Il magic touch di Matteo Renzi si e’ esaurito? Sembrerebbe, a giudicare dai fischi (peraltro non devastanti) che hanno scandito parte dell’intervento del premier all’assemblea generale di Confcommercio. Una platea teoricamente ‘’amica’’ -come di norma sono gli imprenditori, nei confronti di un governo che certo non ha loro lesinato vantaggi- e che oggi si e’ presentata invece ringhiosa e critica. L’incidente, chiamiamolo così, si e’ verificato quando Renzi ha citato uno dei suoi fiori all’occhiello preferiti, e cioè il bonus di 80 euro: a quel punto, dalla platea affollata da migliaia di commercianti si sono alzati fischi e grida di protesta. Non particolarmente elaborato il succo della contestazione, ma il più tradizionale dei populismi spicci: “basta con le mance, pensate piuttosto a tagliare gli stipendi dei parlamentari, i costi della politica”, ecc.
Renzi, altrettanto ringhioso, ha replicato: “A questa platea gli 80 euro non interessano, ma per chi guadagna 1.200 euro al mese sono una cena in più al ristorante, uno zaino nuovo… Sono un atto di giustizia sociale e lo rivendico”. Quanto ai costi della politica: “Io guadagno 5 mila euro netti al mese che sono tanti, ma ho fatto l’arbitro in Garfagnana, e se pensate che mi spaventi una discussione sugli stipendi…”. E ancora: “Io credo nella politica: fischiatemi pure se avete il coraggio. Non ho paura, ma sappiate che chi dice che i politici sono tutti uguali fa il vostro male e non il vostro bene. Io difendo la politica con la P maiuscola”. E poi, certo, la politica deve smettere di svolgere il ruolo di ‘’zavorra’, ma proprio per questo c’e’ la riforma costituzionale: “che ne ridurra’ i costi”, ricorda il presidente del consiglio.
Renzi rivendica insomma tutta l’azione del governo, sottolinea che solo “il rancore ideologico” può impedire di gioire per i posti di lavoro in piu’ che i dati Istat dimostrano e ribadisce che “aver cancellato l’articolo 18 non ha tolto diritti, non ha permesso di licenziare ma di assumere”. A Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio che chiede ‘’piu’ coraggio e meno tasse’’, replica con una promessa: ‘’”Prendo un impegno irrinunciabile per il 2017: non ritoccare l’Iva”. Infine, un messaggio (il solito) di ottimismo: l’Italia può ripartire ma solo “se restituiamo fiducia ai consumi e smettiamo di lagnarci”, perché “oltre alla rabbia dobbiamo avere anche un messaggio di fiducia per riportare l’Italia là dove le spetta. Se remiamo nella stessa direzione l’Italia ce la farà” e “tra dieci o venti anni sarà tra i vincenti”. Campa cavallo, direbbero i vecchi.
Piu’ tardi, mentre sulle agenzie affiorano le prime dichiarazioni di esponenti dell’opposizione –da Renato Brunetta a Luigi Di Maio– che gioiscono per le contestazioni di stamattina (“Oggi i fischi, presto gli lanceranno le monetine e poi Renzi a casa”, scrive su Twitter l’esponente del M5S, in pratica paragonandolo al Craxi degli anni Novanta) sara’ lo stesso Renzi a tentare di disinnescare la faccenda con un post sulla sua pagina Facebook: “Qui – dice del video pubblicato a supporto del testo – trovate la conclusione del mio intervento, molto animato: ci sono state infatti polemiche e contestazioni sugli 80 euro e sui costi della politica. E non mi sono tirato indietro, rivendicando le nostre scelte: per me aver restituito dieci miliardi di euro a dieci milioni di italiani che non arrivano a 1.500 euro è una misura di giustizia sociale sacrosanta”.
“Chi vuole incidere sui costi della politica – continua il post del capo del governo- avrà nel referendum di ottobre l’occasione di dire la sua. Nel merito, ho sfidato le associazioni di categoria e Confcommercio a darci una mano per restituire fiducia ai consumatori e ai cittadini. L’Italia ha tanti talenti da giocare, non sprechiamoli nella rassegnazione. Vi confesso – conclude- che gli abbracci finali anche da chi in partenza contestava mi hanno fatto piacere. Viva l’Italia che ogni giorno ci prova, che non si lamenta, che si mette in gioco”.
Si affretta a confermare la pace fatta anche il presidente di Confcommercio, descrivendo i rapporti col premier con ‘’un clima positivo e costruttivo”, e rimarcando come la presenza di Renzi all’assemblea generale abbia avuto “un doppio significato: il riconoscimento del settore terziario e quello di Confcommercio come corpo intermedio”.
Ecco, appunto: giusto uno di quei ‘’corpi intermedi’’ che Renzi, fin qui, ha sempre schifato (tanto che non ha mai partecipato nemmeno alle assise di Confindustria) e che da qualche giorno invece sembra voler considerare con maggiore attenzione. Non e’ certo un caso se, dopo Confcommercio, domani toccherà ai Giovani Industriali averlo come ospite d’onore per il convegno annuale di Santa Margherita Ligure: prima volta in assoluto del premier a un evento organizzato dalla Confindustria. Ma i cattivi risultati del primo turno delle amministrative, l’indubbio declino di popolarita’ del premier (e’ di oggi la notizia, forse vera forse no, secondo cui i candidati sindaci Pd lo avrebbero pregato di non presenziare alla chiusura della campagna elettorale) inducono forse a maggiore prudenza: non tanto rispetto ai ballottaggi, quanto al referendum di ottobre, dove ogni alleanza sarà fondamentale per l’approvazione della riforma e per la stessa sopravvivenza del governo. A questo stesso schema di ”attenzioni” verso i corpi intermedi, probabilmente, appartiene anche il sorprendente ritorno alla concertazione (anche se fin qui abbastanza sottotraccia) con Cgil, Cisl e Uil su pensioni e lavoro. Insomma, a voler sintetizzare al massimo, la nuova linea del premier potrebbe essere descritta cosi’: meno iattanza, più umiltà, e mano tesa per stringere tutte le alleanze possibili in chiave anti- Cinque Stelle. Anche a costo di beccarsi qualche fischio dai commercianti.
Nunzia Penelope