Alessandro Riello, patron di Aermec, profondo Nord Est, ne è praticamente certo: con la primavera arriva la ripresa. Forte, media, debole, lo si vedrà. Ma intanto qualcosa si muove, per la prima volta dall’inizio della crisi. E nonostante l’annus horribilis 2014, in cui tutto sembrava perduto, a sorpresa il 2015 si sta presentando migliore delle previsioni: ‘’Per mesi abbiamo sputato lacrime e sangue – dice Riello al Diario del Lavoro- e dunque abbiamo chiuso l’anno con grandi timori per il futuro. Invece, oggi vediamo prospettive migliori di quelle che immaginavamo a dicembre, sia in Italia sia sul fronte estero”.
Dunque l’economia riparte. Merito di Matteo Renzi, o puro caso?
Non so se sia tutto merito di Renzi, delle sue riforme. Ma di sicuro a lui si deve un effetto psicologico forte.
Cioè?
Prima di questo governo c’era l’idea che il “vecchio” imperante in Italia fosse inamovibile. Renzi ha saputo dare una impressione di cambiamento, e questo ha consentito agli italiani di riprendere un po’ di fiducia. E’ stata una sterzata, o sferzata, importante, anche al di là dei contenuti effettivi e concreti.
Ma la ripresa non è psicologia: sono numeri, crescita. Lei cosa vede, dal suo osservatorio di imprenditore del nord est che esporta in tutto il mondo?
Non possiamo ancora parlare di ripresa vera e consolidata, ma certo sul mercato c’è maggiore movimento, voglia di investire. Nella nostra azienda, prevediamo per il 2015 un budget in lieve crescita, per essere prudenti. Ma ci auguriamo di chiudere l’anno con qualcosa in più delle previsioni. Si è riavviato un trend di leggera crescita. Ovviamente, la situazione rimane pesante: molte aziende hanno esaurito le loro forze in questi anni di crisi, e stanno chiudendo, o hanno già chiuso. E tuttavia, anche se suona male dirlo, queste ‘’morti’’ hanno liberato quote di mercato di cui godranno quelle che sono sopravissute. Inoltre, ci sta aiutando la svalutazione dell’euro, che ci rende più competitivi sui mercati. Stiamo iniziando a guardare a paesi e mercati diversi dal passato, come Sud America, Iran. L’Iran, in particolare, e’ in pieno boom economico, si respira un’aria di modernizzazione nuova, rispetto agli anni del precedente governo. Poi, certo, altri mercati stanno sparendo: l’Africa del nord, il vicino oriente, Siria, Iraq, sono impraticabili.
Quanto è stata dura sopravvivere alla crisi?
Abbiamo combattuto duramente, come mai prima d’ora. Ma sono orgoglioso di essere riuscito a tenere. E a restare in Italia, soprattutto: dei nostri otto stabilimenti, sette sono qui. Siamo rimasti, e rimarremo: perché ci teniamo ad essere una impresa italiana, e perché riteniamo di avere un debito di riconoscenza col territorio che ci ha consentito di nascere e crescere. Infatti stiamo investendo, qui in Italia, in prodotti nuovi, in nuovi sistemi di produzione.
Non tutti lo hanno fatto. Tanti suoi colleghi hanno esportato le fabbriche, e spesso anche i capitali…
In percentuale, sono molto più numerosi coloro che sono rimasti e hanno continuato a investire malgrado la crisi, che non quelli che sono scappati, sa? Ma, ovviamente, fanno notizia quelli che se ne vanno…
E sul fronte dell’occupazione, come è andata?
Nel 2009, inizio della crisi, avevamo 1400 dipendenti, e li abbiamo tenuti tutti, forse perfino qualcuno in più. E non solo: in questi anni abbiamo anche trasformato l’80% dei contratti a tempo determinato in assunzioni stabili.
Dunque, avete assunto anche a prescindere dal Jobs Act?
