La crescita economica dell’Italia non dipende da interventi legislativi, ma dal ruolo delle parti sociali. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervenendo al convegno sulla bilateralità organizzato da Confcommercio.
Nella seconda parte della giornata, promossa dalle imprese del terziario, il ministro ha ribadito che bisogna smetterla di illudersi di creare crescita con decreti o interventi legislativi, che possono contribuire alla stabilità e a stimolare lo sviluppo, ma non sono il motore per la crescita. Questo ruolo deve essere svolto dalle parti sociali, le sole che possono davvero contribuire allo sviluppo.
Per Sacconi infatti uno Stato pesante, che fa riferimento a regolamentazioni rigide, frena la vitalità dell’economia. Bisogna invece, a suo avviso, fare scelte coraggiose che permettano di rilanciare l’economia del paese. Per fare questo è importantissimo il ruolo della bilateralità, che va rafforzato nei territori e va ampliato per quanto riguarda le tematiche a cui fa riferimento.
Innanzitutto, dice Sacconi, gli enti bilaterali devono occuparsi della gestione del mercato del lavoro. Il problema rimane sempre, sostiene, la bassa occupazione a parità di tasso di crescita dell’economia. Per aumentare l’occupazione la soluzione più efficace è intervenire con la conoscenza e l’apprendimento. Per questo gli enti bilaterali dovrebbero occuparsi anche di formazione, oltre che di collocamento, utilizzo dei voucher, apprendistato, arbitrato, conciliazione, salute e sicurezza, trasferimenti da un posto di lavoro a un altro. Il tutto gestito tra le parti sociali con condivisione e non con conflitto. Su questa strada il privato sociale, attraverso gli enti bilaterali, potrebbe svolgere una funzione complementare al welfare pubblico.
L’obiettivo è di crescere insieme, ha detto il ministro, condividere non solo le fatiche ma anche i risultati. Su questo è d’accordo Francesco Rivolta, direttore generale di Confcommercio, che ha ricordato che la crisi ha indebolito molto il settore del terziario, ma il rischio ora da evitare, a suo avviso, è “di pensare di sostituirci alla politica nell’individuare le soluzioni che devono trovare sintesi tra i diversi interessi in campo”.
E’ importante, ha detto Rivolta, intervenire subito per stimolare la crescita del paese, perché il tempo è poco. La bilateralità può essere un volano importante, ma affinché possa svilupparsi in un’ottica di cooperazione è necessario un cambiamento culturale. Gli enti bilaterali potrebbero, con risorse pubbliche e collettive, assumersi il compito di gestire l’asimmetria sul mercato raccogliendo la sfida della flessibilità.
Per crescere secondo la Cisl il primo obiettivo è rimettere al centro il lavoro e il valore sociale del lavoro, perché la crisi mondiale nasce soprattutto dal concetto che per produrre ricchezza non serve più il lavoro, ma l’attenzione è riversata tutta sulle speculazioni finanziarie. Altra questione è il modello partecipativo e su questo secondo il segretario confederale della Cisl, Annamaria Furlan, il modello europeo rimane un forte punto di riferimento. Infine contro la crisi servono scelte immediate che rilancino gli investimenti in infrastrutture, rafforzino la bilateralità, intervengano sull’occupazione. Sul tema della crescita, secondo il sindacato di via Po’, servono scelte condivise e partecipate, la politica deve fare la sua parte ma è importante che poi ci sia un confronto con le parti sociali.
E su questo è d’accordo anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che ribadisce l’importanza del confronto tra le parti sociali e il governo, momento che è stato negato finora, fino a raggiungere l’apice massimo con la manovra finanziaria che non ha preso in considerazione le proposte avanzate da imprese e sindacati. Ritornando poi a parlare di bilateralità Camusso ha sottolineato l’importanza che gli enti bilaterali si occupino anche di altre tematiche, come la legalità, gli appalti, la redistribuzione del reddito, le diseguaglianze, il rapporto tra il lavoro atipico e il sistema impresa, il rapporto con i lavoratori migranti. Per la sindacalista la funzione della bilateralità non deve essere quella di diventare gestori di quello che lo Stato non vuole gestire. Come le parti sociali non possono sostituirsi alla politica, ha continuato, così non possono sostituirsi allo Stato. Non ci può essere per questo un trasferimento dal welfare pubblico a quello privato.
Per la Uil invece non è così. Dove manca lo Stato perché mancano le risorse, sono le parti sociali che devono intervenire. E la bilateralità deve contribuire a creare welfare privato. Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, è d’accordo con il ministro Sacconi: “Lo sviluppo lo creano le imprese e non lo Stato”, e per fare questo la contrattazione deve essere più vicina all’impresa e non deve prevalere lo spirito conflittuale ma quello di condivisione delle scelte.