Calendario alla mano, è passato solo un anno. Ma sembra che sia passato un tempo molto più lungo. Perché, da allora, la configurazione dei rapporti reciproci tra i nostri eroi è cambiata radicalmente, mentre ancor più è cambiato, attorno a loro, lo scenario dei rapporti fra Pd e movimento sindacale, nonché quello delle relazioni fra sindacati e Governo. Fino a raggiungere assetti forse provvisori, ma comunque ampiamente imprevedibili fino a poche settimane fa.
Di cosa stiamo parlando? Del 12 dicembre 2013. Quel pomeriggio, Matteo Renzi, allora ancora Sindaco di Firenze, si presentò alla Biblioteca comunale situata nell’ex Convento delle Oblate, a due passi dal Duomo. Ad attenderlo, c’era il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini. L’occasione per quello che fu il primo incontro pubblico tra due leader destinati a occupare la scena mediatica per tutto l’anno successivo era, per così dire, del tutto innocente. Qualche mese prima, il segretario della Fiom di Firenze, Daniele Calosi, aveva avuto l’idea di organizzare una mostra fotografica sul coté industriale, e ancor più metalmeccanico, del capoluogo toscano e aveva ottenuto dal Comune un duplice appoggio. Primo, la mostra sarebbe stata ospitata in una sede pubblica. Secondo, il Sindaco avrebbe inaugurato volentieri l’esposizione. Dopodiché, vista anche la disponibilità di Landini, per l’inaugurazione era stata identificata una data a metà dicembre libera per entrambi. Solo che, nel frattempo, la dinamica politica all’interno del Pd si era accelerata e domenica 8 dicembre si erano tenute quelle primarie che avevano fatto dell’allor giovane Sindaco il segretario del maggior partito italiano.
Il 12 dicembre 2013 nasce così, un po’ per caso, la strana coppia. Coppia, perché entrambi i protagonisti del neonato rapporto non lesinarono quanto a reciproche espressioni di cordialità. Strana, perché mentre Landini aveva fin lì incarnato l’anima più radicale – e dunque, almeno a prima vista, quella più tradizionalmente radicale – del sindacalismo italiano, Renzi aveva già indossato i panni dell’innovatore, anzi del rottamatore dei vecchi leader del Pd e, con essi, di antiche tradizioni politico-culturali della sinistra.
Il rapporto, ancorché esibito, pareva dunque poggiare, a un’analisi più attenta, su basi friabili. Ma ai mass media la storia della strana coppia piacque e fu subito benedetta da una bella foto sul “Corriere della Sera” del giorno dopo, venerdì 13 dicembre. D’altra parte, entrambi i partner della coppia avevano interesse a mostrarsi soddisfatti dell’incontro e anche a sperare che da esso potesse nascere qualcosa di buono.
Landini, in particolare, poteva sperare, o mostrava di credere, che Renzi, l’innovatore, avrebbe potuto darsi da fare per innovare qualcosa su una materia che a Landini stava molto a cuore, e cioè rispetto al rapporto fra rappresentanza sindacale e contrattazione. Insomma, che potesse promuovere una legge volta a regolare il famoso chi rappresenta chi, ovvero chi ha diritto a contrattare a nome di chi. Insomma, una legge che impedisse accordi separati, del genere di quelli subiti dalla Fiom negli anni 2000.
Renzi, d’altra parte, aveva tutto l’interesse a esibire l’esistenza di un rapporto quanto meno fluido col radicale Landini. Ciò allo scopo di far vedere che le difficoltà già evidenti del suo rapporto con Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, non derivavano dal fatto che lei fosse di sinistra e lui di destra, ma dal fatto che lei era interprete di un sindacalismo tradizionale, mentre lui, Renzi, era l’innovatore. Un innovatore pronto a parlare con chiunque fosse o si mostrasse avverso ad assetti ereditati dal passato in materia sindacale e contrattuale, e dunque anche con Landini. Insomma, non destra contro sinistra, ma nuovo contro vecchio: questo era lo schema di gioco preferito dal rottamatore. E perseguito, come poi si è visto, in modo anche spregiudicato.
E’ passato solo un anno, da quel 12 dicembre, e Renzi non è più il Sindaco di Firenze. Dal febbraio scorso è Presidente del Consiglio e capeggia un Governo che ha esibito la sua lontananza dal mondo sindacale, o per dir meglio dal mondo dei corpi intermedi, come forse mai nessun altro Governo aveva fatto in quasi settant’anni di storia repubblicana. Una lontananza talmente sentita che, con qualche esagerazione, è stata esibita anche in sede europea quando lo stesso Matteo Renzi, nell’ottobre scorso, decise di disertare il cosiddetto vertice sociale tripartito (Governi, sindacati, associazioni datoriali) che, in quanto Presidente di turno dell’Unione europea, avrebbe dovuto presiedere, inviando in propria vece uno spaesato ministro del Lavoro.
E Landini? Landini, negli ultimi mesi, si è scagliato più volte contro la linea del Governo Renzi. E il destino ha voluto che tornasse a criticare aspramente tale linea proprio a un anno di distanza dalla stretta di mano di Firenze. Oggi, infatti, lo stesso Landini ha preso la parola concludendo a Genova una delle 54 manifestazioni che sono state tenute in occasione dello sciopero generale di 8 ore indetto da un’altra strana coppia: Cgil e Uil. Perché fino a che hanno potuto, e specie rispetto a vertenze relative a importanti crisi aziendali – dalla Electrolux alla ex Lucchini -, Renzi e Landini hanno cercato di valorizzare ambiti e contenuti di possibili intese. Ma poi la distanza crescente fra le opposte linee generali perseguite dai due leader si è imposta.
Un anno fa, nell’articolo in cui, in presa diretta, il Diario del lavoro raccontò la nascita della strana coppia, si osservava che per capire se Renzi e Landini sarebbero mai stati capaci di ragionare davvero “insieme”, sarebbe stato necessario “aspettare le prossime mosse del giovane leader Pd in materia di lavoro”. Adesso queste mosse le abbiamo viste, compresi i duri colpi che sono stati inferti a ciò che restava del famoso articolo 18. Così come abbiamo visto la politica economica di cui il jobs act fa parte. Niente di più lontano dai desiderata di Maurizio Landini.
Uno dei risultati, certo non voluti, dell’azione di governo condotta da Matteo Renzi è che, da un lato, le distanze fra lo stesso Landini e Susanna Camusso si sono azzerate. Mentre, dall’altro, è nato all’interno del mondo sindacale uno schieramento inedito: quello composto appunto dalla Cgil e dalla Uil guidata dal suo nuovo segretario generale, Carmelo Barbagallo. Uno schieramento che, per adesso, si ritrova unito, con qualche sorpresa reciproca, nel chiedere al Governo una serie di misure in materia di politica economica, fiscale, industriale e di mercato del lavoro, nonché di diritti dei lavoratori.
E’ passato solo un anno, ma di acqua sotto i ponti ne è scivolata via davvero molta.
@Fernando Liuzzi