La trattativa per il contratto dei metalmeccanici è dunque entrata in quella che potrebbe essere la sua volata finale. Molti segni lo lasciano pensare, anche se la strada è ancora irta di ostacoli.
Per stamani, a Roma, era convocata la prima delle tre giornate di negoziato non stop a delegazioni piene previste fra il 23 e il 25 novembre. Un chiaro segno dell’intenzione dei vertici di Fim, Fiom e Uilm, da un lato, e di Federmeccanica e Assistal, dall’altro, di tentare l’affondo. Ed effettivamente, poco dopo le 11 l’incontro in plenaria si è avviato nella ormai mitica sala “A” della palazzina che fiancheggia la sede nazionale di Confindustria, quella posta all’angolo tra viale Tupini e viale dell’Astronomia.
A fine mattinata, si poteva dire che sono stati ormai acquisiti i testi definitivi di “buona parte dell’impianto complessivo” del contratto, come recita un comunicato emesso in serata dalla Fim-Cisl. Infatti, le intese sin qui raggiunte sono relative a numerosi e diversi argomenti: sistema delle relazioni sindacali, salute e sicurezza, previdenza complementare, diritto soggettivo alla formazione, diritto allo studio, ferie, permessi, congedi parentali, permessi previsti dalla legge 104, trasferimenti e politiche attive del lavoro.
Tuttavia, va anche detto che le parti sono in ritardo rispetto alla tabella di marcia che si erano date la settimana scorsa. Nel primo pomeriggio, la sessione plenaria è stata così interrotta con l’annuncio che le delegazioni torneranno a incontrarsi, sempre in Confindustria, giovedì 24 novembre, alle ore 14.30. Parte dei negoziatori si è quindi trasferita presso la sede di Federmeccanica, nella vicina piazza Benito Juarez, dove gli incontri sono proseguiti in ristretta, con la partecipazione delle segreterie nazionali dei tre sindacati di categoria e dei vertici imprenditoriali. Scopo di questa nuova, concentrata tornata di incontri tecnici è quello di accelerare la definizione di altri temi del negoziato ancora aperti, anche se già più o meno ampiamente discussi. Fra questi, oltre alla regolazione degli appalti e dell’apprendistato, due questioni di robusto spessore: orari di lavoro e inquadramento professionale dei lavoratori.
L’idea originaria, concepita – come si è detto – la settimana scorsa, era quella di aver già risolto, entro martedì 22 novembre, almeno il grosso di tali questioni, in modo tale da poter dedicare tutte le forze, a partire dall’inizio della non stop, ai due principali nodi irrisolti di questo negoziato, peraltro fra loro intrecciati: il salario e il rapporto fra contratto nazionale e contrattazione di secondo livello. Questioni cui, sullo sfondo, se ne aggiunge una terza: quella del recepimento delle regole relative alla rappresentanza sindacale e alla validazione degli accordi già definite nel cosiddetto Testo Unico pattuito fra Cgil, Cisl e Uil nel 2014.
Come è noto, le due questioni sopra citate – retribuzioni e rapporto fra contrattazione di primo e di secondo livello – sono quelle su cui il negoziato è rimasto sostanzialmente bloccato dal 22 dicembre dell’anno scorso al 28 settembre di quest’anno. Ovvero, da quando Federmeccanica avanzò la proposta relativa al cosiddetto “salario di garanzia”, a quando ha ritirato questa proposta formulandone un’altra, quella che è passata alla storia di questa trattativa con il nome di “décalage”.
I sindacati, che già nel 2015 avevano respinto unitariamente la prima proposta, hanno apprezzato il fatto che Federmeccanica la abbia ritirata, considerando ciò come una mossa utile a rimettere in moto il negoziato, ma non hanno considerato potabile neppure la seconda che prevedeva sì un recupero dell’inflazione al 100% per il 2017, ma immaginava poi che tale recupero sarebbe dovuto scendere al 75% nel 2018 e al 50% nel 2019.
Ebbene, il tentativo di individuare gli elementi di un’intesa possibile sul salario non può più essere rinviato. Del resto, la logica stessa della non stop è quella di mettere le parti nella condizione di dover fare di tutto per cercare un accordo in tempi ravvicinati.
Federmeccanica ha detto e ripetuto che, per far crescere i redditi reali dei metalmeccanici, conviene imboccare la strada del welfare contrattuale. Una strada che può offrire vantaggi tanto più tangibili – in termini di sanità integrativa, previdenza complementare e benefit vari – quanto meno sono colpiti dalla tassazione. I sindacati, che hanno mostrato di apprezzare questi elementi di innovazione contrattuale, vogliono però portare a casa anche degli aumenti salariali “classici”; ovvero degli aumenti del salario nominale definiti dal contratto nazionale e capaci, quanto meno, di difendere per intero il potere d’acquisto delle retribuzioni. Capaci, insomma, di recuperare per intero l’eventuale inflazione.
Qui l’intreccio si infittisce perché, nella sua seconda proposta, Federmeccanica prevedeva di assorbire, negli eventuali aumenti derivanti dal prossimo contratto, una serie di voci retributive aggiuntive rispetto ai minimi tabellari definiti dai precedenti contratti.
A quanto appare prevedibile, la questione dei cosiddetti “assorbimenti” costituirà uno degli ostacoli più rilevanti fra quelli che le parti incontreranno sulla strada che dovrebbe portarle verso un accordo. In particolare, i sindacati hanno già esplicitato che non intendono accettare l’ipotesi, ventilata da Federmeccanica, secondo cui anche gli scatti di anzianità sarebbero destinati ad essere assorbiti da futuri aumenti.
Domani, alla ripresa del negoziato in plenaria, sapremo se saranno già stati fatti dei passi nella ricerca di un’intesa anche su queste spinose questioni.