Lo scorso 12 ottobre è stata raggiunta l’intesa sull’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto 2016-2019 che interessa circa 90.000 lavoratori delle piccole e medie imprese del imprese del settore tessile, della moda e affini aderenti a Uniontessile-Confapi. Tra le principali novità del nuovo accordo ci sono il reshoring, il piano di formazione professionale e l’aumento salariale. A questo proposito Il Diario del Lavoro ha intervistato Stefano Ruvolo, segretario generale Femca Cisl del comparto moda.
Stefano Ruvolo, cosa prevede il nuovo contratto in materia di reshoring?
L’accordo prevede la possibilità di riavviare le produzioni sul nostro territorio nazionale attraverso tutte le flessibilità contrattuali. E proprio per questo il contratto avvia un piano congiunto di formazione professionale per ricostruire, laddove possibile, l’intera filiera produttiva e le competenze ad essa necessarie.
E per il salario cosa avete previsto?
Un aumento salariale di 75 euro in tre anni, che permetterà di salvaguardare il potere di acquisto dei lavoratori sulla base di un valore dell’inflazione previsto dalla BCE di circa il 4%. Inoltre il contratto recepisce le norme del Jobs Act.
Quali sono le novità relative al welfare contrattuale?
Insieme a Confapi, le confederazioni sindacali hanno dato vita ad un Ente bilaterale per tutti i settori produttivi, dove previdenza complementare e sanità integrativa avranno la giusta collocazione, insieme a tutte le altre possibili prestazioni. Nel contratto siglato, la previdenza integrativa prevede dei contributi per lo 0,20% arrivando così a coprire l’1,90% del salario lordo mensile. Per la sanità integrativa verrà individuata una norma comune con gli altri settori.
L’accordo parla di flessibilità organizzative. Cosa si intende?
Abbiamo pensato che, a fronte del rientro delle produzioni, controllabili a livello aziendale, i delegati sindacali possano discutere accordi di maggiore flessibilità degli orari e di forme di impiego più elastiche.
Ad esempio?
Nuove flessibilità di orario, anche sforando il limite contrattuale attuale delle 96 ore. Oppure nuove assunzioni anche a termine o nuovi orari e turnazioni. Non mancheranno le possibilità di lavoro straordinario, ad oggi facoltativo nei nostri contratti.
Ci sono state richieste da parte dei sindacati rimaste insoddisfatte?
Certo. Nella piattaforma le nostre richieste erano abbastanza corpose, in particolare per quel che concerne i diritti dei lavoratori stranieri, e in generale per una maggiore apertura sui diritti individuali, che spesso fanno fatica ad essere concessi. Ad esempio il diritto alla fruibilità delle ferie nei periodi di maggior intensità lavorativa. Nel complesso, alcune delle nostre proposte sono state rinviate alla contrattazione di secondo livello. Per ora possiamo dirci soddisfatti.
Qual è la situazione del settore?
Difficile. Il mancato accordo TTIP non facilita la libera circolazione dei prodotti del Made in Italy nel mondo, fattore a cui si sommano la stagnazione dell’economia europea e internazionale e la minaccia del terrorismo. Affronteremo questi temi nel corso di un seminario di studio il 24 e 25 ottobre prossimi a Rimini.
Quali sono le vostre proposte per risollevare il comparto?
La vera sfida dei prossimi anni è ricostruire le filiere produttive. Vogliamo attivare una proposta che coinvolga il mondo delle imprese, il sindacato e il governo al fine di rendere di nuovo attrattivo il nostro paese per investimenti e lavoro. La forza dirompente del Made in Italy è stata fino ad oggi un mix esplosivo di creatività, cultura, professionalità dei lavoratori. Per effetto delle delocalizzazioni, l’equilibrio di questo sistema straordinario si è rotto.
Secondo lei è possibile ritornare ai livelli pre-crisi?
Sì, senza dubbio. Industry 4.0, una politica attrattiva di capitali, lo sviluppo dell’e-commerce sono tutti elementi che possono riportare il Made in Italy a nuova vita e a un nuovo sviluppo nei mercati globali. Ma c’è molto da fare. Se solo il governo la smettesse di fare tutto in autarchia avremmo molto da dire e da fare. Condivisione è la parola chiave per chi vuole competere.
Elettra Raffaela Melucci