Una ricerca a livello nazionale sulle condizioni e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori, partendo dalla loro esperienza e dal loro punto di vista per comprendere i bisogni e le aspettative per migliorare il mondo del lavoro e l’azione del sindacato: è questo il cuore dell’inchiesta promossa dalla Cgil nazionale e coordinata dalla Fondazione Di Vittorio in collaborazione con tutte le categorie sindacali della Cgil. Il lavoro è stato coordinato da Daniele Di Nunzio della Fondazione Di Vittorio ed ha raggiunto 31 mila lavoratrici e lavoratori di tutti i settori pubblici e privati, tutte le dimensioni di impresa, tutte le tipologie contrattuali e anche a chi era senza contratto o disoccupato, attraverso i criteri dell’inclusione, della partecipazione e della collaborazione.
Tra i capitoli di indagine figura anche il tema della rappresentanza sindacale, presupposto imprescindibile per rendere possibile azioni di miglioramento delle condizioni di lavoro innanzitutto in materia salariale, ma sulle questioni di genere, precarietà, organizzazione, qualità e condizioni di lavoro, benessere, salute e sicurezza, migranti, energia e ambiente.
Una caratteristica rilevante del campione è l’elevata sindacalizzazione degli intervistati (82%sono iscritte/i al sindacato). Il dato rilevato nel campione è molto superiore al tasso di sindacalizzazione del nostro Paese (circa 32% nel 2019, fonte OECD) e mostra la forte vicinanza al sindacato della platea raggiunta, data dalla scelta metodologica di attivazione dei nodi sindacali per la distribuzione del questionario. Nel dettaglio, il 18,7% sono rappresentanti (RSU, RSA e/o RLS) e il 63,5% sono iscritte/i (ma non rappresentanti), mentre il 17,8% non è né iscritta/o né rappresentante. Emerge la minore presenza delle donne come rappresentante, pur considerando che la quota di non iscritte è simile a quella maschile. Emerge la minore incidenza di iscritti e rappresentanti tra le lavoratrici/lavoratori fino a 34 anni.
La maggior parte dei rispondenti ha un contratto a tempo indeterminato full-time (70,1%), segue chi ha un contratto a tempo indeterminato part-time (16,6%) e infine chi ha un contratto atipico (13,3%), per lo più a tempo determinato (8,6%) e una quota minore con altra tipologia atipica (4,7%).
Tra i motivi del perché ci si iscrive al sindacato, al primo posto troviamo: “Perché ha un ruolo importante nell’affermare diritti e tutele per tutti” (42,3%); “Per tutelare i miei diritti come lavoratore (38%)”; “Perché fornisce servizi utili (11,4%); “Perché mi ha già aiutato a risolvere dei problemi” (8,3%). Tra le motivazioni di chi invece non si iscrive al sindacato, il 29,3% lo spiega con la mancata conoscenza dell’azione sindacale. “
il 62,8% dei rispondenti indica la contrattazione nazionale come primo livello di azione del sindacato, senza nessuna differenza tra iscritti e non iscritti. Segue la contrattazione aziendale/di secondo livello (46,5%), e la contrattazione di livello europeo e internazionale (33,4%). A tal proposito, nel rapporto si spiega che” i rischi e i timori legati al dumping salariale internazionale, all’imporsi delle multinazionali e alle delocalizzazioni si sono diffusi molto in questi anni, inducendo una parte della forza lavoro a ricercare forme di contrasto sovranazionali”.
Tra le richieste dei lavoratori Al primo posto si colloca il tema dell’inquadramento e della retribuzione, con la media 68% tra iscritti, non iscritti e rappresentanti sindacali. Al secondo posto c’è la formazione professionale (29,4%) e al terzo posto le stabilizzazioni. Seguono i carichi di lavoro (26%) e l’orario di lavoro (21,6%). Nell’interlocuzione con il governo, al primo posto sta nettamente l’aumento delle retribuzioni: lo chiedono ben due intervistati su tre. Infine i servizi: in testa alle preferenze si piazzano l’assistenza legale nelle vertenze (45,1%) e l’assistenza per il reinserimento lavorativo (44,7%).
e.m.