“Il cammino delle riforme deve essere comune”. Così il leader della Cisl, Luigi Sbarra, dal palco del XIX congresso confederale. “Con l’insediamento del Governo Draghi ci sono stati riscontri forti e positivi – dice – si è finalmente aperto a un dialogo sociale che ha dato vita a una serie di accordi di grande rilievo”.
Sbarra sottolinea che “non è stato un cammino privo di ostacoli, non è mancato qualche stop. Ma si sono raggiunti risultati fondamentali. Sul piano del metodo è stata archiviata la disastrosa stagione della disintermediazione e si è entrati in una fase di vero confronto sociale. Si tratta ora di dare stabilità a questa impostazione, accogliendo l’appello del presidente Mattarella che ha più volte invocato l’apertura di una stagione di operosa cooperazione su obiettivi condivisi”.
Il dialogo è tanto più importante perché “siamo di nuovo in un’economia dell’emergenza – afferma – la fiammata inflazionistica, insieme con il rallentamento della crescita, stringe in una morsa piccole e medie imprese e, soprattutto, mette a dura prova i redditi, colpisce i risparmi e il potere d’acquisto di salari e pensioni, si accanisce in modo insopportabile sui ceti fragili. Una tempesta perfetta, che non lascia nessuno al riparo: lavoratori e pensionati, produzione e consumo, famiglie e aziende, per le quali si apre una questione fondamentale di sopravvivenza, prima ancora che di competitività”.
Da qui a dicembre il carovita graverà sulle famiglie e sui bilanci per 70-100 miliardi, a seconda dei costi energetici.
“Per questo abbiamo detto subito che i 5 miliardi prefigurati dal Def sarebbero stati insufficienti e così anche i 7 che il decreto aiuti stanziava in prima battuta – aggiunge Sbarra – è stato positivo che il Governo abbia raddoppiato la dote e recepito diverse nostre richieste. Senza misure di coesione oggi, pagheremo domani un conto molto più salato in termini di sofferenza sociale e politiche di sostegno”.
Allora è “indispensabile” muoversi su due livelli: uno emergenziale, l’altro strategico. “Sono indifferibili interventi forti per sostenere i consumi e proteggere il lavoro, che va difeso con strumenti transitori ma non di breve periodo, che sgravino anche le aziende che non licenziano – conclude il numero uno della Cisl – pensiamo, per esempio, al bisogno di elevare ulteriormente il prelievo sugli extra-profitti, a confermare in via strutturale il taglio delle accise sui carburanti, a incrementare il sostegno dei 200 euro, ad alzare il tetto Isee per gli sgravi in bolletta, a definire un nuovo bonus che possa agire in maniera trasversale su lavoratori e pensionati per consentire acquisti di beni di largo consumo in esenzione Iva.
Dal punto di vista strategico, servirà capacità di fare sistema per dare vita ad un nuovo piano energetico e a una nuova politica dei redditi. Sul fronte energia paghiamo errori storici pesantissimi, che ci hanno fatto dipendere dall’estero in modo insensato. E’ il risultato di un’antica subalternità dei governi alla vasta schiera dei ‘professionisti del no’, che si sono opposti ad ogni infrastruttura energetica, ad ogni cantiere, alla possibilità ad esempio di attingere al gas di cui disponiamo nei bacini dell’Adriatico, come fanno abbondantemente sull’altra sponda del mare. Tutto questo senza fare un passo in avanti nella difesa dell’ambiente. Bisogna rompere questa gabbia e avviare una nuova politica energetica”.
Le sei missioni e i tre obiettivi trasversali del Pnrr, prosegue Sbarra, indicano la via da percorrere e i traguardi da raggiungere per “colmare ritardi e diseconomie”. Perché questa opportunità non venga sprecata “bisogna animare un percorso compartecipato – dice – e non solo per la parte del Pnrr, ma anche negli altri stanziamenti nazionali ed europei. Un ‘piano Marshall’ che nei prossimi 5 anni muove quasi 400 miliardi: ce n’è abbastanza per cambiare il volto del Paese”.
Secondo il leader della Cisl “bisogna agire insieme per vincolare queste risorse a forti condizionalità sociali, trasformandole in occupazione stabile e produttiva, sicura e ben contrattualizzata, soprattutto rivolta a giovani e donne.
Il lavoro femminile, in particolare, va spinto molto di più, modificando ed elevando la quota del 30% oggi in vigore per le nuove assunzioni. La messa a terra dei progetti deve essere connessa alla vitalità delle parti sociali, che a cominciare dal livello territoriale devono avere prerogative forti sul controllo della qualità della spesa, sull’attivazione delle buone flessibilità negoziali che servono ad accelerare i cantieri, sulla verifica dei cronoprogrammi e della quota del 40 per cento destinata al Mezzogiorno”.
“Agli amici di Cgil e Uil diciamo che bisogna ritrovarsi su modelli, contenuti e percorsi sindacali. E interrogarsi su quali sensibilità sociali vogliamo portare non solo negli anni Venti, ma nei prossimi venti anni. Noi pensiamo vada consolidato il disegno di un sindacato autonomo e contrattualista, riformatore e pragmatico”, ha perseguito il leader cislino
“Un sindacato che non rinuncia al conflitto e alla lotta quando è necessario – dice – ma che ambisce ed è capace di essere strumento di trasformazione del modello di sviluppo in senso solidale e partecipativo. Un soggetto lontano da modelli novecenteschi basati sul conflitto e l’antagonismo. L’unità non è un feticcio fine a se stesso e non vuol dire omologazione a un pensiero unico sindacale. Al contrario è e deve continuare ad essere costruzione di sintesi avanzate capaci di rispettare tutte le sensibilità sociali di una società complessa come la nostra”.
“Un simile progetto per noi della Cisl si misura anche in base alla capacità di mettere al centro l’associazione, la contrattazione, l’autonomia, il primato delle relazioni industriali sulla legge nei rapporti lavoristici – continua Sbarra – la negoziazione, in particolare, resta per noi il luogo principe della regolazione salariale, contro ogni forma di intervento legislativo. Nostra l’ambizione di modernizzare il sistema delle tutele e del ruolo attivo dei lavoratori, dando più forza al secondo livello aziendale o territoriale, ma anche implementando strumenti di partecipazione dei lavoratori a tutti i livelli”.
La democrazia economica va messa in cima a un’agenda di azione unitaria. “Obiettivo – afferma il segretario generale della Cisl – che presuppone l’adozione di un metodo della responsabilità nelle aziende e sui tavoli di istituzionali.
Su questi obiettivi, abbiamo l’occasione di andare anche più in là, stringendo con il mondo delle imprese un’alleanza per il lavoro e lo sviluppo che dia una spinta al cambiamento nel segno della corresponsabilità”.