È del 3 febbraio la firma dell’intesa sull’ipotesi di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale della somministrazione che interessa oltre cinquecentomila lavoratori impiegati nel settore.
Si tratta di una intesa raggiunta dopo un negoziato lungo e faticoso, durante il quale le Parti si sono misurate con rilevanti mutamenti del mercato del lavoro che, giova ricordarlo, cambia a ritmi sempre più vertiginosi anche a cagione degli interventi normativi succedutisi nel tempo, fra i quali dobbiamo sicuramente annoverare le recentissime disposizioni contenute nel Collegato Lavoro, che hanno ampliato gli scenari di utilizzo dell’istituto del lavoro somministrato.
Per valutare l’esito di un negoziato così complesso e delicato penso lo si debba necessariamente confrontare con quanto come Parti Sociali abbiamo dedotto nella piattaforma presentata ad Assolavoro ed Assosomm nel 2021. Senza volermi dilungare oltremodo nel dettaglio della piattaforma, rilevo come fra gli obiettivi della stessa vi era: “…. un incremento della qualità del settore attraverso…. la continuità occupazionale anche contrastando il turn over ingiustificato, il rafforzamento del decentramento contrattuale …responsabilizzando maggiormente le associazioni datoriali e le APL, una attività formativa di maggior qualità, contrattata e come diritto soggettivo”
All’esito della trattativa possiamo ragionevolmente e con soddisfazione rilevare che tutte le istanze in essa contenute hanno trovato riscontro, dimostrando ancora una volta come sia la contrattazione la strada maestra per apportare tutele alle lavoratrici e ai lavoratori impiegati in un settore così complesso. L’introduzione di nuove tutele e diritti per lavoratrici in gravidanza, in malattia o ed infortunio; l’incremento del 20 per cento dell’importo delle prestazioni di Ebitemp; l’ampliamento della tutela sanitaria con uno stanziamento previsto di 13 milioni di euro; il rafforzamento della formazione; l’ aumento delle indennità di disponibilità; la revisione della procedura per mancanza delle occasioni di lavoro, oggi ridefinita procedura di ricollocazione, individuale o plurima, queste sono solo alcune delle misure che ci permettono di sostenere convintamente che l’accordo a cui si è addivenuto vada ben oltre un intervento manutentivo, avendo un carattere decisamente novativo incidendo profondamente nel settore.
Il ragionamento che seguirà si incentrerà in particolare sulla misura della Procedura di ricollocazione, durante la quale il lavoratore o la lavoratrice con contratto a tempo indeterminato a cui cessi la missione riceve una indennità ed è al contempo coinvolto in misure di volte ad agevolarne la ricollocazione. Considero detta misura uno degli assi portanti del sistema di tutele costruito dalla Parti Sociali nel settore della somministrazione per i motivi qui di seguito.
In primis deve essere sempre tenuto a mente che il settore della somministrazione è il settore per antonomasia della flessibilità e della temporaneità, dove le transizioni lavorative acquisiscono una portata tutt’altro che eccezionale, ma costituiscono anzi l’ordinarietà.
Tra l’altro giova rilevare come negli ultimi anni sia tutto il mercato del lavoro che vada flessibilizzandosi. Non è un caso che la CISL abbia, già da tempo, posto la questione della tutela del lavoratore nelle transizioni di lavoro, rilanciandolo anche nei temi per il XX Congresso CISL evocando la necessità di: “capacitare le persone nelle transizioni vita-lavoro” e riprendendo il tema di uno Statuto della persona nel mercato del lavoro.
Tutti tratti che a mio avviso possono ravvedersi nelle disposizioni del rinnovo, in particolare per ciò che concerne la procedura di ricollocazione.
La misura nel precedente Contratto veniva definita come “mancanza di occasioni di lavoro”. Aver modificato il nome della procedura, va ben oltre un mero restyling stilistico, ma involge un diverso approccio alla procedura che deve sollecitare i soggetti in essa coinvolti: lavoratori, agenzie e sindacato.
In primis i lavoratori. Il termine “mancanza” già di per sé evocava una situazione in cui gli stessi si ponevano in una condizione di soggezione, quasi facendo scivolare in secondo ordine la finalità effettiva della procedura, ossia la loro ricollocazione. Aver posto l’accento sull’attività di ricollocazione, a mio avviso, potrà sollecitare un atteggiamento più marcatamente proattivo finalizzato a ri-acquisire una loro dimensione di protagonismo nel mercato del lavoro, che non deve essere travolta dall’incidente della cessazione della missione.
Ovviamente ciò dovrà procedere di conserva con un rinnovato spirito delle agenzie, chiamate ad intendere la procedura non come un mero accidente che possa prefigurare l’anticamera del licenziamento, bensì come una opportunità di investire sul loro capitale umano, costituito dai lavoratori somministrati. Potranno in questo modo esercitare quel fisiologico protagonismo che deve spettargli come soggetti del mercato del lavoro, e che anche l’ordinamento gli riconosce coinvolgendoli con un ruolo decisivo nelle politiche attive.
Infine, le Organizzazioni Sindacali che dovranno approcciare alla stessa tenendo bene a mente che fra gli strumenti della tutela dei lavoratori, nell’attuale mercato del lavoro, ed in particolar modo per il settore della somministrazione, un posto di prim’ordine è sicuramente riservato alla formazione. Contrattare la formazione all’interno della procedura, in altre parole; ma una formazione di qualità per rendere concreto quel diritto soggettivo alla formazione che da sempre la CISL richiama, e che ha ribadito come uno dei punti fondamentali nei propri Temi Congressuali.
