La decisione è presa. Sarà battaglia sull’articolo 18. Tutto poteva far credere che il premier non avrebbe attaccato proprio su questo argomento, uno scoglio sul quale si è infranto più di un bastimento, e invece è andata proprio così. Ieri sera alla direzione del Pd Matteo Renzi ha detto esplicitamente che ci sarà una riforma dell’articolo 18 che eliminerà la reintegra, cioè il diritto a essere reintegrato nel posto di lavoro in presenza di un licenziamento illegittimo. Resterà la possibilità di recuperare il proprio posto di lavoro solo in caso di licenziamento discriminatorio, ma per tutti gli altri casi ci sarà solo un’indennità, anche alta, comunque sempre più alta quanto corposa è l’anzianità del lavoratore licenziato. Il provvedimento, che potrebbe passare anche con un decreto legge alla metà di ottobre, prevederà anche altre misure per attenuare il colpo dell’eliminazione dell’articolo 18. Nel caso saranno ampliati gli ammortizzatori sociali e saranno varate misure di politica attiva del lavoro, per mettere il lavoratore licenziato nella possibilità di avere un sostegno e parallelamente essere aiutato a trovare un’altra occupazione.
Renzi sa bene che avrà contro il sindacato e la sinistra del suo partito e che tutti costoro gli daranno battaglia aperta, ma non sembra temere più di tanto questa eventualità. Non è un caso che stia lavorando per reintegrare la sinistra del Pd nel ponte di comando per avere una gestione unitaria che in qualche modo leghi le mani alla dissidenza. Ma soprattutto sembra aver deciso di andare a uno scontro aperto che chiarisca le diverse posizioni una volta per tutte. In questo modo il premier saprà su chi può contare. Del resto si è accorto, se già non lo avesse saputo prima, che l’economia va sempre peggio e che serve qualcosa di forte per cambiare le carte in tavola. Ha scelto come terreno di scontro e di verifica il lavoro e su questo ha deciso di attaccare. Porterà il problema dell’articolo 18 in direzione Pd, lì si voterà e dopo il voto, se a lui favorevole, costringerà i dissidenti a uniformarsi o a lasciare il partito. Già si parla di una possibile scissione del Pd, che forse è anche stata messa nel conto, ma sulla quale sarebbe molto rischioso scommettere.
Della protesta del sindacato Renzi non sembra proprio preoccuparsi. Ha già sottolineato come poi alla fine il sindacato accetti tutto e se si arriverà agli scioperi generali se ne farà una ragione, ma appunto, senza preoccuparsi più di tanto. Una ripetizione dei fasti del 2002, dei 3 milioni raccolti al Circo Massimo da Sergio Cofferati, non è possibile, i tempi sono cambiati, il sindacato è debole, i lavoratori sono stressati da sei anni di una crisi che non subisce attenuazioni. Ci sarà una risposta, ma è difficile che riesca a scuotere il governo, anche se la sua saldezza non è quella di qualche mese fa.
Massimo Mascini