E’ annunciata nelle prossime ore la presentazione del Decreto Sostegno, corredato dallo stanziamento di 32 miliardi, provenienti dall’ultimo scostamento di bilancio, promosso dal governo Conte (l’attuale esecutivo ha anticipato che ne chiederà un altro al Parlamento). In materia di lavoro le misure adottate consisteranno soprattutto in proroghe del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali straordinari, in vista di una loro riforma annunciata per l’autunno. Sarà interessante vedere come finirà il confronto in atto su di una nuova “pace fiscale” e come troverà attuazione quanto dichiarato dal ministro Giancarlo Giorgetti: “Verrà dedicata particolare attenzione ai professionisti e, più in generale, ai titolari di partite IVA che, in passato, hanno fortemente risentito delle modalità di calcolo e di corresponsione dei benefici, con forte limitazione dell’effettiva e immediata fruibilità, garantendo il necessario sostegno a tutte le categorie che hanno effettivamente risentito della crisi”. Per analizzare i problemi di questo settore è utile consultare il X Rapporto 2020 dell’Adepp, l’associazione che raggruppa le Casse e i fondi previdenziali dei liberi professionisti, iscritti ad un Ordine o a un Collegio (i professionisti che ne sono privi sono iscritti alla Gestione Speciale presso l’Inps). Si tratta di una ventina di enti che operano in regime privatistico, ancorché vigilato, essendo i gestori della previdenza obbligatoria detta “privatizzata” e riguardante le categorie interessate, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (per le Casse “storiche”) e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (per quelle di nuova istituzione). Il Rapporto è rivolto soprattutto agli aspetti previdenziali (numero e importo delle pensioni, spesa ed entrate contributive), in base alla funzione prevalente svolta dalle Casse; ma è solito soffermarsi diffusamente sull’altra faccia della medaglia: l’occupazione, i redditi, la ripartizione territoriale, di genere, per età. Ed è certamente questa problematica ad assumere rilevanza in una fase come l’attuale che affida al legislatore il compito di sostenere sia i redditi delle persone sia il fatturato delle attività economiche, falcidiati dalla crisi economica provocata dalle misure di carattere sanitario. Nel 2020 – è scritto nel Rapporto – la pandemia globale ha influenzato enormemente anche il mondo delle libere professioni causandone una crisi senza precedenti. Per far fronte alla diminuzione dei redditi, il governo ha previsto, per ogni mese di completo lockdown (marzo, aprile e maggio), un bonus, denominato reddito di ultima istanza (RUI), di 600 euro per marzo ed aprile e 1000 per maggio da erogarsi ai liberi professionisti che ne facessero richiesta e ne avessero diritto. Il numero di liberi professionisti che ha fatto richiesta del RUI per almeno uno dei tre mesi è stato di 513.882, di questi 242.569 sono donne. Confrontando questo dato con il numero di liberi professionisti si ottiene che il RUI è stato richiesto dal 47% dei liberi professionisti con percentuali leggermente diverse tra uomini e donne (49% delle donne e 46% degli uomini). La maggior parte delle richieste è pervenuta da liberi professionisti nella fascia 30-50 anni. Nella fascia tra i 30 ed i 40 anni, sono pervenute domande dal 75% dei liberi professionisti uomini mentre tra le donne “solo” il 53% ha deciso di fare domanda. Per le restanti fasce d’età non si notano differenze tra uomini e donne e la percentuale scende linearmente con l’età. Del resto si riscontra una rilevante differenza di reddito tra le diverse età. In particolare, vediamo che i professionisti sotto i 30 anni dichiarano circa un quarto dei loro colleghi con età compresa tra i 50 ed i 60 anni. Tale differenza decresce con l’età del professionista ma resta comunque marcata fino ai 50 anni.
TABELLA: REDDITI PER FASCIA D’ETÀ E GENERE. DATI 2019.
