La terza legge della dinamica stabilisce che ad ogni azione corrisponda una reazione uguale e contraria. E questo significa che nell’esercizio di una forza l’azione non avviene a senso unico in quanto a essere coinvolti sono sempre i due corpi che si contrappongono.
Possiamo assumere che quello che sta avvenendo nell’attuale legislatura sia una dimostrazione di come il principio della dinamica possa interessare anche le forze politiche e non solo quelle fisiche.
In questa prospettiva al fallimento del governo giallo verde ha corrisposto un governo di segno contrario: quello giallo rosso, da alcuni definito il più a sinistra della storia repubblicana (sic!); e al fallimento di quest’ultimo (attribuito in maniera consolatoria e irrealistica alla esclusiva malvagità di Renzi) corrisponde ora il governo Draghi nella cui composizione è innegabile la maggiore presenza delle componenti di destra (Lega e Forza Italia).
Dunque è innegabile e in un certo senso naturale che tutte le volte in cui uno spazio lasciato politico viene lasciato libero questo viene occupato da una forza alternativa e di segno contrario rispetto alla precedente.
Questo non significa che automaticamente le decisioni che Draghi assumerà avranno una valenza di destra, se riteniamo ancora valida la storica l’assunzione che la destra privilegia la libertà individuale mentre la sinistra privilegia l’eguaglianza declinata ovviamente anche in termini inter-generazionali e non solo intra-generazionali.
Da questo punto di vista il discorso programmatico di Draghi è stato decisamente di sinistra quando ha chiarito come il debito cattivo sia un danno per le generazioni che verranno; per i figli e i nipoti che dunque saranno meno eguali rispetto ai loro genitori che per egoismo hanno disperso risorse per definizioni scarse.
Draghi dunque sarà giudicato da quello che sarà in grado di fare e se riuscirà a realizzare lo stretto mandato che il presidente gli ha conferito congiuntamente all’incarico: piano vaccini più efficace, riscrittura del recovery plan, messa in sicurezza dei conti pubblici.
Ancora più decisivo sarà poi il ruolo che il presidente potrà giocare nello scacchiere europeo e in particolare sulla riforma del modello di governance della EU e del Patto di stabilità che sempre di più appare come un passo fondamentale per rifondare l’unione europea su basi solidaristiche e non più solo monetarie.
Su questo aspetto il carisma di cui dispone Draghi è ineguagliabile e rappresenta un valore aggiunto di cui non dispone nessun altro cittadino europeo e non solo italiano.
Molti anni fa l’antropologo Marcel Mauss, studiando il significato del “dono” nelle popolazioni primitive, aveva notato come il valore dell’atto di donare, che rivestiva un fatto sociale di altissimo valore culturale in alcune società primitive, risiedesse nella fiducia che il donatore aveva circa la possibilità di essere ricambiato pur non esistendo un vincolo che rendesse obbligatorio lo scambio di un altro dono.
Un altro antropologo, Bronislaw Malinowski, studiando le popolazioni delle isole Trobriand descriveva l’anello di Kula, in cui popolazioni delle diverse isole erano solite scambiare, in un cerimoniale codificato, delle conchiglie colorate (prive di alcun valore reale) e che solo dopo tale scambio, e non prima, era possibile procedere alle transazioni economiche e al baratto di beni.
In entrambi i casi è evidente che esiste una componente immateriale in ogni scambio di beni e che alcuni oggetti (i doni) vengono saturati di un’energia morale che è una moneta ben più solida di quella tradizionale e senza la quale nessuna transazione è possibile.
Un ‘energia morale di cui Draghi è fortemente investito, avendo ricoperto nella sua lunga carriera ruoli prestigiosi che ha saputo condurre con originalità e autorevolezza universalmente riconosciuta in Europa come nel resto del mondo; e il riverbero del credito accumulato nel suo agire da governatore di Bankitalia, e poi della BCE, lo si è visto con l’immediato calo dello spread dei titoli italiani sul Bund tedesco non appena incaricato di formare il governo da parte del Presidente Mattarella.
Rimane ovviamente il problema relativo a quello che il governo Draghi riuscirà concretamente a fare, anche in considerazione dell’attuale quadro politico. Non è certo un buon segno la disgregazione del movimento 5 stelle, al cui capezzale Grillo si è recato per tentarne la rianimazione coinvolgendo anche Giuseppe Conte; lo stesso dicasi per il PD, lacerato dallo scontro tra correnti con una leadership, quella di Zingaretti, messa in discussione senza più apertamente da Bonaccini; e non diversa neanche la situazione del microcosmo di LEU, spaccata tra ala governista, premiata dalla riconferma di Speranza alla Salute, e SEL di Fratoianni, che ha votato contro la fiducia al governo Draghi.
Analoghe problematiche coinvolgono il fronte destro dello schieramento politico, dove è sempre più sanguinosa la competizione tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con un progressivo rafforzamento di quest’ultima nel ruolo di oppositore al governo di ultima istanza, e con una Forza Italia fuori dai giochi perché ridotta a testimonianza del tempo che fu.
Certo la stratificazione top-down del governo Draghi, con un iperuranio dei portatori delle “idee” scelti direttamente dal premier, e una “caverna” dei portatori d’acqua designati dai diversi partiti, non è il massimo che ci si aspettasse dal governo dei migliori; lo stesso dicasi per la lottizzazione dei posti da sottosegretario attuata secondo le rigide regole del manuale Cencelli, anche se va detto che Draghi ha posto un limite ben preciso alle indecisioni dei partiti, superato il quale avrebbe provveduto direttamente.
Alcune scelte fatte, tuttavia, e tra queste le designazioni al ministero dell’interno e della giustizia, non sembrano particolarmente felici per il ruolo svolto in passato dai nuovi titolari dell’incarico di sottosegretario nella stesura di alcuni inaccettabili decreti, come quelli relativi alla “sicurezza” di impronta leghista, o perché attuali difensori del presidente Berlusconi in alcuni processi come il Ruby ter.
Non è dunque ancora arrivato il tempo per giudicare l’azione del governo, ma presto arriverà e la valutazione non riguarderà le autodichiarazioni più o meno millantate di appartenenza a una determinata area politica, ma quello che sarà effettivamente fatto in termini di piani vaccinali, recovery plan, rilancio del paese (economia e lavoro) e soprattutto democratizzazione del sistema Europa.
Draghi ha le caratteristiche soggettive per riuscire nell’impresa di trasformare il credito immenso di cui dispone in forza di cambiamento e di riordino del nostro slabbrato sistema; un’ultima chiamata prima di precipitare in una situazione da cui ci potremmo riprenderci solo con grandissime difficoltà.
Roberto Polillo