Il 60% dei lavoratori nel settore privato guadagna meno di 31mila euro annui e il 92% non va oltre i 40mila euro. Sono questi alcuni dati presentati durante l’anticipazione del Salary Outlook 2025 dell’Osservatorio di JobPricing. Il rapporto analizza, per la prima volta, la connessione tra salario e smart working. Nello studio si legge come la presenza del lavoro da remoto abbia un effetto benefico sulla retribuzione. La RAL media di chi ne usufruisce è di quasi 42mila euro contro i 35mila di chi non ne ha accesso. Lo scenario cambia, tuttavia, tra gli smart workers. Infatti più giornate si hanno da remoto più leggera è la busta paga. Si passa così da una RAL media di 42.726 euro di chi ha un solo giorno di smart working ai 39.838 di chi opera totalmente da remoto.
Come si possono leggere dunque queste due dinamiche diverse? Per la prima, spiegano dall’Osservatorio, si può ipotizzare che chi può accedere allo smart working ricopre, in genere, ruoli o posizioni più alte. Per la seconda che ci sia una sorta di scambio, tutto da verificare, tra il salario e il tempo che si può passare lontano dal luogo di lavoro.
La dinamica salariale del nostro mercato del lavoro si muove in un contesto di trasformazioni e di grande incertezza. Dopo il rimbalzo post pandemia, il nostro Pil è tornato a viaggiare alla velocità dello 0,%, e per il 2025 si attesterà allo 0,7%. Ma è tutta l’economia europea a segnare il passo, con la frenata della Germania. I 23 mesi nei quali la produzione industriale ha registrato il segno meno si iniziano a far sentire e anche l’andamento dell’occupazione, dopo la fase di crescita, comincia a invertire la tendenza. In questo scenario il potere di acquisto dei dipendenti privati ha visto, nel medio-breve periodo, una ripresa, grazie ai rinnovi contrattuali e all’abbassamento dell’inflazione, ma sul lungo termine il report segnala una perdita generalizzata.
Nel periodo 2023-2024, con un’inflazione di poco superiore all’1%, è tra i metalmeccanici che si registra l’incremento maggiore della retribuzione annuale globale e di quella annuale lorda, arrivate al 4,5 e 4,6%, segnando un recupero del potere di acquisto di oltre tre punti percentuali. Ma se analizziamo l’ultimo decennio, con l’inflazione al 20,8%, la RAL e la RGA degli operai, sempre tra le più alte, si sono fermate 13,9% e all’11,9%, con una perdita del 7%.
Guardando ai settori, nel biennio 2023-2024, con una RAL media al 3,3%, la crescita maggiore si è avuta nell’agricoltura e nei servizi, arrivati al 5,2% e 4%, mentre nel decennio 2015-2024, con una RAL media all’11%, nei servizi, finanziari e non solo, la retribuzione lorda annuale ha raggiunto il 14,9 e il 12,7%.
A incidere sugli stipendi anche la collocazione geografica e la dimensione dell’impresa. A questo si aggiunge anche l’età del dipendente. La crescita media dei salari durante la vita lavorativa è del 30,4%. Il salto retributivo maggiore avviene nei primi anni della carriera anche se, in termini assoluti, nel 2024 le RAL e le RGA più corpose, 34.864 e 35.738 euro, sono state percepite dagli over 55. Indicazioni diverse, invece, ci arrivano dall’andamento dalla retribuzione lorda nel breve e lungo periodo, dove gli aumenti più consistenti si segnalano nella fascia under 35. Questo può essere legato al fatto che si parla di posizioni retributive più basse dove gli incrementi sono quindi più significativi e, al contempo, che i lavoratori più giovani hanno quelle competenze maggiormente richieste e meno facilmente reperibili da parte delle imprese.
Per quanto riguarda il gender pay gap, infine, si è registrato nel tempo un andamento ondulatorio, con fasi di allargamento e di restringimento. Nel 2024 il gap è aumentato tra dirigenti e operai ed è, invece, diminuito fra gli impiegati.
Tommaso Nutarelli