Ritengo pertanto che l’approccio semantico abbia la sua rilevanza. Chiamare le cose con il loro nome aiuta a focalizzarne l’essenza. Porre l’accento sull’attività di ricollocazione aiuterà a ri-centrarsi sull’attività per cui la procedura stessa è teleologicamente preordinata. Ed agevolerà anche i soggetti attivi a trovare il giusto approccio psicologico nei confronti della stessa, per fare in modo che ne vengano potenziati gli effetti.
Ad ogni buon conto l’intesa non ha nemmeno tralasciato di rafforzare aspetti della procedura volti alla tutela del reddito dei lavoratori in essa coinvolti e le particolari condizioni di fragilità degli stessi.
Anzitutto si è pattuito che per tutti coloro che accedono alla procedura sia previsto un aumento della indennità da 1000 a 1150 euro. E poi, a fronte del riassestamento della durata di 6 mesi per tutti i lavoratori, senza la precedente distinzione basata sull’età, si è inteso tutelare particolari situazioni soggettive di fragilità che sussistano al momento della cessazione della missione. Per le lavoratrici in gravidanza, maternità, adozione o affido l’indennità prevista sarà pari al 100% della retribuzione percepita durante la missione, estesa fino ad 1 anno di vita del bambino; mentre per i lavoratori o lavoratrici in infortunio viene previsto un aumento di 2 mesi nella procedura di ricollocazione e misure di formazione e di riqualificazione specifica.
Le misure sopra menzionate sono state costruite a partire dall’esperienza acquisita in questi anni nella gestione delle procedure per mancanza di occasioni di lavoro, dove abbiamo potuto constatare che i lavoratori coinvolti in particolari situazioni di fragilità necessitavano di un irrobustimento delle tutele. Pertanto, senza perdere d’occhio il fine della procedura, ossia la ricollocazione del soggetto coinvolto, abbiamo ritenuto opportuno ampliarne la durata e\o l’indennità percepita.
Ritengo a tal proposito che non si debba mai dimenticare che il fine della contrattazione sia quello di eticizzare il mercato, più propriamente del lavoro, per far sì che tutti i lavoratori, compresi quelli che vivono particolari condizioni soggettive di fragilità, abbiano l’opportunità di essere protagonisti anche all’interno di un contesto caratterizzato dall’alto tasso delle transizioni lavorative.. Nessuno deve essere lasciato indietro: il fine ultimo della contrattazione come azione etica è proprio questo.
Accanto a quanto previsto per le cessazioni individuali è stata prevista anche una specifica Procedura di ricollocazione in caso di plurime cessazioni di missioni di lavoratori presso lo stesso utilizzatore, nella misura di almeno 20 per una stessa agenzia o di 30 nel caso di più agenzie, nell’arco temporale di 30 giorni.
Questa misura costituisce una novità assoluta nel panorama del sistema di tutele del lavoro somministrato e affonda le radici nel decisivo impulso che viene dato al rafforzamento delle relazioni sindacali, sancito che in più punti dell’accordo di rinnovo.
La procedura risponde ad una duplice finalità. Innanzitutto a fronte di crisi occupazionali rilevanti permettere alla Parti di attivarsi anche prima della cessazione delle missioni, per tentare di evitare e comunque cercare di trovare le migliori soluzioni; al contempo la procedura è rafforzata ulteriormente prevedendosi un aumento della durata di un ulteriore mese nonché la possibilità che le Parti condividano strumenti e tutele finalizzate ad una migliore ricollocazione dei lavoratori, anche allargando il confronto con ulteriori soggetti che possono aiutare a risolvere le problematiche occupazionali, agevolandosi anche l’accesso alla prestazione della mobilità territoriale.
Ritengo che da tempo il settore necessitasse di una misura di tal fatta, dal momento che abbiamo potuto verificare come in questi anni crisi occupazionali di particolari settori, uno per tutti quello dell’automotive e del relativo indotto, abbiano colpito anche, e soprattutto, i lavoratori somministrati. Occorreva anche qui una specifica procedura che responsabilizzasse le Parti nella gestione della crisi, prevedendo misure ad hoc e stabilendo il principio che una crisi aziendale che involga lavoratori somministrati abbia la stessa gravità di una crisi che riguardi i lavoratori somministrati.
Infine, penso debba farsi cenno alla misura del Basket curriculum vitae, ossia una sorta di borsa lavoro in cui confluirebbero i profili professionali dei lavoratori coinvolti nella procedura, al fine di favorirne la ricollocazione. Un’altra misura volta a favorire le transizioni lavorative.
Conclusa questa breve dissertazione sulle misure che mi premeva evidenziare non posso esimermi da una considerazione finale.
Qualsiasi disposizione normativa che tuteli i lavoratori, sia essa di matrice legislativa o contrattuale, per far sì che produca i suoi effetti deve “vivere” nella realtà. E come essa si sostanzi dipende dai soggetti che quella realtà la vivono.
Sarà pertanto nostro onere ed onore, come Sindacato, rendere efficaci le misure che abbiamo previsto; verificarne l’attuazione; misurarne l’efficienza in termini di tutela delle persone che rappresentiamo. Solo così avremo veramente adempiuto alla nostra missione.
Perché la contrattazione non va solo cristallizzata in disposizioni, articoli e commi. Va soprattutto vissuta e praticata.
Daniel Zanda – Segretario Generale FeLSA CISL