Il diario del lavoro ha intervistato il presidente di CIMO Guido Quici, per chiedergli il perché della mancata firma al recente contratto nazionale dei medici e dei dirigenti del Servizio sanitario nazionale, siglato il 24 luglio scorso.
Quici, come si sono svolte le trattative per il rinnovo del contratto?
Erano le due di notte quando abbiamo finito e le altre parti firmato. L’intensità dei lavori era altissima, sono state 48 ore di fuoco, con 4 o 5 testi del contratto revisionati ognuno da 180 pagine e fisicamente non c’era il tempo di leggerli a fondo e di approfondire tutti i singoli punti. Sono molto arrabbiato, ho fatto anche una diffida al presidente dell’Aran per le modalità con cui si è affrontato il tavolo. Il giorno dopo, il presidente sarebbe ed è diventato giudice della Corte dei Conti e quindi molti avevano interesse a chiudere la trattativa a tutti i costi prima della scadenza del suo mandato.
Quanto tempo sarebbe servito per riprendere il tavolo della trattativa?
Secondo me anche una settimana andava bene. Stavamo a buon punto per quanto ci riguarda perché siamo riusciti a sminare una serie di trabocchetti messi dalle Regioni.
Che genere di “trabocchetti”?
Partiamo dal fatto che il finanziamento del servizio sanitario nazionale comprende il costo del personale. Ogni anno ci sono stati incrementi di circa un miliardo di euro, ed è ricompreso il finanziamento dei rinnovi contrattuali che devono essere accantonati dalle Regioni. Ma negli ultimi anni, le Regioni non solo ci hanno guadagnato perché mentre passavano gli anni non assumevano e quindi risparmiavano sul costo del personale; ma hanno utilizzato le risorse del contratto dei medici, soprattutto verso il 2018, per comprare vaccini o farmaci innovativi. Quindi non li hanno accantonati.
Come avete reagito?
Abbiamo segnalato questi mancati accantonamenti alla Corte dei Conti di ogni Regione, inviato una denuncia alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, avviato una class-action e altre iniziative. Alla fine, le risorse sono arrivate, anche se lievemente inferiori a quelle previste. Insomma, ci abbiamo messo 15 mesi per recuperare la parte economica, senza la quale non potevamo assolutamente fare il contratto, ma ci sono state concesse solo 48 ore per chiudere un contratto del genere la cui normativa è di una pericolosità unica.
Perché?
In questi anni c’è stata una grave carenza di personale e con questo contratto vogliono tentare di migliorare la situazione, ma penalizzano la qualità del lavoro dei medici con ripercussioni sulla sicurezza delle cure.
Ad esempio?
La pronta disponibilità è stata modificata. Fino a oggi può essere disponibile esclusivamente la notte e nei giorni festivi. Con il nuovo contratto hanno prima tentato di scrivere “di norma” per consentire il ricorso alla pronta disponibilità in modo più esteso (pomeriggio o mattino), poi alla fine hanno inserito questo punto nella trattativa aziendale. Ora, proviamo a immaginare un’azienda con un direttore generale che a sua discrezione decide di mettere la pronta disponibilità il pomeriggio o la mattina. Che significa questo? Che la struttura sanitaria tenderà a non assumere personale, perché tanto il medico è a disposizione anche da casa. E la qualità delle cure cala.
I sindacati aziendali però potrebbero rifiutare queste decisioni in sede di trattativa.
Si, ma onestamente gli aziendali sono fortemente condizionati dal proprio Direttore Generale; basti pensare a possibili ricatti sulla carriera per cui potrebbe diventare molto complessa la trattativa. Spesso, se c’è un segretario aziendale molto bravo, preparato e che ha la giusta grinta, allora riesce ad ottenere qualcosa. Altrimenti, nella realtà di tutti i giorni diventa difficile.
La contrattazione decentrata ha assunto un peso maggiore rispetto al contratto precedente?
Si, è stata molto svilita la contrattazione nazionale a favore di quella periferica. Molto è stato spostato su una sorta di trattativa regionale sulle grandi tematiche e molto sulla trattativa decentrata. Quindi si riduce notevolmente il peso del contratto nazionale, e ci troveremo con uno scenario già presente ma molto più accentuato: 20 sanità regionali diverse, con autonomie differenziate e conduzioni regionali e aziendali diverse. Inoltre, proprio sulla contrattazione si è modificato il modo di condurre le trattative, sostituendo la concertazione con un nuovo istituto, il cosiddetto “confronto”.
