Il tavolo dei rider è stato uno dei primi aperti dall’attuale governo, sul quale il ministro Di Maio ha investito molto, dal punto di visto politico e comunicativo. Ma ad oggi tutto sembra fermo al punto di partenza. L’emendamento con le tutele per i ciclofattorini sembra essersi smarrito nei meandri del Ministero. In tutto questo le parti sociali continuano a denunciare lo scarso coinvolgimento nelle decisioni da parte del governo, sottolineando come la contrattazione rimanga l’arma principale per garantire diritti migliori ai lavoratori. E anche con le piattaforme del food delivery non sembra esserci stato un miglioramento dei rapporti. Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, in questa intervista al Diario del Lavoro fa il punto sullo stato della trattativa.
Sbarra, la questione dei rider è uno dei primi tavoli aperti da questo governo, che avrebbe dovuto avere un esito con l’emendamento nel decreto sul Reddito di cittadinanza. Ma ad oggi a che punto siamo effettivamente?
Siamo purtroppo ancora al punto di partenza. Il Ministero ha avviato un tavolo che è durato mesi e si è riunito fino al novembre scorso. Poi sono girate diverse ipotesi: prima si pensava di favorire un accordo sindacale che contemplasse le tutele per le cococo, poi di produrre addirittura una normativa di legge per regolare i contenuti contrattuali per i rider, infine l’ipotesi di un emendamento al decreto Reddito di cittadinanza. Ma anche questa ipotesi è caduta e giudicata non congrua dalla stessa commissione del Parlamento. Insomma, tanti tentativi ma dopo quasi un anno dalla costituzione del tavolo un nulla di fatto. I rider continuano a subire molte disparità di trattamento e a essere in balia di regolamenti delle multinazionali e delle aziende private non contrattati. Se il Ministero del lavoro avesse dato più ascolto alle indicazioni avanzate dal sindacato e dalle parti sociali forse qualcosa di utile lo avremmo già realizzato.
Pero’ come sindacati avete accolto positivamente l’emendamento del governo, proprio per le tutele che introduceva.
Si. L’emendamento che il governo ha annunciato alla stampa, ma che non ci ha mai voluto presentare, aveva finalmente utili indicazioni concrete: anzitutto una corposa e positiva parte di adempimenti per la prevenzione dei rischi di sicurezza sul lavoro che permettevano di dare certezze a un tema molto sentito dai rider, inoltre il divieto di cottimo e l’estensione delle previsioni dell’art.2 del decreto legislativo 81 del 2015 in tema di accordi collettivi per i cococo anche per i rider. In sintesi una buona indicazione con la quale permettere anche a chi non è lavoratore subordinato e dipendente di avere tutele congrue e interessanti. Non mancano, tuttavia, delle zone d’ombra.
Quali nello specifico?
Due sono a nostro avviso i punti da migliorare: anzitutto nessuna previsione in materia di trasparenza degli algoritmi, rispetto della privacy del rider e diritto alla disconnessione, come invece il Ministero aveva garantito. Ma soprattutto l’emendamento del Ministero andava a costruire tutele per i soli co.co.co., ovvero le collaborazioni continuative che sono utilizzate per meno del 10% dei rider oggi occupati. Come tuteliamo il restante 90% di lavoratori che sono inquadrati come collaboratori occasionali? È necessario per noi avere risposte anche in questo senso
In questi giorni si è intanto riacceso il dibattito intorno al salario minimo. Potrebbe essere uno strumento da utilizzare anche per i rider?
Chiariamo subito un punto. Proprio poche settimane fa sono stati resi noti i contenuti della sentenza della Corte di Appello di Torino, che ha indicato come dare nel concreto tutele ai rider che vi hanno fatto ricorso. In sostanza con quella sentenza il giudice dice che ai rider vanno applicate le norme fondamentali (paga oraria, maturazione tredicesima mensilità, ferie, ecc.) del contratto nazionale della logistica firmato da Cgil, Cisl e Uil. È una sentenza di assoluto buon senso e illuminante. Ci sembra quindi strano che mentre il giudice intima l’applicazione di un contratto di riferimento, si discuta di un solo salario minimo per i ciclofattorini. Prima del compenso orario minimo viene il diritto di ogni lavoratore di avere un contratto ben fatto che lo tuteli. Un contratto è sempre molto di più della sola paga oraria.
