Ieri mattina, 21 giugno, si è tenuta presso la Camera dei deputati, la relazione di Giuseppe Santoro Passarelli, il Presidente della Commissione di garanzia per l’attuazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, che ha scatenato l’ira dei sindacati. Quello che non va giù alle organizzazioni sindacali è, in particolare, la delibera della commissione sull’accordo stipulato tra sindacati e datori di lavoro del trasporto pubblico locale. La Commissione, attraverso la delibera, ha infatti respinto 2 articoli dei 18 previsti dall’accordo del 28 febbraio, quello in riferimento all’”Informazione dell’utenza” e quello in riferimento alla “Rarefazione”. La relazione del Presidente Passarelli spiega in maniera chiara le ragioni che hanno prodotto i provvedimenti contenuti nella delibera.
Ma procediamo con ordine. Passarelli ha delineato, prima di tutto, il quadro delle trasformazioni avvenute nel nostro paese nel post crisi. Gli scioperi in Italia sono diminuiti nel settore industriale e sono notevolmente aumentati in quello dei pubblici servizi per effetto della terziarizzazione della struttura produttiva e, quindi, anche del conflitto. Infatti, di fronte al rischio di chiusura delle industrie e ai continui fallimenti aziendali, è più difficile ricorrere allo sciopero “in quanto può mettere a repentaglio non solo l’azienda in crisi ma ancor più i posti di lavoro”. Altra caratteristica essenziale è la perdita di centralità del tradizionale rapporto di lavoro a tempo indeterminato, anche qui tipico del settore manifatturiero, in favore delle forme flessibili che rende ancora più ardua la capacita di mobilitazione e radicamento del sindacato nel settore privato. Il settore pubblico riscontra quindi una maggiore stabilità dei rapporti di lavoro e una maggiore capacità contrattuale dei lavoratori
La conflittualità nei servizi pubblici è aumentata, secondo i dati forniti dal Presidente Passarelli, da 2.448 proclamazioni alle 2.352 del 2016 che si riducono della metà dopo gli interventi preventivi della Commissione. Ma perché è aumentato il conflitto? Una delle principali cause rimane il mancato rinnovo dei contratti collettivi nazionali e la liberalizzazione dei servizi inserita con il cosiddetto Decreto Crescitalia del governo Monti. La diffusione di tagli ai servizi, dismissioni o outsourcing hanno favorito il fenomeno della catena egli appalti “spesso dati da una mala gestio soprattutto nel mezzogiorno del paese, ad aziende che si trovano in condizioni di esposizione debitoria”. Gli inadempimenti pubblici nell’erogare i canoni alle aziende appaltanti, inoltre, ha dato vita a quel fenomeno che vede una ripetuta e mancata erogazione delle retribuzioni ai dipendenti. Tutte queste situazioni hanno causato e ampliato la conflittualità dei servizi pubblici e di fronte a queste problematiche “le regole del conflitto e la Commissione stessa non possono far altro che arrendersi. E’ ben difficile – sottolinea il presidente -, infatti, richiedere l’osservanza di regole sullo sciopero a lavoratori che non percepiscono la loro principale fonte di sostentamento”.
L’aumento della conflittualità, in particolare, si registra nel settore dell’igiene ambientale in cui si sono registrati 188 scioperi nel 2017. Le cause del conflitto, in questo settore, sono ascrivibili alla scarsità di risorse economiche a disposizione degli enti locali e all’affidamento del servizio ad una pluralità di aziende di piccole dimensioni che non sono in grado di garantire sufficienti coperture economiche. Nel servizio di recapito postale si è registrata una conflittualità più alta del 50% rispetto all’anno precedente con 122 azioni di sciopero concentrate su Poste italiane. La commissione ha considerato una possibilità estendere la legge 146 anche ad alcuni servizi della logistica. Nel comparto dell’impiego pubblico l’aumento della conflittualità è da attribuire esclusivamente al mancato rinnovo del contratto dopo 9 anni stallo. In questo ambito inoltre, l’aumento della conflittualità si registra anche nel servizio di refezione che con la delibera del 28 settembre 2017 la Commissione ha considerato “parte integrante del percorso educativo scolastico degli alunni e ha ribadito la natura essenziale del servizio”. Ancora si registra un aumento della conflittualità nel settore giustizia a causa della riforma del “processo a distanza” inserita dalla legge 103 che secondo l’Unione delle Camere penali Italiane comporterebbe una grave lesione delle garanzie processuali.
Il capitolo più lungo è dedicato, invece, al settore dei trasporti che ha registrato il più alto livello di conflittualità soprattutto per quanto riguarda il trasporto pubblico locale. Infatti, mentre nel trasporto marittimo e in quello ferroviario si registrata una diminuzione del conflitto grazie al miglioramento delle relazioni industriali; nel trasporto pubblico locale la conflittualità ha interessato 121 giornate di sciopero. L’incremento è dovuto a situazioni gravi di inadempimento retributivo. L’Atac è una delle aziende disastrate del trasporto pubblico locale nominata nel rapporto. Solo durante l’attuale concordato preventivo si sono registrate 24 proclamazioni di sciopero. E’ proprio per la città di Roma che si registra il grave problema, secondo la commissione, della eccessiva reiterazione è che ha portato alla costituzione della delibera che costringe ad una pausa tra uno sciopero e l’altro di 20 giorni anzichè di 10.
