Un discorso a braccio, lungo oltre un’ora, per la precisione 68 minuti, che spazia dal rimborso dei debiti della Pa verso le imprese all’integrazione per i figli degli immigrati, dalle pene per gli omicidi stradali alla riforma della giustizia, dai maro’ alla legge elettorale, dalla scuola -che dichiara punto di partenza obbligato per il nuovo esecutivo- al taglio del cuneo fiscale, dal fondo di garanzia per le piccole imprese ai maro’, dal recupero delle periferie al rilancio della cultura. Dunque, apparentemente un minestrone, tanto da far dire ad alcuni commentatori: ‘’un discorso da sindaco, non da premier’’. Nel senso che mancherebbe una ‘’visione’’ di ampio respiro, in grado di mostrare un percorso, se non un traguardo. In realta’, e’ proprio la visione che non manca affatto a Matteo Renzi: nei sessanta minuti di intervento, scanditi da una ventina di applausi, ha mostrato di credere in un’altra Italia -piu’ coesa, piu’ seria, meno sfiduciata- e di essere fermamente intenzionato a farci credere pure gli italiani. Ai quali offre ‘’un sogno’’, ma chiede ‘’coraggio’’. Ma attenzione, che non e’ un Renzi buonista, a’ la Veltroni condito da Jovanotti, per intendersi; al contrario. Basti vedere come ha zittito i Cinque Stelle, che rumoreggiavano in aula su alcuni passaggi del suo discorso. Il neo premier ha subito risposto per le rime, in diretta. Non ha atteso l’intervento moderatore del presidente del Senato, si e’ difeso da se, applicando la ricetta gia’ vista con lo stesso Grillo: mettere in ridicolo l’avversario, non prenderlo sul serio, rispondere con battute agli attacchi sul piano politico: ‘’noi non abbiamo paura delle elezioni: noi ci presentiamo e vinciamo, non si puo’ dire lo stesso di voi’’. Ha funzionato, se al termine una delle grilline ha commentato ‘’Renzi e’ un arrogante’’, beccandosi a sua volta, da Twitter, il commento ironico: ‘’signora mia’’. E’, insomma, la messa in pratica del vecchio detto di Bakunin, poi ripreso dal Sessantotto: ‘’una risata vi seppellirà”.
Molte le frasi a effetto di Renzi. “Questo è il tempo del coraggio, che non esclude nessuno e non lascia alibi a nessuno”, e’ quella con cui ha concluso il discorso. Includendo nell’assenza di alibi anche se stesso: ‘’se perdiamo questa sfida, sara’ solo colpa mia’’. Altre frasi notevoli: ‘’Il contrario di integrazione e’ disintegrazione’’, o ‘’l’opportunita’ non e’ pari, e’ dispari: e’ una sola, questa’’. E ancora, la sua personale rappresentazione del ‘’paese reale’’ attraverso le tre telefonate che ha fatto per prime appena arrivato a palazzo Chigi: i maro’; la giovane avvocato di Pesaro sfigurata con l’acido dal marito geloso; un amico che ha perso il lavoro.
Sconti, a nessuno. Ai senatori, che lo ascoltavano, ha ricordato che hanno i giorni contati: “Vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio che si trova su questi banchi a chiedere la fiducia”.
L’agenda e’ ambiziosa: da qui al semestre Ue un pacchetto di riforme talmente vasto da meritarsi la definizione di ‘’vasto programma’’. Lavoro, fisco, giustizia, Pubblica amministrazione, riforme istituzionali, costituzionali, elettorali, scuola. In pratica, tutti i nodi accumulati nei decenni, dovranno sciogliersi in sei mesi scarsi, entro luglio. Come, non e’ stato precisato. Qualche traccia: usare la Cassa depositi e prestiti per rimborsare completamente i debiti della PA verso le imprese, rimettendo liquidita’ nel sistema e, quindi, rilanciando l’economia. Riformare gli ammortizzatori sociali, andando oltre la Cig e passando a un sussidio di disoccupazione universale. Attrarre investimenti dall’estero, anche privatizzando: e l’esempio e’ sempre quello virtuoso della Nuovo Pignone, ceduta a GE molti anni fa. Per le tasse, ha in mente un taglio del cuneo fiscale ‘’a due cifre’’: da finanziare come, ancora non e’ chiaro. Cosi’ come non e’ chiaro se funzionera’: lo fece anche Romano Prodi, nel 2006, e non diede alcun risultato apprezzabile. Soldi buttati. Ma chissa’.
La frase chiave, pero’, e’ quella annegata in un mare di altre cose, ma che resta il cuore di tutto: ‘’questo –ha osservato il premier- e’ un governo politico’’. E dunque, un governo che fara’ scelte autonome, senza farsele dettare da nessun ‘’tecnico’’. Scelte che chiaramente ha intenzione di firmare in prima persona lui stesso. Un governo politico, certo, ma soprattutto un governo del premier.
N.P.