In cosa consiste?
Di norma, il sindacato chiedeva un incontro di concertazione su alcune tematiche, come i piani di emergenza o gli affidamenti degli incarichi. L’amministrazione, entro 48 ore, doveva attivare il tavolo ed entro 30 giorni si chiudeva il tavolo con un verbale, che poteva essere di accordo o mancata concertazione. Adesso, invece, al posto della concertazione ci sarà questo “confronto”: l’azienda diffonderà una informativa e, se riguarderà un argomento previsto dal contratto come materia di confronto, i sindacati potranno chiedere il tavolo entro 10 giorni, altrimenti varrà il silenzio assenso. Nel caso avvenisse il confronto, il tavolo durerà al massimo 30 giorni e si chiuderà con una breve sintesi ma, attenzione, non con un verbale.
Esiste una differenza tra il verbale e questa sintesi?
Si, perché dal tavolo non si produrrà un verbale preciso e puntuale, con le posizioni dettagliate di tutte le parti presenti, ma solo una semplice sintesi di quello che si è detto. Insomma, non serve a niente. Nella pratica, succederà che al tavolo Tizio dice questo, Caio quest’altro, ma tanto decide sempre l’amministrazione. In sanità, la concertazione portava a un verbale che poteva essere portato davanti a un giudice ed essere oggetto di un contenzioso eventuale e riguardava soprattutto i piani di emergenza. Mai come in sanità, i piani di emergenza sono fondamentali, perché assicurano per esempio la dotazione minima organica all’interno del pronto soccorso, delle rianimazioni, e così via. Questo è uno dei motivi per il quale non abbiamo firmato.
Ci sono altri motivi che vi hanno spinto a non firmare l’accordo?
Nel contratto ci sono 95 disapplicazioni. Significa che si disapplicano 95 punti del vecchio contratto ed è evidente che ogni articolo e comma cancellato deve essere esaminato a fondo. Ma non ci hanno dato il tempo materiale, solo 48 ore, ed era una impresa impossibile.
Sulla questione delle carriere le parti si sono dette molto soddisfatte, qual è la vostra posizione?
Qui la situazione è ancora peggiore. Premetto che come CIMO abbiamo sempre sostenuto la distinzione che è stata fatta, cioè una carriera prevalentemente gestionale e una professionale, e fin qui tutto bene. Il problema è che hanno individuato l’altissima e alta professionalità senza un identikit chiaro. Non esiste, infatti, una distinzione netta tra il medico o il sanitario.
Potrebbe fare un esempio?
Per me l’altissima professionalità potrebbe essere un chirurgo della mano, che magari non riesce a fare il primario ma è comunque molto bravo, con una casistica operatoria notevole e persone che arrivano dalla lontana provincia pur di farsi operare da lui. Ma se diamo una definizione generica e burocratese del concetto, si lascia libero arbitrio al direttore generale di scegliere chi vuole, avviando carriere professionali anche a chi non ha i requisiti. Inoltre, questo sistema andrà a creare del conflitto interno tra i vari medici. La questione è molto delicata, perché tenga presente che nell’altissima professionalità sono il 3% di questi incarichi e alta sono il 7%. Quindi, proprio perché sono pochi è necessaria una adeguata selezione.
In che modo si potrebbe aumentare l’accuratezza nella selezione?
Questo che sto per dire è un concetto antisindacale ma io ci credo: bisognerebbe creare una sorta di scheda curricolare per ogni medico. Questa scheda dovrebbe contenere: quale e quanta formazione ha fatto e continua a fare il medico, la sua casistica, che tipo di ricoveri, in che tipo di ospedale opera, se la struttura è grande o piccola, e così via. In questo modo si blinda il direttore generale nelle scelte e quando farà la comparazione delle schede, avrà dei dati precisi su cui appoggiarsi. Inoltre, dovrà spiegare perché un collega può fare o meno quella determinata carriera. Insomma, non si alzerà una mattina per scegliere a caso o perché ha delle simpatie sui medici con gli occhi azzurri.
