La recente vicenda Ryanair che ha chiuso l’anno trascorso, potrebbe essere presa quale paradigma di uno dei dogmi dell’attuale Europa: la libera concorrenza.
Infatti, la concorrenza tra imprese in Europa avviene utilizzando sovente l’esecrato, a parole, strumento del dumping sociale, abbondantemente applicato dai paesi di nuovo economia, come Cina e India, ormai protagonisti della globalizzazione, ma che è diffuso anche nell’Unione europea. Nell’Ue è diffusa la pratica sleale dell’utilizzo negli Stati in cui si svolge attività d’impresa dell’ordinamento del lavoro di provenienza, proprio come nel caso dell’irlandese Ryanair, che ritiene, così, di poter violare diritti fondamentali, peraltro costituzionalmente protetti in Italia, quali il diritto di libertà e di contrattazione sindacali e di sciopero.
E proprio sullo sciopero c’è da osservare come la minaccia di Ryanair di sanzioni e azioni discriminatorie in danno dei lavoratori che avrebbero partecipato all’annunciata giornata di lotta, ha aperto una delicata questione che riguarda non solo il rispetto di un diritto costituzionalmente protetto, assoluto, potestativo e, quindi, individuale, come a lungo sancito da dottrina e giurisprudenza maggioritarie nonché dal diritto vivente interpretando l’art. 40 della nostra Carta fondamentale, ma anche di natura democratica.
Il diritto di sciopero, peraltro regolato nel suo esercizio in forma prescrittiva dalla legge 146/90 a garanzia di altri diritti di natura costituzionale, è uno degli strumenti fondamentali dell’autotutela collettiva, la cui funzione non è limitata all’ambito delle rivendicazioni economiche e sociali ma ha una valenza più generale, di carattere democratico. Uno dei padri costituenti e insigne giurista, Piero Calamandrei, a tal proposito ebbe ad affermare che lo sciopero: “un mezzo per la promozione dell’effettiva partecipazione dei lavoratori alla trasformazione dei rapporti economico-sociali”, evidenziando così, una connessione tra il principio-precetto della libertà di organizzazione sindacale e l’astensione collettiva dalla prestazione di lavoro.
E d’altronde, Ryanair non solo ha formalizzato proprio in quella grave missiva ai dipendenti in Italia minacce di sanzioni e di ritorsioni nei confronti di chi avesse scioperato (peraltro nulle secondo l’art. 15, lettera b, dello Statuto dei lavoratori, integrando palesi e dichiarati atti discriminatori), ma ha sistematicamente ignorato il rapporto con le organizzazioni sindacali per non stabilire rapporti di contrattazione collettiva, regolando, invece, sul piano sostanziale considerato il riconoscimento di un sindacato “interno”, in via unilaterale il rapporto con i lavoratori italiani della propria azienda, con condizioni ovviamente al ribasso rispetto ai colleghi delle altre compagnie.
Di recente a Göteborg in Svezia i 28 capi di stato e premier dei paesi aderenti all’Ue infatti, in un recente vertice hanno discusso di “Europa sociale” e tra i temi trattati è emerso quello del contrasto al dumping sociale. Ecco, se davvero si vuole andare oltre l’Europa monetarista e del rigore, diffondendo i diritti sociali, c’è bisogno di impedire casi come quello di Ryanair, il cui successo in termini di concorrenza, grazie ai voli low cost, è dipeso in larghissima parte dal dumping sociale.
L’inizio della lotta al dumping sociale, dunque, come obiettivo per il 2018.
Maurizio Ballistreri