Il dibattito tra Giuliano Cazzola e Roberto Polillo sulla opportunità o meno di aprire il finanziamento della sanità a fondi privati è un tema ricorrente in economia e politica sanitaria. Vorrei sostenere l’argomentazione di Polillo, prima di evocare l’esperienza francese, poco convincente secondo molti osservatori anche francesi.
La letteratura francese (Philippe Batifoulier, 2014) distingue in Europa 4 tipi componibili di coperture private: duplicative (coprono cure erogate su finanziamento pubblico per evitare file d’attesa, per camere private, qualità-comfort…come anche in Italia), sostitutive (al posto delle assicurazioni pubbliche come in Germania per gli abbienti), supplementarie (coprono cure non o appena finanziate dal pubblico: ottica, dentisteria, beni medici) e infine complementarie/integrative (per finanziare tickets, franchigie, forfaits, supplementi ad onorari convenzionati, appunto come in Francia).
1 – Il fondi privati, fonti di costo, di inefficienza e iniquità.
Roberto Polillo ha giustamente descritto come motivo dei fallimenti del mercato nel campo sanitario i costi di transazione (amministrativi, pubblicitari, coordinativi…). In caso di pluralità di finanziatori, questi costi possono lievitare, come l’esempio delle assicurazioni private statunitensi e anche quello delle Casse pubbliche Malattia tedesche in concorrenza lo mettono in evidenza. In Francia, le spese amministrative della mutua pubblica di base (Assurance Maladie della Sécurité Sociale) si mantengono al 5% del budget complessivo, mentre quelle di transazione delle coperture integrative private (mutualistiche o assicurative) salgono al 20%.
Ma con la pluralità del finanziamento sanitario, c’è anche una difficoltà à governare il sistema e a regolare la concorrenza da parte del responsabile pubblico (per “asimmetrie di informazioni”): nei due casi, gli agenti privati sono motivati a una gestione strettamente autoreferenziale e demotivati a trasmettere informazioni utili al coordinamento sistemico (inefficienza complessiva). Spesso più che non il miglioramento del controllo sugli erogatori di prestazioni sanitarie, ridotto non di rado al razionamento delle risorse, è la classica selezione dei rischi, che sostiene la concorrenza tra assicuratori (iniquità). Il sistema statunitense è ancora lì un caso di scuola, come d’altronde quello francese per l’assistenza integrativa. A tal punto in Germania che dal 2008 un Fondo Salute unico preleva i diversi contributi delle Casse pubbliche in cosiddetta “concorrenza sociale”, prima di distribuirglieli per permettere una perequazione secondo i rischi degli assistiti.
Insomma il pluralismo sotto il segno della concorrenza spesso mal regolata per motivi strutturali e la separazione eccessiva tra regolatori pubblici indeboliti e finanziatori privati oligopolisti non favoriscono né l’economicità dei sistemi sanitari né la riduzione delle disuguaglianze sociali.
2 – Assistenza sanitaria integrativa in Francia.
Le spese sanitarie complessive in Francia recentemente si dividono tra il 76% circa della mutua pubblica (assurance maladie de la sécurité sociale) che copre bene l’ospedale e le malattie grave e croniche, una percentuale stabile da diversi anni dopo una ripresa, il 13% delle coperture integrative, anche lì una percentuale stabile e il 5% “out of the pocket” con un impatto molto disuguale perché colpisce malati gravi senza che ci sia un tetto di spesa detto “scudo sanitario”(presente in Germania ed altrove). Cosi l’assistenza sanitaria francese è molto particolare. Mentre la mutua pubblica di base copre 99% della popolazione residente in Francia, le coperture private raggiungono solo il 95% degli assistiti con differenze notevoli di polizze e contratti generalmente inverse al reddito e alla stabilità lavorativa. Poi al contrario di altri paesi europei (anche di assicurazioni sociali professionali-bismarckiani), il sistema lascia un posto importante e crescente (negli anni ’90 fino al 2010 circa) a coperture private soprattutto integrative ma anche sostitutive in certi settori mal coperti dal finanziamento pubblico. Con le coperture private integrative/sostitutive, altri attori infatti (mutue, enti paritetici, assicurazioni) hanno un maggior ruolo. Ovviamente al contrario l’out of the pocket è minore dell’Italia per esempio, ma non per questo inesistente ne meno socialmente iniquo. Ma il 5% di assistiti senza copertura integrativa professionale-collettiva ne individuale hanno un tasso elevato di rinuncia alle cure ambulatoriali e ricorrono tardi al pronto soccorso con costi superiori per la mutua pubblica.
Il settore mutualistico privato senza scopo di lucro è un retaggio delle vecchie mutue professionali pre-Sécurité Sociale del 1946. In quanto coperture integrative, il settore privato ha una funzione integrativa ampia (tickets, franchigie, forfaits, supplementi ad onorari convenzionati…nell’ambulatoristica generica e specialistica e nella farmacia) e ha un ruolo sostitutivo più ridotto (dentistica, oculistica, apparati medici ausiliari). Insomma, il privato finanzia lì dove il pubblico prende male a carico (extra-ospedaliero, salvo malattie grave e croniche) oppure è quasi-assente nei settori richiamati.
Questo settore privato maggiormente integrativo/ minimamente sostitutivo è composto di tre attori diversi: le “mutue” senza scopo di lucro, con contratti soprattutto individuali, circa il 60% del mercato in lento calo, gli enti paritetici con contratti collettivi circa il 10% stabili e le assicurazioni commerciali con contratti individuali e soprattutto collettivi, circa il 30% in crescita.
