Il patto tra Confindustria e sindacati “presenta un conto della spesa molto elevato che viene direttamente posto a carico del bilancio statale credo con poco realismo”. E’ stato questo il commento del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, sul patto siglato la settimana scorsa a Genova tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil. Il ministro, intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio, ha duramente criticato l’accordo che le parti hanno sottoscritto per uscire dalla crisi e che elenca le priorità per la crescita del paese. A suo avviso invece per promuovere lo sviluppo del Paese servirebbe “una task force che faccia la differenza” sul fronte dei tagli della spesa pubblica, di cui faranno parte oltre al ministero dell’Economia, la Ragioneria dello Stato e Bankitalia.
Inoltre ha ricordato il lavoro finora fatto dal governo che ha permesso, con una manovra anticiclica, di recuperare 2 punti del pil, per un totale di interventi fatti che ammonta a circa 7 miliardi, di cui 4 con nuove entrate e 3 con la riduzione e rimodulazione delle spese. Infine, ha detto, “con il decreto Imu e le misure per l’occupazione sono state recuperate risorse per altri 3 miliardi di cui 2 nuove entrate e 1 con tagli alle spese”.
È arrivata subito la risposta del premier Enrico Letta al forum Ambrosetti: il patto di Genova tra imprese e sindacati è “un accordo importante che va nella giusta direzione e noi lo sosterremo”. A suo avviso la legge di stabilità è l’ambito giusto per abbassare finalmente le tasse sul lavoro. Con la Finanziaria, poi ha detto, “dobbiamo continuare sulla semplificazione e sulla spending review. A settembre ci saranno gli incentivi per l’attrazione degli investimenti e sulle dismissioni”.
Immediata anche la risposta dei sindacati alle dure critiche del ministro sull’intesa delle parti sociali. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha sottolineato, in un’intervista rilasciata a La Stampa, che “se c’è la volontà politica di tagliare le tasse, le risorse si trovano”. “I soliti argomenti delle tecnocrazie – ha aggiunto – Sono vent’anni che sento dire le stesse cose, ma noto con piacere che il premier non la pensa così”. “Invece dei tagli lineari, che la spesa l’hanno fatta salire – ha spiegato Bonanni – occorre introdurre subito i costi standard per gli acquisti di tutti i beni della pubblica amministrazione. Bisogna privatizzare le aziende municipalizzate, vendere gli immobili, le caserme. Il governo proceda con l’eliminazione delle Province e rivedendo i meccanismi di spesa di Comuni e Regioni. Con un pò di buona volontà si possono trovare ben più di 5 miliardi”. Invece, secondo Bonanni, vendere quote di aziende che fanno utili o che garantiscono la sicurezza energetica del Paese come Eni ed Enel sarebbe “una stupidaggine”. Per Poste si dice invece “favorevole alla cessione di parte delle quote, purché nella nuova governance ci sia spazio per i dipendenti, non si ceda la maggioranza e si mantenga l’unità aziendale”.
Dura anche la replica del segretario confederale della Uil e generale della Uiltec, Paolo Pirani, per il quale Saccomanni “fa parte di quella numerosa serie di bravi tecnici, ma sono loro stessi a essere poco realistici”. “L’Italia non uscirà dalla crisi se non ricomincia a produrre ricchezza e posti di lavoro – ha spiegato il sindacalista – Noi, come parti sociali, abbiamo indicato alcuni obiettivi e abbiamo indicato anche come finanziarli; è altresì chiaro che non è realistico porli sul bilancio dello Stato, perché la spesa non va a pesare sui conti pubblici”.