Prosegue la serie di interviste del diario su come la crisi ha colpito i vari settori produttivi.
Pietro Sandali, capo area azione economica Coldiretti, il settore agricolo ha sentito la crisi nel 2011?
Sì, nel settore produzione per esempio l’ortofrutta quest’anno ha avuto risultati molto negativi anche per la crisi estiva dovuta al batterio Escherichia coli. Anche il settore suinicolo, nonostante i buoni risultati nel mondo del prosciutto italiano, dà segnali preoccupanti dovuti in parte all’aumento dell’utilizzo di carne non nostrana.
Sul fronte delle imprese?
Vi è un fortissimo problema per il credito. Le banche, soprattutto al Sud non lo concedono più. Oltre tutto nei pochi casi in cui lo fanno, i tassi sono elevatissimi.
Cosa si può fare?
Il mondo agricolo si è dato un sistema di consorzi fidi per abbattere i tassi, ma se le banche non prestano tutto è inutile.
Il governo può fare qualcosa?
Sì, per esempio indagare cosa sia successo alla Simest, Società Italiana per le Imprese all’Estero, azienda a controllo pubblico che dovrebbe assistere le imprese italiane che investono all’estero e invece in molti casi ha aiutato imprenditori italiani a produrre all’estero prodotti che poi vengono venduti come italiani. Un vero scandalo. Il governo dovrebbe anche chiedersi cosa vuol fare del rinato Istituto per il Commercio Estero che in passato non ha fatto molto per il mondo agricolo. Poi è importante continuare sulla strada finalmente intrapresa dall’Ue per la trasparenza delle etichettature. Infine, lo stato deve semplificare e omologare le regole per accedere ai finanziamenti europei (Psr). Attualmente ogni regione fa da sé e spesso non si riesce a spendere tutti i fondi a disposizione. Considerando il momento attuale dell’economia questa, è una situazione vergognosa.
Rispetto ai fatti di Rosarno e tenendo conto della crisi, lo sfruttamento del lavoro nero e dell’immigrazione in Italia è diminuito?
Qualcosa è cambiato, ma il problema resta. Strumenti come i voucher hanno fatto emergere del lavoro nero, ma il fatto che siano usati quasi solamente nel Nord la dice lunga sullo sfruttamento del lavoro che ancora permane in molte zone del Sud. Noi come Coldiretti ci stiamo muovendo come sempre, per esempio abbiamo cacciato alcuni nostri soci che avevano utilizzato il lavoro illegale.
Spesso si sente dire che se si rispettassero tutte le regole le aziende sarebbero ancora più incentivate ad andare all’estero. Lei è daccordo?
Io credo che si tratti di un falso mito. Certo in una situazione come quella italiana in cui vi è un vero imbarbarimento chi rispetta le regole spesso finisce per essere svantaggiato nei confronti dei furbi, ma se tutti le rispettassero le aziende e il sistema paese andrebbero molto meglio. La verità è che il barattolo di pomodoro Made in Italy con i pomodori cinesi o l’olio pugliese miscelato con altri oli lo fanno gli italiani mica i cinesi. Si tratta di vere truffe. L’Italia ha tutte le carte in regola per poter produrre ottimi prodotti nel nostro paese e nel mondo. Quello che manca spesso è l’organizzazione. Paesi come la Francia non hanno prodotti migliori ai nostri, ma sanno venderli in giro per il mondo.
Una buona notizia?
Negli anni Coldiretti si è impegnata per realizzare un’alleanza con la società civile per accreditare un mondo agricolo trasparente e propositivo. Questo progetto è riuscito e oggi non siamo più un settore morto, ma un modello di vitalità.
Luca Fortis