“Discussioni diverse oggi non hanno senso di esistere, la cosa importante è raggiungere l’obiettivo del quorum”. Maurizio Landini è netto: non ha senso chiedere cosa farà la Cgil, e nello specifico il suo segretario, se il referendum dovesse andare a vuoto. La domanda che gli è stata rivolta nel corso della conferenza stampa per fare il punto su tesseramento e campagna referendaria era se, in caso di flop, si anticiperebbe il congresso Cgil del 2027; sottotitolo non espresso ma evidente: quale sarebbe il destino di Landini, che questo referendum ha fortemente voluto, se fallisse? “Sappiamo benissimo che quella del referendum era la scelta più difficile, ma pensiamo che l’obiettivo sia alla portata. Cosa succederà dopo lo discuteremo dopo”, replica il segretario.
Insiste Landini: se si raggiungesse il quorum, dal giorno dopo le leggi comprese nei cinque quesiti (considerando anche quello sulla cittadinanza, appoggiato dalla Cgil) sarebbero automaticamente cambiate, “e questo significa dare ai cittadini un potere quasi da parlamentari’’. A chi, come per esempio la Cisl, sostiene che anche nel caso vincesse l’abrogazione del Jobs Act non si tornerebbe affatto alla legge 300 del 70, ma alla riforma Fornero del 2012, che prevede un indennizzo inferiore per i lavoratori licenziati, Landini risponde: “non è questione di indennizzi, ma di reintegro: se vincesse il si, il giudice potrebbe disporre nuovamente il reintegro del lavoratore licenziato, e questo gli conferirebbe un potere di deterrenza nei confronti del datore di lavoro. Cancellare il contratto a tutele crescenti del Jobs act significa che 4 milioni di persone assunte dopo marzo 2015, quindi senza più articolo 18, avranno il reintegro contro i licenziamenti, esattamente come quelle assunte prima di quella data. Facciamo, con questo referendum, un’operazione di ricostruzione di solidarietà. I diritti e le tutele devono essere uguali per tutti”
Ma ovviamente questi sono dettagli rispetto all’obiettivo principale, il quorum., appunto. Per ottenere il quale occorre convincere 25 milioni di persone a recarsi alle urne: impresa titanica considerando che ormai vengono disertate anche per le elezioni politiche, e che il quesito più attraente e unificante, quello sull’autonomia differenziata, è stato bocciato dalla Consulta. Proprio per questo, se mai una qualche congiunzione astrale favorevole e oggi del tutto imprevedibile portasse la sorpresa del quorum, il segretario della Cgil vanterebbe una vittoria politica che i partiti, tutti, si sognano. Ma per il momento è solo un sogno, mentre forse un risultato più realistico, col quale la Cgil potrebbe dirsi non sconfitta, sarebbe ottenere col referendum almeno un risultato analogo a quello che consenti’ a Giorgia Meloni di vincere le elezioni politiche del 2022.
E a proposito di partiti, Landini ha già scritto a tutte le forze politiche per chiedere un incontro nel corso del quale vuole convincerle a mobilitarsi a favore del voto: “ognuno voti come vuole, ma sarebbe vergognoso, e pericoloso, se qualche partito invitasse ad andare al mare invece che a votare. Questa è un’occasione per rafforzare la democrazia’’. Da lunedì inizieranno gli appuntamenti, partendo da Movimento 5 stelle, Pd, Avs. Non ancora fissato con Italia Viva, a parte un incontro con Maria Elena Boschi, ma finalizzato ad altra discussione, e dunque c’e’ la massima curiosità per capire se ci sarà prima o poi un confronto diretto tra Matteo Renzi, padre del Jobs Act, e Landini, che lo vuole cancellare. Nel frattempo, vale la pena di ricordare che proprio Renzi è tra i pochi ad aver lanciato appelli perché si vada a votare: esprimendosi, ovviamente, per un netto ‘’no’’ ai quesiti sul lavoro.
Altre armi a disposizione dei referendari saranno poi le più tradizionali delle campagne elettorali: spot su radio e tv locali (non sui canali nazionali), gazebo, comizi, affissioni fisse e mobili, eccetera. Ma quello su cui più conta la Cgil è il contatto ‘’diretto’’, dal basso, con la gente. Al momento sono già stati costituiti 1500 comitati elettorali, l’obiettivo è raggiungere tutti gli ottomila comuni italiani, lavorando sul territorio, grazie anche all’apporto di volontari, facendo in modo che i cittadini accorrano in gran numero ai 65 mila seggi dell’8 e 9 giugno. Intanto, si tratta di diffondere anche il messaggio che quest’anno c’è la possibilità del voto per i fuori sede: una novita assoluta, che consentirebbe di votare a ben 4 milioni di persone lontane dal loro seggio elettorale ‘’naturale’’; ma occorre fare domanda entro il 4 maggio, e ancora troppo bassa è la consapevolezza di questa opportunità.
L’avvio ufficiale della campagna sarà questo week end, da Milano, con la due giorni di ‘Futura’’, tutta dedicata al referendum. Ma le iniziative dei prossimi due mesi, spiega Landini, dovranno tenere assieme più di un argomento: i referendum, certo, ma anche i contratti bloccati, in particolare quelli pubblici, dei metalmeccanici e delle Tlc, la guerra dei dazi e le sue conseguenze (a questo proposito, Landini boccia le decisioni di Palazzo Chigi, accusando Meloni di aver convocato solo le imprese, e dicendo no al ‘’saccheggio’’ dei fondi del Pnrr), il no al riarmo (sia perché’ sottrarrebbe risorse a spese assai più necessarie ai cittadini, sia perché ‘’se ci si arma, poi si finisce quelle armi per usarle’’). “La campagna per il referendum per dovrà aiutarci a tenere assieme tutti questi argomenti’’, conclude il segretario, e dunque la Cgil e la rete di comitati ‘’lavoreranno h24, sette giorni su sette, mettendo in conto tutte le azioni possibili, dall’11 aprile in poi’’, e fino all’8 giugno. Dopo, si vedrà.
Nunzia Penelope