Condivido totalmente le cose dette da Michele Azzola nell’intervista al Diario del Lavoro. E credo sia importante che la Cgil prenda posizione sulla questione dei rifiuti di Roma, una delle emergenze croniche della Capitale, andando ben oltre l’ottica pur legittima della tutela dei lavoratori interessati. Qui è in ballo il futuro assetto della città più importante (e più bella) che ci sia, non solo in Italia. Se alle ricchezze storiche, architettoniche, culturali si possano finalmente affiancare condizioni dignitose dell’arredo urbano e della vita dei cittadini rispetto ai più importanti servizi pubblici, a partire da quello dei rifiuti. Se anche il Comune di Roma e la Regione Lazio possano finalmente garantire ai romani, a coloro che lavorano a Roma e ai turisti, ciò che molte Regioni e Comuni italiani forniscono da tempo ai loro cittadini: una gestione corretta e sostenibile dell’intero ciclo dei rifiuti e dell’ambiente urbano. Oppure se la si spara alta e intanto ci si barcamena con i cassonetti sfondati e i sacchetti della “monnezza” sparsi ovunque.
Perché di questo si tratta, di riorganizzare e gestire l’intero sistema: dalla consegna responsabile, alla raccolta separata, al trattamento differenziato, al riutilizzo e reimpiego, alla rigenerazione e, infine (ma solo infine), all’eliminazione di ciò che non è reimpiegabile. Puntare tutto su un “nuovo” termovalorizzatore significa partire dalla coda e lasciare che per i prossimi 3 o 4 anni tutto continui nel progressivo degrado. In una battuta: se il Sindaco di Roma i poteri straordinari se li fosse fatti attribuire su tutto il ciclo della raccolta e del trattamento differenziato dei rifiuti avremmo pensato che qualcosa stava davvero cambiando: che finalmente qualcuno “ci metteva la faccia”. I poteri straordinari sulla costruzione dei “nuovi impianti” e sulla “modifica degli impianti esistenti” invece danno l’idea dell’ennesima palla lanciata in tribuna: alle grandi imprese nazionali che faranno nei prossimi anni quegli investimenti cercando di farli funzionare il più possibile, senza preoccuparsi dell’impatto ambientale a monte e a valle della combustione. Al contrario, il problema va affrontato da subito, a partire dal rinnovo dei cassonetti, dalla consegna differenziata dell’immondizia e dalla raccolta: quartiere per quartiere, Municipio per Municipio. Altrimenti il messaggio che si lancia con l’idea di un altro futuribile impianto di smaltimento non risolve niente, anzi. Chi ha senso civico e crede alla possibilità di migliorare la situazione farà la consegna differenziata, chi non ci crede (la maggioranza?) continuerà a lasciare i sacchetti ovunque “tanto poi bruciano tutto”. Preso dallo sconforto, un paio d’anni fa, una sera, ho fotografato dei gabbiani enormi che sventravano i sacchi neri dell’immondizia accumulati accanto a un cassonetto (In Via Sicilia), contendendosi i bocconi di cibo e ho postato su FaceBook: “Ecco finalmente le squadre speciali di volontari stanno iniziando la raccolta differenziata dei rifiuti urbani”…
Ma allo sconforto di un cittadino romano “acquisito” per molti anni, come mi sento di essere, vorrei aggiungere qualche informazione più “oggettiva” che lascia intendere in che direzione stanno andando veramente le cose. Lo faccio in esplicito, assumendomene la responsabilità.
Nel 2021 è stato elaborato un progetto di riorganizzazione dell’intero ciclo dei rifiuti di Roma. Non lo sa nessuno ma è così. A costruire quel progetto, assieme a molte competenze diverse, ha contribuito anche l’Associazione Nuove Ri-Generazioni che rappresento. Ho accettato di far parte assieme ad altri di quel tavolo di lavoro (del tutto volontario) a condizione che il progetto indicasse alcune discriminanti precise. Prima di tutto il principio dell’autosufficienza, cioè della gestione dell’intero ciclo senza perpetuare “l’esportazione” dei rifiuti non trattati in altre nazioni o in altre regioni del Paese (a spese dei contribuenti romani, ovviamente). La seconda condizione era che si dichiarasse indispensabile la creazione di una sola azienda multiutility, come avviene da tempo in molte Regioni e città italiane. Un’azienda a controllo pubblico con competenze di gestione uniche e complete del ciclo, per evitare il rimpallo delle responsabilità e delle rivalità: quel continuo “la colpa è di Ama”, “no, la colpa è di Acea” cui siamo abituati da troppo tempo.
Il tavolo “tecnico”, arricchito di competenze nazionali in materia di sostenibilità urbana, di project consulting, di certificazione, ha prodotto in pochi mesi (novembre 2021) un progetto dal titolo ambizioso ma coerente: “Per Roma Capitale Sostenibile: un nuovo modello di gestione dei rifiuti”. Il progetto è stato presentato nei primi mesi del 2022 al Comune, alla Regione, al sindacato, ad alcuni comitati di quartiere, ad alcuni parlamentari esperti di questioni ambientali (e, seppure informalmente, ad alcuni ministri), ricevendone un generale apprezzamento. In certi ambienti l’apprezzamento era sincero, in altri evidentemente no. E anche il progetto per “Roma capitale sostenibile” è stato dimenticato ed è finito presto in un cassonetto (speriamo in quello della carta).
Può certo capitare che, per tanti motivi diversi (non tutti di merito), un progetto venga accantonato e sostituito da un altro più consono: anzi, è giusto che accada e che sia il Comune a decidere. Ci si aspetterebbe però una proposta migliore da parte di chi ha la responsabilità diretta sulla materia: aziende e Sindaco. Invece arriva l’annuncio del “nuovo” termovalorizzatore come soluzione di tutti i mali. E allora ha ragione chi, come la Cgil, dice che è un errore. Non per motivi ideologici ma perché tra la riorganizzazione da subito del ciclo dei rifiuti e l’avvio fra alcuni anni di un impianto dove bruciarli non c’è nessun nesso intellegibile per coloro che hanno un minimo di conoscenza di cosa significhi riorganizzare in maniera sostenibile il trattamento dei rifiuti urbani.
Una occasione (volutamente?) persa da Roma Capitale, peccato.
Noi, come Associazione Nuove Ri-Generazioni, che abbiamo come scopo sociale di far corrispondere meglio i servizi erogati ai bisogni reali dei cittadini, stiamo già esportando il progetto che sarebbe stato utile per la Capitale in altre aree del Paese che ne hanno bisogno e che sono maggiormente consapevoli e attente ai temi della sostenibilità urbana.
Gaetano Sateriale