“Per me Marchionne è stato un gigante: ha salvato la Fiat quando sembrava impossibile farlo. E ha creato posti di lavoro, non chiacchiere”. Lo dice Matteo Renzi in un’intervista a La Stampa, parlando del manager di Fca. L’ex premier sottolinea la schiettezza di Marchionne: c’era un rapporto “di grande libertà: e questo ci ha permesso di dirci le cose in faccia, sempre. A me è servito molto per crescere. Se avevo dubbi su come approcciare i mercati globali, era uno a cui telefonavo per un consiglio”.
Renzi ricorda come “nel 2011 io dissi che nel referendum di Pomigliano avrei votato sì, e fui sommerso dalle critiche da sinistra: una parte di Pd lo identificava col ‘padrone’, ma il lavoro si crea con l’impresa, non con l’assistenzialismo”, poi ci furono visioni diverse: “Un anno dopo – prosegue Renzi – però, lamentai i ritardi del suo progetto: mi rispose che ero il sindaco di una piccola, povera città. Si scatenò mezza Firenze: fu costretto ad acquistare una pagina sulla Nazione per chiedere scusa. Me lo ha sempre rinfacciato divertito”.
“So per esperienza diretta quanto Obama lo stimasse, ma non dimenticherò l’orgoglio dell’italiano che guida la Chrysler: mi ripeteva ‘si rende conto che questo è il più grande edificio d’America dopo il Pentagono?’”, dice il senatore dem. Ora “lascia aziende vive e forti. Non era scontato. Mi piace ricordare che senza gli accordi di Paolo Fresco con General Motors, Marchionne non avrebbe potuto fare le scelte che poi ha fatto: questo figlio di un carabiniere ha cambiato la storia industriale d’Italia, piaccia o meno ai suoi detrattori”. Anzi, “se l’Italia avesse avuto altri Marchionne oggi avremmo un’Alitalia competitiva o qualche banca italiana forte in giro per il mondo. Parte dell’odio contro di lui derivava dall’invidia. E sull’invidia per le persone di talento non si costruisce un Paese, come è ogni giorno più chiaro”