Si: abbiamo assunto sempre, anche se non c’era ancora il Jobs Act. Ma questo non vuol dire che non ci serva, anzi: secondo me sarà utilissimo. Ha dato una scossa forte e positiva. Per esempio, mi risulta che ci sono molte aziende estere che stanno decidendo di venire a fare start up in Italia. E questo lo dobbiamo a Renzi e al Jobs Act.
Non crede che finirà per creare disparità tra lavoratori? Per dire: quelli che lei ha assunto in questi anni di crisi avranno l’articolo 18, quelli che assumerà da domani, ripresa o non ripresa, non lo avranno.
Guardi, intanto il Jobs act sarà utile per spingere il concetto di meritocrazia, che premierà chi merita di essere assunto. E una volta che un imprenditore si prende la responsabilità morale di assumere qualcuno a tempo indeterminato, mi creda: difficilmente lo metterà alla porta.
Resta il fatto che se le cose non andassero bene, tra un anno per lei sarà molto più semplice licenziare chi ha assunto dopo il Jobs act rispetto a chi e’ stato assunto prima, e che conserva quindi l’art 18.
Su questo si sbaglia: uno bravo io non lo licenzierei mai, farei ricorso piuttosto agli ammortizzatori sociali per conservarmelo. Ha ragione invece sulle disparità tra chi ha e chi non ha l’articolo 18. Ma e’ una fase di passaggio, e certamente ci sono cose che in futuro si potranno tarare meglio. Però vede, le aziende vivono e muoiono in funzione della meritocrazia che riescono a produrre, in termini di buoni prodotti, buoni processi produttivi, innovazione, investimenti; ma altrettanto deve essere per le persone che vi lavorano. Ovviamente, le aziende a loro volta non se ne devono approfittare: deve esserci l’equilibrio di un reciproco rispetto, una reciproca responsabilità all’interno della quale ciascuno fa la sua parte.
Quanto gioca sulle nuove assunzioni il risparmio contributivo di 8 mila euro l’anno per tre anni previsto dalla legge di stabilità?
Da anni gli imprenditori lamentano un costo del lavoro eccessivo, peraltro a fronte di salari bassi. Questo provvedimento viene incontro a un’esigenza reale.
Un’altra medaglia al merito del Governo, dunque?
Come le ho detto, Renzi ha il merito indiscutibile di aver dato una scossa a un sistema immobile. Poi, certamente, ci sono ancora molte cose da fare, iniziative da consolidare. Per esempio, oltre al costo del lavoro occorrerebbe tagliare finalmente anche la spesa pubblica corrente: non i servizi, ma il disservizio. Su questo fronte vediamo molte denunce, ma ancora pochissimi fatti concreti. E c’e’ da rendere effettiva la semplificazione: le province sono state abolite solo di nome, di fatto sono ancora tutte al loro posto. E poi c’e’ da fare la legge elettorale, tassello fondamentale per il paese.
Le piace, questa legge su cui si sta lavorando?
No, per la verità non molto. Io sono da sempre per il maggioritario serio e puro. Ma temo ne uscirà come al solito una cosa a metà, che lascerà aperta la strada a valanghe di compromessi. Del resto, posso capire che e’ dura fare diversamente, quando si ha una maggioranza diciamo così ‘’strana’’, e quando lo stesso Pd è diviso in correnti l’una contro l’altra armate, stile vecchia Dc.
Un giudizio duro, questo. Addirittura la vecchia Dc? Mi pareva che Renzi le piacesse….
Be’, sicuramente per il nostro paese e’ l’ultima spiaggia. E per ora e’ riuscito a dare un’impressione di rinnovamento. Poi, certo, dipende se riuscirà ad andare avanti, e come, e cosa riuscirà davvero a fare. Ma sa cosa le dico? Ci vuole un gran coraggio, ad essere Renzi. Non credo che vorrei essere al suo posto.
Nunzia Penelope