Negli ultimi vent’anni, ancora prima del Titolo V, la filiera amministrativa istituzionale italiana ha iniziato a sfilacciarsi fino a diventare un insieme caotico e instabile. L’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di Provincia e di Regione, una delle poche riforme politico istituzionali realizzate in Italia, ha preoccupato i partiti nazionali che dal giorno dopo hanno iniziato a ridimensionare le competenze degli eletti togliendo risorse e autonomia agli enti di governo del territorio. Il federalismo, inteso in senso positivo (non indipendentista) come modello di riequilibrio tra le diverse autonomie, anche conseguente all’elezione diretta, è diventato una terra di nessuno sottoposta ad ogni scorreria. Il Titolo V avrebbe dovuto mettere ordine invece ha determinato infiniti ricorsi (e gelosie istituzionali). La Legge Delrio (2014) ha completato l’opera di confusione e disarticolazione decretando la fine delle Province e la nascita di Enti di Area Vasta: né l’una né l’altra mai realizzate compiutamente. Per non dire delle Città Metropolitane, in cui un sindaco dovrebbe essere in grado di concordare le politiche con centinaia di colleghi dei Comuni che la compongono (a Torino sono 312…), un vero delirio legislativo oltre che una pratica mai accaduta in Italia negli ultimi 800 anni, da quando esistono i Comuni. Poi è arrivata la pandemia con le emergenze sanitarie, sociali, economiche da tutti riconosciute drammatiche. E abbiamo visto in questi mesi le Regioni concordare una linea con il Governo a Roma la mattina e poi, il pomeriggio, i “Governatori” (titolo autoattribuito e non previsto dalla nostra Costituzione) che cercano ogni espediente per distinguersi dalle decisioni assunte. E non lo fanno, sentito il sistema delle autonomie regionali (Città Metropolitane e Comuni), lo decidono per conto loro in nome di un’autonomia che dovremmo dire “differenziale” piuttosto che non “differenziata”. Nel frattempo i Sindaci sono in prima fila a gestire le emergenze con le carenze accumulate su risorse economiche e tecniche di migliaia di Comuni di piccola e piccolissima dimensione abbandonati a se stessi.
Il PNRR costituisce una grande occasione di ripresa economica e di inclusione sociale per il Paese. Sarà in grado di ricostruire anche un tessuto amministrativo istituzionale in grado di gestire con coerenza ed efficacia i progetti e gli investimenti previsti?
Un gruppo di 45 ex sindaci di città grandi, medie e piccole ritengono che non sarà così. E hanno scritto al Presidente Draghi per segnalare il fatto che il PNRR faticherà a essere applicato nei territori se non si riuscirà prima a ricomporre la filiera amministrativa istituzionale Stato, Regioni, Comuni. E proporre, confortati dal parere di autorevoli giuristi, che venga adottata una governance straordinaria ispirata al modello Genova (ricostruzione del Ponte Morandi), in cui i Sindaci siano dotati dei poteri istituzionali di approvazione dei progetti (e anche responsabili ex post di una loro mancata o differente realizzazione), senza che nessun ente esterno possa decretarne la “sospensiva” in fase realizzativa. Una rivoluzione per l’amministrazione italiana necessaria e urgente (si vedano su questo i documenti di sindaci e giuristi).
Gaetano Sateriale