Si celebra quest’anno il decennale della firma del Testo unico sulla rappresentanza, cioè quell’accordo interconfederale firmato nel 2014 dai sindacati Cgil Cisl e Uil con la Confindustria. Molte cose da allora sono cambiate (a partire dai vertici stessi delle organizzazioni firmatarie), l’accordo è stato varie volte aggiornato e rivisto, ma è rimasto sempre, sostanzialmente, inattuato. Per chi avesse dimenticato: stiamo parlando di quell’accordo in base al quale sia i sindacati che le imprese si davano alcune precise regole per stabilire chi rappresenta chi. In altre parole: un modo certo e certificato per pesare i vari soggetti ai quali spetta poi la contrattazione e molto altro.
Per una serie di infinite traversie, tuttavia, non se n’è mai venuti a capo: di volta in volta a palla è passata attraverso vari campi (ministero del Lavoro, Inps, eccetera) ma nessun conteggio è stato mai reso pubblico. Nel frattempo, i contratti depositati al Cnel e firmati da illustri sconosciuti -sia come sindacati che come associazioni di imprese, tanto da essere definiti “pirata” – hanno preso a moltiplicarsi come i Gremlins. Per risolvere il problema, vista la mai realizzata applicazione dei dettami del Testo Unico, la Cgil di Maurizio Landini ha iniziato a chiedere ai vari governi che si sono succeduti una legge sulla rappresentanza. Ipotesi fortemente avversata però dalla Cisl: non tanto perché sia contraria alla “pesa” dei diversi soggetti sociali, ma piuttosto perché ritiene la materia così delicata da non fidarsi di metterla nelle mani della politica. Sta di fatto che nemmeno della legge si è mai fatto nulla: di rappresentanza, per anni, ci si è limitati a parlare nei convegni, lamentando nel frattempo l’aumento esponenziale dei contratti pirata.
Ora, però, giusto nella ricorrenza del decennale, qualcosa di concreto è avvenuto. Ed è avvenuto senza particolari fanfare: cioè all’interno di un piccolo contratto di settore, quello della Ceramica, 25 mila addetti per circa 220 aziende, firmato in luglio dalle categorie delle tre confederazioni, e cioè Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, con le imprese associate a Confindustria. L’elemento innovativo sta nel fatto che per la prima volta si inserisce in un contratto collettivo la certificazione degli iscritti: sii tratta di poche righe all’articolo 12, nelle quali, dopo la premessa che tutte le parti “si riconoscono negli impegni assunti dalle rispettive confederazioni con la sottoscrizione del Testo Unico sulla Rappresentanza”, le imprese si impegnano alla certificazione degli iscritti loro risultanti per i diversi sindacati, attraverso la “compilazione completa e puntuale del modello Uniemens”, e a trasmetterli quindi all’Inps; in parallelo, i sindacati trasmetteranno i verbali relativi alle operazioni di voto delle Rsu ai comitati provinciali dei Garanti, e infine la nomina dei componenti Rsu con le rispettive appartenenze sindacali a Confindustria Ceramica.
Sembra semplice burocrazia, ma è invece sostanza. Il Testo Unico è un accordo tra le parti e non una norma di legge, dunque è fondamentale, ai fini della misurazione e della certificazione della rappresentanza, che le aziende comunichino all’Inps il numero dei lavoratori iscritti ai sindacati. La clausola inserita consente adesso di esigere dalle imprese un impegno che, spiegano i sindacalisti, fin qui hanno troppo spesso eluso, richiamandole appunto al rispetto del contratto stesso. Va detto che nel settore della ceramica non c’è un problema di dumping, perché, di fatto, vige un unico contratto; quindi non si tratta di arginare contratti pirata, ma, spiegano i sindacalisti, il rispetto del Testo Unico sulla Rappresentanza è comunque fondamentale per un ordinato svolgimento delle relazioni industriali a ogni livello. Una clausola simile, infatti, era stata inserita anche nel contratto Unionchimica -Confapi del dicembre 2023.
In assenza, o in attesa, di una legge, l’articolo 12 del contratto Ceramica è insomma uno strumento concreto. Quanto alla legge, difficile dire se arriverà mai. Non solo la Cisl infatti è contraria, ma lo stesse associazioni di imprese non sembrano particolarmente entusiaste di rendere pubblico il numero dei propri iscritti, svelando l’effettiva rappresentanza di ogni organizzazione datoriale. Ora, almeno nella ceramica, si saprà chi rappresenta chi, indicando nel frattempo una strada tutto sommato semplice, che non si vede perché non potrebbe essere seguita da altri settori.
Nunzia Penelope