Il rapporto pubblicato oggi a Bruxelles dalla Commissione Ue su “Occupazione e sviluppi sociali in Europa” evidenzia una nuova frattura, questa volta sul lavoro, in seno alla zona euro fra il Nord (Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Olanda) e il Sud, con uno scarto nel tasso di disoccupazione medio fra le due aree aumentato da zero a 7,5 punti percentuali fra il 2007 e il 2011, dopo essersi ridotto da 3,5 a zero punti fra il 2000 3 il 2007.
Mentre il tasso dei senza lavoro nell’Eurozona ha toccato un nuovo record con l’11,8% a novembre, secondo i dati Eurostat diffusi oggi (con 113.000 disoccupati in più rispetto a ottobre e più di due milioni in più rispetto al novembre 2011), è sempre più evidente che la crisi ha effetti asimmetrici sui sistemi sociali dei diversi paesi, e le divergenze fra i due gruppi di Stati membri stanno aumentando, invece di diminuire, come era nelle intenzioni iniziali del progetto unione monetaria, basato sul postulato della convergenza delle economie partecipanti.
D’altra parte, va ricordato che il padre dell’unione monetaria, l’ex presidente della Commissione Jacques Delors, aveva cercato invano di far adottare proprio il tasso di disoccupazione fra i cosiddetti parametri di Maastricht (inflazione, tassi d’interesse, tassi di cambio, deficit e debito pubblici) per la partecipazione all’euro.
Per la Commissione, “questa tendenza sottolinea l’urgenza di predisporre un sistema più efficace di stabilizzazione macroeconomica”, una questione al centro dell’attuale dibattito sulla trasformazione dell’unione per ora solo monetaria in una vera e propria unione economica fondata su solide basi.
Fra il 2009 e il 2011, rileva il rapporto, i redditi lordi disponibili per le famiglie sono diminuiti in due terzi dei paesi dell’Ue, e soprattutto in Grecia (-17%), in Spagna (-8%), Cipro (-7%), ed Estonia e Irlanda (-5%). In Italia la riduzione è stata di poco meno del 2%. (LF)
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