Lo scorso 20 gennaio si è svolto l’incontro tra il gruppo Carrefour e le rappresentanze sindacali durante il quale la multinazionale ha annunciato una ristrutturazione che prevede 500 esuberi a livello nazionale e la chiusura dei punti vendita di Borgomanero, Trofarello e Pontecagnano. Ma Carrefour è solo una tra le multinazionali della grande distribuzione organizzata che sta attraversando una sensibile fase di crisi che fa sentire i suoi effetti soprattutto sui livelli occupazionali. Per chiarire il quadro della situazione e per analizzarne le soluzioni, Il diario del lavoro ha intervistato il segretario nazionale della Filcams Cgil, Fabrizio Russo.
Come sono andati gli scioperi Carrefour del 27 e del 28 gennaio?
Sono andati bene, c’è stata una buona adesione dei lavoratori. La procedura dovrebbe riguardare gli ipermercati, ma la mobilitazione ha coinvolto anche i supermercati e le prossimità.
Quali sono i numeri di queste procedure di licenziamento?
Carrefour ha presentato il nuovo piano di ristrutturazione aziendale che, in considerazione di una situazione di difficoltà, prevede 500 esuberi, cui si aggiunge la chiusura degli ipermercati con altri licenziamenti. Ma comunque questi numeri non sono stati ancora ufficializzati
Quali sono i motivi della crisi della grande distribuzione organizzata?
È una crisi che riguarda tutto il comparto distributivo e che ha coinvolto una parte rilevante delle aziende operanti nella Gdo. La crisi ha colpito in modo particolare le multinazionali, salvo rare eccezioni. Un secondo elemento di complicazione sta nella crisi attraversata dalla formula distributiva degli ipermercati, un format che non risulta più essere legittimo. Le ultime due procedure, quella di Auchan e quella di Carrefour, hanno appunto coinvolto questo canale.
Nonostante il “fallimento” del modello Carrefour 24h, nell’ultimo anno si assistito a un proliferare di questo tipo di strutture…
Questo rientra nelle strategie commerciali del Gruppo, che ha adottato in solitudine una serie di misure organizzative che non hanno evidentemente portato alcun incremento della redditività. Da questo punto di vista Carrefour è abbastanza “innovativa”, perché è la prima azienda che ha preteso di rimanere aperta 24h e che ha fatto ricorso diffuso ai voucher senza alcun ritorno. Anzi, proprio perché non hanno portato nulla di aggiunto, probabilmente hanno contribuito alla situazione di crisi.
Come ha agito il sindacato rispetto a questo modello?
I sindacati hanno espresso contrarietà fin dall’inizio della sperimentazione delle aperture 24h, così come alle aperture domenicali. È una misura che non solo non avrebbe portato nulla dal punto di vista strettamente commerciale, ma avrebbe contribuito a peggiorare le condizioni di lavoro all’interno degli ipermercati. Ed è un dato di fatto che non ci sia stato un aumento dei consumi con queste aperture. C’è stata semplicemente una ridistribuzione dei consumi, ripartiti sull’intera settimana invece che sui giorni normali. Addirittura la richiesta che viene avanzata è di contemplare l’apertura anche per le festività, nessuna esclusa.
La chiusura degli ipermercati è influenzata dai nuovi formati di vendita come l’e-commerce?
È una formula che si sta consolidando, ma non c’è ancora una incidenza tale che possa determinare una situazione di crisi ulteriore per le altre formule distributive. In prospettiva senz’altro desta preoccupazione, perché il trend è quello di spostare quotaparte dei consumi attraverso altri strumenti.
È lo stesso processo che ha condotto alla crisi dei piccoli esercizi commerciali?
Le piccole attività commerciali hanno risentito dell’avvento della grande distribuzione organizzata associata a una situazione di crisi più generale. Se la grande distribuzione organizzata è in crisi è perché c’è una competizione interna alla stese rete di Federdistribuzione, in cui le aziende si spartiscono una quota di mercato sempre più limitata per effetto della crisi. È evidente che siamo in una situazione di saturazione.
Quali sono le prossime mosse?
La definizione di un nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, scaduto ormai da tre anni. Con le associazioni datoriali della grande distribuzione e della cooperazione non riusciamo a definirne il rinnovo e in buona parte delle aziende è stata disdettata anche la contrattazione integrativa. In assenza di contrattazione di primo e di secondo livello, le aziende avviano procedure di licenziamento collettivo. È una situazione difficile che comincia a spostarsi ai margini della irrecuperabilità.
Qual è la priorità del sindacato?
Siamo in una fase di trasformazione che vede il passaggio a un nuovo contesto distributivo tutto da disegnare e connotare. In questo processo di trasformazione la priorità è salvaguardare l’occupazione e garantire condizioni di lavoro accettabili e dignitose, sia dal punto di vista salariale che normativo. In questo settore la qualità del lavoro è fortemente compromessa dalle pretese organizzative poste dalle aziende. Abbiamo avviato anche campagne di comunicazione sulle condizioni di lavoro, sulla sostenibilità degli orari e contro le aperture domenicali e festive in un contesto in cui buona parte della forza lavoro è rappresentata da donne, che non riescono a gestire le proprie esigenze personali. È difficile, ma è solo questione di tempo.