Anche le “mutue” senza scopo di lucro si adeguano per far fronte alla concorrenza di assicurazioni generiche (non solo sanitarie) che possono adottare strategie di dumping per crescere sul mercato e parallelamente spesso rifiutano “i cattivi rischi”. Dopo la direttiva Assicurazioni UE 2000, la copertura sanitaria integrativa è diventata un mercato a tutti gli effetti, mettendo a confronto attori con fiscalità e logiche una volta diverse. Le “mutue” no profit ormai praticano spesso la discriminazione secondo l’età (per attirare i giovani attratti dalle basse polizze commerciali) e forse domani con esami medici di ingresso per selezionare anche loro i buoni rischi. La regolazione sociale e solidaristica anteriore si scontra con l’assioma europeo e liberista della “concorrenza libera e non falsata”. Ma come l’abbiamo visto con i costi di transazione, la concorrenza in questo caso genera cosi, non risparmio.
Se la mutua pubblica di base (assurance maladie de la Sécurité Sociale) è passata progressivamente nell’arco di 70 anni da un modello professionale-bismarckiano a un modello quasi-universalistico-beveridgiano, cosi come certe misure di estensione (copertura medica universalistica complementare CMUC 1999, vouchers di accesso alle complementari salute ACS 2004) che ampliavano la copertura integrativa per indigenti e poveri, invece le recenti misure di “generalizzazione” della copertura integrativa rinforza il suo carattere professionale (benefit). Dal 2016, tutti i dipendenti (a durata indeterminata o determinata, interinali, apprendisti e stagisti) si vedono proporre una contratto collettivo di copertura durante la validità del contratto di lavoro e per un anno dopo lo scioglimento in caso di disoccupazione (cosiddetta: trasferibilità).
Questa “generalizzazione” lascia da parte diverse categorie della popolazione: lavoratori autonomi, studenti, disoccupati di lunga durata, pensionati. La nuova normativa prevede accordi collettivi di settore, ma non vincolanti, e in assenza di un contratto standard di categoria , l’unico incentivo è quello di un “contratto solidale” generico poco esigente, ma meglio defiscalizzato. Questo processo in corso potrebbe confermare dunque di fatto un paesaggio già duale tra settori a minor o maggior rischio morboso secondo il profilo medio dei dipendenti (banche versus edilizia, per esempio), tra aziende (grandi con buoni contratti per esempio estesi alla famiglia versus piccole con contratti mediocri limitati al dipendente) e eventualmente tra dipendenti (dirigenti con contratti omnicomprensivi versus operai-impiegati con contratti ridotti). Insomma per diversi commentatori (sindacalisti, ma anche giuristi ed economisti), una tale politica attraverso il progressivo trasferimento di assistenza su base progressivamente attuariale rischierebbe di preparare lo smantellamento della mutua (quasi)universalistica?
Per una analisi recente e critica dell’assistenza sanitaria in Francia: Brigitte Dormont, professoressa di economia sanitaria, “Cattedra Salute”, università Parigi 9 Dauphine, febbraio 2017 (in francese)
http://www.alternatives-economiques.fr//sante-une-couverture-plus-solidaire/00078011
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Cosi in Francia nella primavera 2017 la campagna elettorale presidenziale e poi politica affronta il tema dell’assistenza sanitaria di base ed integrativa. Il candidato della destra François Fillon promuoveva la vecchia idea di una separazione tra il “rischio grave” affidato all’assurance maladie della Sécurité Sociale (pubblica) e il “piccolo rischio” assicurato dai fondi privati : il rigetto massiccio di una popolazione in largo consenso sulla Sécurité Sociale, anche in grande parte del suo proprio elettorato, l’ha fatto tornare indietro. A sinistra, il candidato della Francia Ribelle, Jean-Luc Mélenchon, per contrariare i meccanismi di de-coesione sociale evocati sopra, propone al contrario che tutte le spese sanitarie incluse negli LEA da ridefinire siano prese a carico dalla mutua pubblica di base al 100%. Sul punto del rapporto tra mutua di base e coperture private, gli altri 3 maggiori candidati (Marine Le Pen, Emmanuel Macron et Benoìt Hamon) rimangono più conservatori dei due evocati.
Nel 1995, nel 2003 e poi nel 2010, all’occasione di “riforme strutturali” delle pensioni pubbliche, che hanno ridotto gradualmente il livello di queste, si è parlato in Francia di “vampirizzazione” a proposito della defiscalizzazione di pensioni integrative private legittimate dall’insostenibilità delle prime. Riguardante l’assistenza sanitaria, ci si può chiedere se la defiscalizzazione dei fondi integrativi promossa dalle politiche europee, sottraendo soldi al pubblico per trasferirli al privato, non abbia lo stesso effetto di “vampirizzare” le mutue pubbliche col duplice effetto di aumentare la spesa sanitaria senza migliorarne l’efficienza complessiva e di rinforzare le disuguaglianze sociali di accesso alle cure con rischio per la salute pubblica. In un paese come l’Italia, la malasanità pubblica (mala gestione, sprechi, corruzione) genera costi elevati, ma il ricorso a una finanza predatoria può rivelarsi ancora più dannosa, come l’insegna il contro-esempio statunitense.
Jean-Olivier Mallet
sociologia sanitaria, associazione Marginalità & Società