A proposito di questo apriamo una parentesi. Non è molto chiaro anche dopo questa relazione da parte del Presidente Passarelli perché all’interno della delibera sia inserito il divieto di sciopero durante importanti manifestazioni ed eventi ospitati in città. Nel rispetto della normativa e dei servizi pubblici essenziali, comunque, bisogna ricordare, senza fare troppa demagogia, qual è lo scopo e l’origine dello sciopero sia nel settore industriale che nei servizi. Lo sciopero è una forma di protesta che serve a costringere la controparte alla contrattazione e per ottenere questo i lavoratori devono procurare un disagio effettivo, altrimenti non ha senso di essere. Senza lo sciopero non si crerebbe nessun rapporto di forza necessario al rispetto dei diritti, delle tutele e per un maggior potere d’acquisto. Perché, se è vero il principio sancito dal nostro ordinamento e dalla contrattazione che non c’è parità tra le parti nel contratto di lavoro ma il lavoratore è la parte più debole, lo sciopero è lo strumento per rendere questo rapporto più equilibrato. Una nota appare qui necessaria, allora, la legge 146 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali è stata inserita per chi non lo sapesse, a ridosso dei mondiali di Italia ’90 a Roma. Il governo di allora per scongiurare i forti scioperi dei lavoratori delle ferrovie prima di questo importante evento partorì la legge 146. Negli anni scorsi ci sono stati degli accordi per vietare lo sciopero durante il giubileo o altri tipi di eventi di questa portata. La domanda che sorge spontanea allora è: se le condizioni di lavoro peggiorano perché i diritti dei lavoratori dovrebbero essere messi in secondo piano rispetto ai grandi eventi? E’ sottile, molto sottile la linea che sta tra il rispetto degli utenti, in questo caso turisti, e quella del diritto di sciopero dei lavoratori.
Ma tornando a noi, la Commissione, inoltre, ha citato lo sciopero dei Taxi a seguito dell’approvazione del decreto Milleproroghe di febbraio 2017 che ha visto la mobilitazione spontanea di centinaia di migliaia di tassisti a Bologna, Milano e Roma senza un diretto coinvolgimento sindacale. Questo episodio è stato il più eclatante per l’impossibilità da parte della Commissione di poter individuare i responsabili ed applicare le relative sanzioni. Infine, nel trasporto aereo questa volta le inadempienze si ritrovano dalla parte datoriale. “Ferma condanna è stata espressa, dalla Commissione, in occasione dello sciopero del 15 dicembre 2017, nel momento in cui ryanair ha inviato a tutti i Piloti e Assistenti di volo una comunicazione con la quale minacciava ripercussioni negative sui trattamenti economici e normativi, già previsti nei contratti individuali, in caso di adesione allo sciopero.” Quest’ultimo caso si inserisce infatti nella poco problematizzata questione della presenza nel panorama del “modello globalizzato del’economia e del mercato del lavoro” che suggerisce un ragionamento più approfondito e che oltrepassi i confini dell’ordinamento interno.
La Commissione ha ribadito, inoltre, che nonostante l’aumento della conflittualità in italia le norme e la legge 146 sono rispettate in pieno dimostrando una “civilizzazione del conflitto” nei servizi pubblici essenziali. Ciò nonostante la commissione ha suggerito possibili soluzioni alle problematiche sollevate una che si rivolge alle amministrazioni e alle aziende. La Commissione le invita a tenere conto “della rilevanza dello sciopero e delle organizzazioni sindacali che lo proclamano, valutando la possibilità di fornire una soglia di servizi maggiore di quella minima, o anche di non dare alcuna comunicazione all’utenza di scioperi ritenuti del tutto irrilevanti”. La seconda rivolta ai sindacati e al legislatore. Si sollecita infatti un intervento normativo che esula dalla responsabilità della Commissione, “rivolto alla verifica della rappresentatività sindacale, che possa in qualche modo esser recepito anche con riferimento al governo del conflitto collettivo”. Allo stesso tempo però l’Autorità ha sottolineato che il conflitto collettivo non è del tutto sovrapponibile a quello della contrattazione collettiva perciò è possibile individuare organizzazioni che effettivamente rappresentano i lavoratori ma non per questo firmatari dei contratti nazionali.
La relazione del Presidente molto ricca di dati e spunti di ragionamento ma anche di proposte di azioni concrete fa emergere un dato che non può non saltare all’occhio. Se uno dei problemi principali riscontrati nei servizi pubblici è ascrivibile alle inadempienze del datore di lavoro, in questo caso lo Stato, e ai provvedimenti legislativi volti ai tagli e alle liberalizzazioni com’è possibile ridurre le indicazioni esclusivamente al problema della rappresentatività sindacale?
Come in tutti i settori, pubblici e privati che siano, sembra solo una la soluzione per ridurre la conflittualità, senza sminuire il discorso e il lavoro pur importante della Commissione, applicare i contratti, rinnovarli in tempo, garantire gli stipendi mensilmente e i diritti e le tutele sulla sicurezza. Più semplice di così.
Alessia Pontoriero