Non è un momento felice per il sindacato, diciamolo con franchezza. Alle abituali critiche (strumentali) della politica e della Confindustria (ingenerose) si sommano oggi anche quelle del mondo accademico e artistico. Denigrare il sindacato è una sorta di sport nazionale. L’ultimo caso, emblematico, è quello di Renato Zero. Grande personaggio, estroverso, abile incantatatore di platee eterogenee di tutte le età e classi sociali.
Ebbene, l’ultimo hit del “sorcino” della Montagnola si chiama “Chiedi”. L’album, per chi è interessato, si intitola “Alt”, successore del precedente “Amo”( mi sono preparato bene…). Qualcuno dirà: ma che c’entra tutto questo con il Diario del Lavoro? C’entra, eccome se c’entra. Canta all’inizio del brano il divino Renato: “Chiedi, di nascere, tu chiedi un’istruzione, lavoro e dignita’. Chiedi, giustizia ed onesta’, meritrocazia e liberta”. E fin qui nulla da ridire. Sono tutti auspici condivisibili, che potrebbe declamare anche il mio amico meccanico sotto casa. Ma ecco la ciliegina sulla torta, alla fine della seconda strofa: “Chiedi, regole e strumenti, i dieci comandamenti, ma i sindacati no! ” Anche Renato Fiacchini, in arte Zero, è stato folgorato sulla strada per Damasco dalla retorica renziana. Ci mancava solo che aggiungesse: “Meglio Marchionne che i sindacati” e magari lo avremmo visto il prossimo anno alla Leopolda con Cucinelli e Farinetti ad intonare “Mi vendo”.
Renato, Renato, ma che cosa ci combini? Ma che ti hanno fatto di male a te i sindacati? Tu che vivi ormai da ricco possidente in una bella villa di un comprensorio “luxury”, solo per vip, su via della Camilluccia, dove alcuni finti “sorcini” alcuni mesi fa ti hanno strappato dal polso un bell’orologio da 45 mila euro, appena uscito dalla tua bella Porsche bianca. Fatto disdicevole, per carità. Ma perche’ tutto questo accanimento nei confronti di chi ha la sola colpa di rappresentare qualche -milione – di lavoratori, pensionati, immigrati e anche qualche giovane partita iva? Cosa nasconde questo voglia matta di denigrare i sindacati che ( tu non lo sai) ogniqualvolta si vota nei posti di lavoro, non si sa perchè, fanno sempre il pieno di consensi? Mah, robetta, misteri della democrazia rappresentativa replicherai. Anche tu, forse, sei caduto in questa retorica della “disintermediazione”, dove i corpi sociali sono un soggetto demodé, qualcosa da rottamare e da sostituire con Facebok, attraverso il contatto diretto con i fans, magari per invitarli ad uno dei tuoi concerti super esauriti, a 50 euro a biglietto.
Caro Renato, come rimpiango i tempi del liceo quando cantavi il “Triangolo no, non l’avevo considerato”. Almeno lì eri te stesso. Raccontavi con l’accento romanesco la “favola tua” e i “migliori anni della nostra vita”, gridando come un ossesso “piu’ su, piu’ su!”. Lascia stare i temi sociali, i lavoratori e il sindacato. Sono cose futili, che appartengono ai comuni mortali, direbbe Totò, a chi il “carrozzone” lo porta sulle proprie spalle ancora tutti i giorni. Senza paillettes, lustrini e rolex. Purtroppo.