Schiavella, un fenomeno che non stenta ad arrestarsi?
I dati dell’attività ispettiva confermano l’allarme che abbiamo lanciato insieme alla Flai, ossia che il caporalato è un fenomeno molto frequente, figlio della crisi e del meccanismo dell’edilizia di affrontare la crisi stessa attraverso politiche di de-regolazione, con ricorso ad appalti al massimo ribasso e sfruttamento di manodopera. Un fenomeno che si è evoluto con il passare degli anni, entrando a far parte del sistema produttivo.
Ci spieghi.
Il caporalato non si presenta più solo con le forme tradizionali del passato, con il reclutamento dei lavoratori davanti ai cantieri, ma è diventato sempre più forte il ruolo della malavita che gestisce le liste d’impiego con elenchi di mail e sms. Spesso vengono costituiti falsi soggetti imprenditoriali per mascherare l’intermediazione dei caporali. Poi c’è anche il caso di nuove imprese attivate da lavoratori immigrati alle quali vengono subappaltati lavori in modo non trasparente.
Come si potrebbe ovviare a questi problemi?
Con l’adozione del durc anche per i lavori privati e l’applicazione di una norma che disciplina la qualificazione d’impresa. Norme che potevano essere attuate, come abbiamo chiesto nell’avviso comune del 2007 firmato anche con le imprese e che da allora è fermo al ministero senza alcuna risposta.
La riforma del lavoro contiene provvedimenti contro il caporalato?
No. Una soluzione efficace per il settore edile sarebbe stata quella di limitare le false partita iva e il falso lavoro autonomo, ma i provvedimenti a riguardo sono assolutamente inefficienti. Qualche risultato lo abbiamo ottenuto invece con le migliaia di firme raccolte nel corso della campagna organizzata con la Flai Cgil, che ci hanno permesso di fare pressioni sul governo e ottenere un incremento delle pene nei confronti della figura del caporale, fino a quel momento soggetto solo ad ammenda. Ma questo è solo un primo risultato, un successo a metà.
Cosa manca?
Una sanzione analoga per le imprese che ricorrono ai caporali per reperire manodopera e soprattutto la possibilità per i lavoratori di poter denunciare lo sfruttamento del proprio lavoro anche quando sono soggetti extracomunitari privi di permesso di soggiorno.
I lavoratori immigrati sono i più colpiti dal caporalato?
Sicuramente sono più ricattabili perché denunciando il caporale perderebbero il posto di lavoro e di conseguenza il permesso di soggiorno, ma la crisi del settore ne fa un fenomeno anche a danno di molti italiani che faticano a trovare un lavoro.
Avete portato avanti con la Flai una campagna di lotta al caporalato molto determinata.
E non è ancora finita. L’obiettivo è l’implementazione delle norme contro il caporalato e della legalità del sistema, attraverso una rete di controlli più efficace.
Francesca Romana Nesci