlo? In Telecom le decisioni le prendono i francesi. Bisogna reimpostare una politica industriale. Qui il problema è che non si decide. I governi che si sono succeduti, anche quello di Monti e di Renzi affrontano le emergenze, giorno per giorno, invece di pensare ad una seria politica industriale e a come si valorizzano le industrie italiane. Noi abbiamo tecnologie e professionalità che non sono immediatamente riproducibili in altri paesi. In tutto il mondo le nostre professionalità sono invidiate! Se produciamo pochi laureati è perchè non tutti trovano soddisfazione nel lavoro che fanno dopo l’università. Si sta determinando così un impoverimento generale del paese. Investire su una politica industriale che guarda alle nostre maestranze, alla formazione dei lavoratori vuol dire pensare al futuro dell’Italia e al suo sviluppo.
Perchè non c’è questo tipo di investimento in Italia e una protezione più attenta delle nostre aziende?
In Italia abbiamo assorbito un’ideologia di mercato. Si pensa a sviluppare politiche liberiste senza rendersi conto che, in determinati ambiti, neanche i paesi che le hanno teorizzate le applicano. A tal proposito, da un ministro mi aspetto che non ragioni rispetto alle sue convinzioni personali ma rispetto all’interesse strategico del paese. Se guardiamo alle dichiarazioni dei vari ministri interessati a questa trattativa, sembra che ognuno interpreti una funzione personale. Manca una grande idea di paese. Chi assume determinate cariche deve saper guardare agli aspetti generali.
Alessia Pontoriero