Fino al 2027 si potrà ancora parlare di carenza di specialisti negli ospedali del Ssn, stimata in circa 20/25.000 unità. Ma lo scenario potrebbe radicalmente cambiare negli anni successivi quando, almeno fino al 2032, si potrebbe sviluppare il fenomeno contrario, cioè quello della pletora medica con ben 60.000 neolaureati, un numero assolutamente superiore a quello necessario a coprire i pensionamenti. Un esercito di camici bianchi pronto a foraggiare la sanità privata o i sistemi sanitari di mezza Europa. Ma quanti medici specialisti o convenzionati servono all’Italia? Che modello di cura adotterà l’Italia nel prossimo futuro? Quanti medici rimarranno nel sistema pubblico e quanti andranno nel privato o all’estero? Quanto influirà l’invecchiamento della popolazione sulla domanda di salute? Sono questi i dati e gli interrogativi sviluppati da uno studio condotto da Anaao Assomed, sindacato di medici e dirigenti sanitari italiani, che rilancia l’allarme su una situazione divenuta ormai insostenibile.
Alla base c’è innanzitutto la “grande fuga” dei professionisti dal SSN (circa 3.000 ogni anno) dovuta a una serie di criticità come ritmi di lavoro cresciuti smisuratamente, mancanza di flessibilità lavorativa, un sistema di contrattazione “arcaico in perenne e ingiustificabile ritardo”, condizione di precariato selvaggio, aggressioni nei confronti del personale sanitario. Il Ssn risulta così peggiore dell’attività privata per remunerazione e soddisfazione, ridotto, spesso, solo a punto di partenza per i più giovani.
Ci sono poi altri macrotemi che agiscono come variabili del sistema, rendendolo “instabile” e difficilmente prevedibile: l’aumento dei contratti di formazione specialistica degli ultimi anni (attualmente circa 15.000), il “Decreto Calabria” con le sue implicazioni compresa la estensione al secondo anno del Corso di Specializzazione della possibilità di essere assunti, l’invecchiamento della popolazione, il task shifting, l’innovazione tecnologica, l’intelligenza artificiale.
A pesare, poi, anche la “gobba pensionistica”, con un boom di uscite tra le 12-14mila l’anno che di qui al 2032 si dimezzeranno a fronte di un incremento sostanziale dei neolaureati in medicina – dai 9706 del 2023 ai 25.000 del 2032.
E a proposito di questo ultimo passaggio, per Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed, è un’illusione rintracciare la soluzione nell’aumento dei posti nelle Facoltà di Medicina e Chirurgia, “moltiplicando a dismisura il loro numero o quello dei Corsi di Laurea, pubblici e privati senza prima risolvere le criticità del sistema”. Questo atteggiamento “dimostra una pericolosa superficialità con il rischio di favorire uno sperpero di risorse pubbliche in mancanza di prospettive occupazionali all’interno del Ssn”.
“Gli interventi limitati all’offerta formativa appaiono sostanzialmente inefficaci nel fermare l’esodo dal sistema sanitario pubblico”, prosegue Di Silverio. “È cruciale, invece, rendere attrattivo il lavoro nell’ospedale e nei servizi territoriali per cercare di accrescere l’opzione in favore del Ssn da parte dei medici specialisti e specializzandi. All’attuale offerta formativa, che in tutta evidenza richiede un ripensamento sia in termini qualitativi che quantitativi, anche per il rischio di pletora nei prossimi anni, deve essere abbinato un sistema di incentivi e di valorizzazione del lavoro medico in termini di riconoscimento sociale ed economico, oltre che di ruolo all’interno delle aziende. Solo attraverso un incremento della disponibilità ad essere assunti, con una conseguente crescita delle dotazioni organiche, si potranno migliorare quei carichi di lavoro oramai divenuti insopportabili per molti operatori del Ssn e ridurre liste di attesa che rappresentano ormai il primo motivo di preoccupazione per i cittadini”.
“Il medico oggi abbandona il Ssn perché male retribuito, aggredito, esposto a rischi di contenzioso medico-legale e privato del tempo necessario per dedicarsi senza ostacoli alla vita sociale e familiare fonte di realizzazione delle aspirazioni personali”.
Un ulteriore elemento che emerge dallo studio è legato all’aumento del bisogno di salute conseguente al progressivo invecchiamento della popolazione. Dal 2002 al 2022, l’età media è passata da 41,9 a 46,2 anni, gli over 65 sono passati dal 18,7% al 23,8%, gli over 80 dal 4,38% al 7,6% in rapporto alla popolazione totale. Eppure i medici in questo ventennio non sono aumentati così come ci si aspetterebbe, ma sono addirittura diminuiti rispetto all’anno di massima espansione delle dotazioni organiche, il 2009, e nel confronto con la media europea in rapporto a 1000 abitanti over 75 aa. Affrontare questa situazione senza interventi adeguati è semplicemente impossibile. “Non si può pensare di affrontare una richiesta di cure notevolmente più alta di 20 anni fa – commenta Di Silverio – con una ridotta forza lavoro, stimata in 24.797 medici tenendo conto della maggiore domanda da parte dei cittadini con oltre 75 anni di età”.
Per mantenere accettabile il livello di cure del SSN, Anaao Assomed lancia una serie di proposte per aumentare il numero di medici nel SSN, stante la priorità che i giovani specialisti devono poter avere la possibilità di essere assunti e le condizioni di lavoro devono essere concorrenziali rispetto al privato.
Pertanto è necessario che: si torni alla politica delle assunzioni: bisogna abbattere il tetto alla spesa del personale e investire sul capitale umano; la retribuzione (con il CCNL 19/21 mediamente circa 85.000 € lordi/anno) deve stare al passo con i paesi europei similari; le condizioni di lavoro devono migliorare per tutte le fasce d’età; limitazione della procedibilità in ambito penale per danni alle persone derivanti dal lavoro medico e sanitario per abbattere gli esorbitanti costi della medicina difensiva e ridurre le liste di attesa per esami non prettamente indispensabili; riforma della medicina territoriale; riforma della governance delle aziende sanitarie; benefit previdenziale ed economico per le specializzazioni più faticose, quali il pronto soccorso e la rianimazione.
e.m.