Più consumi, più valore aggiunto, più occupazione: la ristorazione italiana, nonostante un’economia in rallentamento e tensioni geopolitiche che generano instabilità, segna un altro anno, il 2024, all’insegna della crescita, seppure moderata, e si conferma uno dei settori trainanti per il nostro Paese. Non sono mancate di certo le criticità interne, con un elevato turn over imprenditoriale, le difficoltà di reclutamento di personale qualificato, le tensioni sui costi energetici seppure in un contesto di rientro dell’inflazione. Ad analizzare nel dettaglio l’andamento è il Rapporto di Fipe-Confcommercio, l’associazione che rappresenta i pubblici esercizi in Italia, che nell’edizione di quest’anno dedica un focus al tema delle risorse umane.
Il presidente dell’associazione, Lino Enrico Stoppani, parla di un “andamento timido”: rispetto al periodo pre-pandemico, i consumi aumentano di valore (+11,3%), ma diminuiscono di volume (-6%) e il saldo tra le imprese che hanno migliorato il risultato economico e quelle che l’hanno peggiorato resta positivo (+26,2%), ma è comunque parecchio inferiore al saldo di un anno prima (+34,5%). Rimangono ombre legate alla produttività, sulla cui dinamica esercita una certa influenza il massiccio impiego di manodopera che richiede una attività di ristorazione e una struttura produttiva fondata sulla micro e piccola impresa. Dopo il recupero di 3 punti percentuali del 2023 sul 2022, nel 2024 il valore rimane stabile. Resta ancora lunga la strada per recuperare il terreno perduto negli ultimi dieci anni: infatti, fatto cento il valore relativo al 2013, nel 2024 il dato rimane fermo a 92.
Nel 2024 sono attive 327.850 imprese nel settore della ristorazione, in lieve calo rispetto al 2023 (-1,2%). Nel comparto bar le imprese sono 127.667 (-3,3% sul 2023), mentre i ristoranti e le attività di ristorazione mobile sono 195.670 (+0,1%). Le imprese attive nel comparto del banqueting, della fornitura di pasti preparati e della ristorazione collettiva sono 3.849 (+3,9%).
Donne, giovani e stranieri trainano il buon andamento del settore. Le imprese femminili sono circa 94.400 (pari al 28,8% del totale), mentre quelle gestite da under 35 superano le 40 mila unità (12,3% del totale). Le imprese con titolari stranieri rimangono nel 2024 stabili sopra le 50 mila unità (14,5% del totale).
Pesa, comunque, il turn-over imprenditoriale: nel 2024, infatti, sono 10.719 le nuove imprese, mentre 29.097 hanno cessato l’attività, per un saldo che è negativo e segna -18.378 unità. Rispetto al 2023 si registra una crescita più moderata delle nuove iscrizioni, che passano dal 6,5% al 3,9%. Stesso tasso di crescita registrano le cessazioni, anch’esse aumentate del 3,9% rispetto al 2023.
Il dato sulle chiusure richiama l’importanza di rafforzare le capacità manageriali e imprenditoriali, decisive per contrastare la fragilità imprenditoriale che caratterizza il settore.
Il trend positivo dell’occupazione si consolida, con 70mila occupati in più e un +6,7% rispetto al 2023. L’input di lavoro (espresso in unità di lavoro standard) ha superato nel 2024 la soglia di 1,3 milioni di unità, con un incremento che è stato del 5,3% sul 2023 e del 7,6% rispetto al 2019.
Il contributo alla crescita viene soprattutto dal lavoro dipendente che, negli ultimi anni, ha visto crescere progressivamente il proprio peso sull’occupazione complessiva, arrivando a rappresentare nel 2024 il 68,4% dell’input di lavoro. Il tempo indeterminato è la tipologia di contratto più diffusa: interessa quasi 60% dei lavoratori (659.740 unità in termini assoluti), con una crescita di oltre 36mila unità (+5,9% la variazione percentuale) rispetto all’anno precedente.
Nonostante l’inverno demografico che sta incidendo sulla composizione della forza lavoro, la ristorazione si distingue per la giovane età dei suoi addetti. Tra i lavoratori dipendenti, il 39,7% è under 30, il 61,8% ha meno di quarant’anni. Gli over 60 rappresentano il 3,7% del totale. Nel 2024 c’è stato un aumento dei dipendenti in tutte le fasce di età, con incrementi più robusti che si rilevano tra gli under 20 (+9,6%) e i lavoratori senior (+17,6%), presumibilmente rientrati nel settore dopo che vi erano usciti negli anni della pandemia.