Fino a 30 anni (30-40] (40-50] (50-60] (60-70] oltre 70
Donne 11.698 € 17.363 € 25.951 € 34.177 € 35.335 € 24.079 €
Uomini 14.039 € 27.165 € 43.237 € 57.289 € 52.140 € 33.728 €
Totale 12.846 € 22.040 € 35.494 € 49.823 € 48.677 € 32.769 €
Fonte – Adepp
Come si nota nella tabella l’età è una discriminante più importante dello stesso gender gap, Nonostante che il reddito medio delle libere professioniste sia di circa 24.230 euro, il 50% di queste ha un reddito inferiore ai 12.500 euro. Fenomeno simile, ma con importi diversi, accade per gli uomini: il reddito medio è all’incirca 43.846 euro mentre il 50%degli uomini ha un reddito inferiore ai 22.000 euro. Il fenomeno è ascrivibile agli elevati redditi, dichiarati da una minoranza di professionisti, che fanno salire il valore medio. Basti pensare che, solo il 25% delle donne ed il 29% degli uomini ha un reddito superiore al reddito medio.
Un altro fenomeno di sicuro interesse è legato al rapporto tra fatturato e reddito ai fini previdenziali. Il rapporto tenda a scendere con l’età del libero professionista. Inoltre, si nota anche una maggiore differenza tra reddito e fatturato nei professionisti uomini rispetto alle loro colleghe donne. Il fenomeno è ascrivibile a diverse cause. Tra queste possiamo ipotizzare che, in molti casi, l’attività professionale sia in realtà una attività quasi da lavoro dipendente presso altri professionisti e ciò comporta che il fatturato coincida quasi completamento con il reddito. Quanto appena descritto è, in particolar modo, rilevante per i giovani e le donne. Altre cause possono essere ricercate nelle diverse specializzazioni scelte dalle professioniste donne nonché nelle difficoltà di conciliare vita familiare e lavoro professionale.
Quanto alla differenza territoriale, nell’Italia meridionale il reddito dichiarato sia del 50%.
inferiore al reddito dichiarato dai professionisti del Nord mentre la differenza tra Centro e Nord è di circa il 20%. Resta molto persistente la differenza di reddito tra uomini e donne quasi indipendente dalla provenienza geografica. I liberi professionisti che dichiarano redditi più elevati sono gli uomini in Lombardia con un reddito annuo medio di circa 65mila euro mentre il reddito più basso è quello dichiarato dalle libere professioniste calabresi: circa 13mila euro. Il settore va seguito con attenzione e salvaguardato anche per l’apporto che reca all’occupazione nel suo complesso. Il mondo delle libere professioni sta assumendo sempre più rilevanza. Come scrivono, infatti, Paolo Feltrin e Andrea Buratti nel capitolo dedicato al settore nel XX Rapporto del Cnel: “fino a metà degli anni novanta la crescita del lavoro autonomo professionale era trascinata da quello che oggi potremmo chiamare il «lavoro autonomo tradizionale», composto da figure come gli artigiani, i commercianti, i coltivatori diretti, e così via9. Da un certo momento in poi, grossomodo a cavallo degli anni duemila, non è più stato così. Dopo un periodo di andamenti incerti, la svolta può essere fissata nella crisi economica del 2008-2011. Da quella data gli avvenimenti prendono una piega imprevista ma incontrovertibile; inoltre queste dinamiche non riguardano solo l’Italia ma si ritrovano, pur con diversa intensità, in tutti i paesi europei (Osservatorio delle libere professioni, 2020). Per la prima volta, se si prende a riferimento il periodo 2009-19 e la rilevazione continua dell’ISTAT sulle forze di lavoro, si assiste ad una costante e progressiva erosione dei lavoratori autonomi strettamente intesi (-13,8%) e degli altri lavoratori autonomi (-31,0%), solo in parte compensata da una crescita impetuosa delle libere professioni, ordinistiche e non (+25,0%), visto che alla fine il saldo complessivo dell’intero lavoro indipendente è di -436.072 unità (-7,6%), passando dalle circa 5.748.000 unità del 2009 alle circa 5.312.000 unità del 2019”.
Giuliano Cazzola