Il declino del sindacato è dietro l’angolo. O è in grado di recuperare i valori forti della sinistra o è destinato a subire un’eclisse. Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, ex comunista, ex di Rifondazione, da qualche anno guarda con attenzione e vota il Movimento 5 Stelle. Capisce la fragilità di questo movimento, ma vi vede un’attenzione e un rispetto verso il lavoro che altri partiti hanno perso. E vede molta vicinanza tra le posizioni del Movimento e quelle del sindacato, specie della Fiom, che dal 1994 ha abbandonato l’idea del partito amico. Siamo un soggetto indipendente, afferma, dobbiamo guardare a tutti, capire chi sostiene le nostre tesi.
Rappa, come è iniziato il suo rapporto con il Movimento 5Stelle?
È stato un processo lungo. Tutto nasce nel 2012. Io ero segretario nazionale della Fiom, ma avevo anche la responsabilità dell’organizzazione in Sicilia. In quell’anno c’erano le elezioni nell’isola e noi della Fiom organizzammo un convegno importante sul futuro dell’industria siciliana. Tutti i partiti erano invitati e tutti vennero. Facevano il loro intervento e subito se ne andavano. Giancarlo Cancellieri, capogruppo 5S all’assemblea regionale, che faceva il magazziniere in un’azienda di Caltanissetta, invece si fermò, stette lì tutta la mattina, ci ascoltò, cercò di capire. E subito cominciò un rapporto di confronto con noi.
È stato sufficiente?
È stato il primo passo. Dopo un mese ci furono le elezioni politiche nazionali e anche lì partì un confronto tra noi della Fiom e tutte le forze politiche. La scena era sempre la stessa. Tutti parlavano distrattamente e poi se ne andavano, quelli del M5S restavano, cercavano di capire cosa dicevamo e cosa volevamo. Nel loro atteggiamento c’era rispetto. Poi, certo, quello è un mondo dove c’è tutto e il contrario di tutto, ma quell’elemento era importante per noi. L’attenzione, il rispetto.
Vi bastava?
Per capirci bisogna tener presente che la Fiom dal 1994, quando facemmo un famoso convegno a Maratea, ha affermato con chiarezza che il sindacato, o almeno noi della Fiom, non abbiamo e non dobbiamo avere un partito amico, un partito di riferimento. Non lo è certo il Pd, che da sempre ha messo al centro della propria azione l’impresa. Tutti i provvedimenti presi, fino a Renzi, tutti hanno al centro l’impresa, mentre il lavoro è visto come una merce, e questo fa solo crescere le differenze, chi è povero diventa ancora più povero.
E il M5S è diverso?
Piaccia o no, con tutte le loro articolazioni, questo è un Movimento, oggi più un partito, che sta sul territorio, con la gente. Hanno un loro insediamento sociale, non c’è solo la rete. E cercano di innovare. Prenda il principio di autorizzare per ognuno solo due mandati. Un messaggio preciso, non distante da quello che facciamo noi, per cui una persona può stare in una precisa collocazione nell’organizzazione per un massimo di otto anni, due mandati congressuali.
Naturalmente non vi colpisce il fatto che il voto operaio vada verso di loro in maniera massiccia.
No, perché se una persona su tre vota 5S, è chiaro che c’è di tutto, non è solo popolo bue. E poi, ripeto, alcune loro parole d’ordine sono anche nostre. Come per il reddito di cittadinanza. Tra lavoro e reddito, noi siamo per il lavoro, non c’è dubbio, ma se non c’è lavoro, e il sistema di ammortizzatori sociali è stato smantellato, il reddito lo devi garantire, devi dare un sostegno.
Resta il fatto che per il Movimento 5S il sindacato è una sovrastruttura da eliminare.
La prima cosa da dire è che c’è sindacato e sindacato. Noi siamo contro la disintermediazione, quello che conta è il confronto. Adesso abbiamo la nostra Carta dei diritti, su quella ci confronteremo. Sempre partendo dal presupposto che il sindacato è un soggetto indipendente, e per questo non scompare: perché risponde alla necessità di rafforzare i lavoratori, altrimenti deboli se da soli si devono confrontare con l’impresa.
Che ruolo spetterebbe al sindacato?
Quello di rappresentare i lavoratori. Noi siamo molto rappresentativi, dove ci siamo. Poi ci sono quelli che non riusciamo a rappresentare, i precari, le partite iva, su queste dobbiamo concentrarci. A questo serviva la Coalizione sociale lanciata da Maurizio Landini: doveva rafforzare il sindacato in questi settori, facendolo diventare più rappresentativo. Del resto, la gente non sa nemmeno cosa sia il sindacato. Mio figlio pensava che io fossi una specie di parastatale, ho dovuto spiegargli che lo stipendio me lo pagano i lavoratori.
Non c’è il pericolo che i vertici dei 5S non siano capaci di governare?
Il rischio degli apprendisti stregoni è sempre presente, ma non è che chi ci ha governato finora abbia fatto proprio bene. Renzi a casa ha portato pochino. Il pericolo vero è quello che accade in Sicilia, dove dei 70 membri dell’Assemblea regionale 10 sono già inquisiti e due agli arresti domiciliari.
Ma i valori della sinistra che fine fanno?
Io mi considero non un migliorista, ma certamente un riformista. Penso che si debba cambiare con gradualità. E i valori della sinistra vanno recuperati e difesi. Valori che sono nella nostra Carta, adesso li si deve rendere attuali. La Dc questo faceva, era un partito interclassista, lavoro e impresa, e cercava una mediazione tra i diversi interessi. Il sindacato non deve costruire un partito, deve solo portare avanti quei diritti ponendosi obiettivi di lungo periodo. Lo può fare. La Cgil lo può fare.
Ma il sindacato è in grado di farlo, può essere capace di recuperare quei valori e portarli avanti?
Deve esserlo. L’alternativa è una sola, il declino.
Massimo Mascini