Permangono tuttavia difficoltà legate alla dotazione organica di personale (il 23,1% delle imprese), in cui anche la ricerca di nuovo personale non è affatto semplice. A pesare è sì lacrisi demografica, ma anche il mismatch sempre più frequente tra domanda e offerta di lavoro, l’affermarsi di un nuovo senso del lavoro tra le persone e, di conseguenza, l’attrattività di settori e professioni. Il 35,6% delle imprese con almeno un dipendente ha nell’ultimo anno ricercato o assunto nuovo personale o ha in programma di farlo, ma di queste il 90,2% ha avuto una qualche difficoltà che, in diversi casi, hanno portato a non finalizzare le assunzioni.
Il match tra lavoratori e competenze da un lato e fabbisogni delle imprese è il problema principale per il 38,1% degli imprenditori; il 34,8% invece afferma che sono in diversi casi i candidati stessi a rifiutare il lavoro offerto, evidenziando il rischio di una crisi di attrattività che può colpire il settore (opinione condivida dal 21,5% degli imprenditori). Per reperire personale qualificato, e molto spesso gli imprenditori rinunciano alla speranza di trovarlo, occorre affidarsi ai canali più adeguati, ma solo una minoranza delle imprese sfrutta le sinergie con istituti di formazione. Il 68,8%, infatti, si affida ancora al passaparola, il 33,4% riguarda annunci su piattaforme digitali, 16,2% sono candidature spontanee e il 13,6% provengono da agenzie di collocamento.
La figura più ricercata è il cameriere (59,7%), seguito da cuoco (32,1%) e barista (20,8%). Hanno difficoltà di reperimento il 77,1% delle imprese.
Il rapporto arriva in un “momento tempestoso”, ammette Stoppani. I dazi imposti dal presidente americano Donald Trump potrebbero infatti causare un “probabile deprezzamento del dollaro che porterà inevitabilmente a un aumento dei prezzi per i turisti americani che vogliono venire in Italia e che potrebbero ridurre la loro presenza sui nostri territori”. Quanto alla posizione di Fipe sui dazi, ha ricordato, resta quella “espressa da Confcommercio: negoziare, non fare ritorsioni e accelerare sugli aiuti alle imprese per traghettare questa fase di turbolenza economica”.
“Le perduranti difficoltà nella ricerca di personale qualificato, nonostante la crescita complessiva degli occupati, deve far accendere un faro sulle prospettive del settore – ha aggiunto- in termini di mantenimento degli elevati standard di offerta e di servizio che lo hanno sempre contraddistinto. Le leve devono essere indirizzate a rafforzare sicurezza contrattuale e stabilità economica”.
Quanto al Rapporto Fipe, Stoppani ha sottolineato l’importanza del “dato sulle donne, a riprova dell’attenzione del settore, quello sui giovani che dimostra che è un settore di auto-imprenditorialità e quello sugli stranieri che dimostra come la ristorazione sia anche uno strumento di grande inclusione sociale”.
Per quanto riguarda i consumi, “siamo cresciuti – ha detto Stoppani – e anche se pesano le difficoltà del paese, il settore conferma la sua vitalità: sui prezzi, anche se con l’inflazione più alta, abbiamo un dato assolutamente positivo, come anche gli investimenti di 5 miliardi, soprattutto nell’area digitale”.
Quanto al capitolo lavoro, il presidente di Fipe-Confcommercio ha sottolineato l’importanza del rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro di giugno 2024, che “ha rappresentato un passaggio importante”. Certo, la crisi demografica “impatta molto e va affrontata con politiche serie sulla famiglia e sulla immigrazione, per avere dagli immigrati il contributo atteso rispetto alle carenze di manodopera italiana”.
Infine, il “lavoro resta un tema sociale su cui agire in 3 direzione: assicurare la sicurezza contrattuale, attuare una flessibilità organizzativa anche intervenendo sui modelli di business e gli orari di lavoro e sui temi della formazione sia per gli addetti sia per le imprese”.
Elettra Raffaela Melucci