In sintesi, mentre la sentenza di Torino ha riportato i rider sotto la tutela della contrattazione, il governo ha messo a punto l’emendamento lasciando ai margini le parti sociali. Come valuta questa situazione?
Non diamo giudizi a prescindere. Il Ministero, come dicevo all’inizio, ha certamente allentato la fase di confronto con tutte le parti in causa, inizialmente chiamate ad un tavolo di proposte. L’emendamento è stato elaborato in autonomia dal Ministero stesso. Per noi conta la sostanza e come ho già spiegato ci sono cose buone e cose da aggiungere e correggere. Quello che per noi conta è che il Ministero valorizzi alla fine la contrattazione che è l’unica possibilità utile di costruire norme su misura. Certo, se venissimo consultati più spesso e in modo più coerente forse l’andamento di questa vertenza sarebbe stato più lineare. Ora il governo sembra voler collegare l’intervento normativo sui rider a quello sul salario minimo. A parte il fatto che ciò significherebbe allungare di nuovo i tempi, noi siamo aperti ad ogni confronto utile per definire soluzioni concrete.
In questo modo non c’è il rischio per ogni nuovo “lavoretto” si decida di intervenire per via legislativa, riducendo così il ruolo della contrattazione?
È esattamente quello che dobbiamo evitare. I rider sono oggi una parte del lavoro socialmente rilevante, ma sono solo la punta dell’iceberg di decine di migliaia di altri lavori collegati alle piattaforme digitali. Quello che serve è costruire un sistema di tutele moderno che non ingabbi tutto nel lavoro subordinato, ma che eviti anche la relazione unilaterale tra piattaforma e lavoratore che non è paritaria né equa. Quindi, piuttosto che nuovi emendamenti o provvedimenti per i rider, servirebbe un confronto più ampio su come definire tutele di base per tutti i lavoratori delle piattaforme digitali. Se ho un algoritmo che mi governa, poco importa che io sia uno che consegni pizze o svolga traduzioni in tedesco. Le tutele di base devono essere comuni.
Con l’emendamento può dirsi chiuso il tavolo dei rider?
Questo dipende dal Ministro Di Maio. È stato lui e i suoi collaboratori a sospendere il tavolo a novembre scorso. Noi siamo pronti a riconvocarci, anzi chiediamo al Ministro di sentire di nuovo tutte le parti sociali prima di calare nuove iniziative.
In questi mesi avete avuto modo di confrontarvi più volte con le piattaforme del food delivery. C’è stato un cambiamento nei rapporti con le parti sociali, o no?
Questo è un punto molto rilevante. Più che valutare le mosse del ministero dovremmo davvero concentrarci sulla responsabilità sociale delle imprese di food delivery. Abbiamo ascoltato tante parole e visto pochi fatti. Le piattaforme hanno cominciato un processo di aggregazioni in associazioni che vediamo come utile e positivo. Ma non basta. Devono, come chiediamo loro da tempo, aprire una trattativa diretta con le organizzazioni sindacali e costruire un accordo che fornisca tutele uguali per tutte le imprese e per ogni lavoratore, riscattando questi ultimi dai soli regolamenti aziendali oggi in vigore, fortemente unilaterali e discriminanti. Non abbiamo avuto in questo senso risposte convincenti. Forse le imprese sono convinte che spenti i riflettori sui rider tutto possa restare come prima, Ma così non dovrà essere e noi incalzeremo in futuro le imprese più del ministro.
Da parte dei rider c’è un maggiore apertura verso il sindacato, oppure permane ancora un certo clima di diffidenza?
Più che diffidenza abbiamo tutti un problema di comunicazione, di contatto e di capacità di associazione. Lo abbiamo noi e gli stessi comitati spontanei di rider. Dobbiamo considerare infatti che ogni rider è un lavoratore solo con uno smartphone nelle mani. La solitudine è una condizione costante. Non è facile fare sindacato. Ma nel frattempo dal basso molte cose stanno cambiando. Come Cisl, ma anche Cgil e Uil, in diverse città abbiamo aperto sportelli, tenuto incontri, contatti e vediamo un interesse a capire e a volere soluzioni che cambino e migliorino le condizioni di lavoro. Il sindacato continuerà a impegnarsi in questa direzione. La contrapposizione sindacato confederale-rider è una fake news utile per far notizia, ma non sta nella realtà.
Tommaso Nutarelli
@tomnutarelli