Prima com’era la situazione in merito agli incarichi?
Questi livelli prima non c’erano, sono stati introdotti con questo contratto. Poteva andare pure bene, è questo il mio rammarico. Se ci fosse stato più tempo e si approfondiva questo ed altri temi, la nostra posizione sul contratto sarebbe diventata meno rigida. Anche il tema della difesa legale dei medici, ora è più problematico.
Che cosa è cambiato?
Poniamo che un medico riceva un avviso di garanzia e quindi abbia bisogno di un legale. Prima, l’amministrazione metteva a disposizione un proprio legale e il medico poteva scegliere se accettarlo oppure scegliersene uno di fiducia; se vinceva, il medico riceveva un rimborso da parte dell’amministrazione per le spese legali. Adesso, se il medico sceglie il proprio legale, l’amministrazione può autorizzarlo o meno. Ovviamente, il medico ha sempre diritto di scegliersi il legale ma se non è stato autorizzato e vince la causa, l’amministrazione non gli riconosce le spese legali.
Basterebbe che il medico accettasse il legale suggerito dall’amministrazione…
Il medico deve necessariamente scegliere un suo legale di fiducia, perché l’85% delle cause sono legate a problemi organizzativi. Se l’amministrazione fornisce il proprio legale, quest’ultimo è molto probabile che faccia gli interessi dell’amministrazione dal quale riceve il compenso, non del medico che andrà a difendere.
Qual è un altro punto del contratto che reputate problematico?
È la modifica dei 3 fondi del nostro settore. Questi tre fondi erano per i medici veterinari, per i dirigenti sanitari e per i dirigenti infermieristici, quest’ultimo è una nuova figura professionale. Hanno unificato i tre fondi in un fondo unico, creando di fatto una carriera unica.
In che senso?
Il contratto permette che l’incarico come altissima o alta professionalità o struttura complessa può essere dato a un medico come a un biologo, farmacista, infermiere, a seconda delle esigenze dell’azienda. Quindi non c’è più una carriera dei medici separata dalle altre. Per noi che siamo un sindacato che si occupa di soli medici è un nodo politico non di poco conto. Ma la vera gravità è che questo fondo unico è finanziato dal 90% dai soldi dei medici e solo il 10% dagli altri due.
Cosa comporta?
Se esce un medico e poi viene sostituito da una professione non medica, oppure si tenta di far avanzare in carriera un non-medico, andando ad attingere a quel fondo unico, è chiaro che di fatto si prendono i soldi storici dalla professione medica. Per cui la visione generale di questo contratto è la seguente: medici, farmacisti, biologi, chimici e dirigenti infermieristici sono tutti uguali. Per noi non va bene.
Perché?
Un medico realizza diagnosi, terapia, prevenzione e quindi ha problemi legati alla responsabilità professionale maggiori rispetto al farmacista o al biologo. Prendiamo il chirurgo: non può essere equiparato a un dirigente infermieristico perchè, con tutto il rispetto, sono due professioni completamente diverse. Il dirigente infermieristico ha compiti gestionali, il primario chirurgo entra in sala operatoria. Io penso che chi lavora alle direzioni sanitarie generali dovrebbe avere una retribuzione più bassa rispetto a un cardio-chirurgo. La CIMO ha comunque sminato molti punti del contratto, anche se il nostro contributo non si vedrà mai perché non abbiamo firmato. Ma non importa, abbiamo fatto il possibile.
C’è qualcosa di positivo che portate a casa?
Certamente, ed è tutto il caparbio lavoro grazie al quale molti dettagli rischiosi sono stati arginati o cancellati. E poi l’aver fatto proposte che si sono rivelate vincenti per tutti, come l’inserimento di una indennità di posizione in ingresso di 1.500 euro l’anno per i giovani medici ai primi 5 anni di esperienza. Prima non avevano nulla. All’inizio della trattativa, ARAN ci aveva proposto – tabelle alla mano – una indennità di ingresso di 0 euro per i medici, di 303 euro per i sanitari e di 728 euro per i dirigenti delle professioni sanitarie. Tempestivamente CIMO ha comunicato anche a mezzo stampa per denunciare l’evidente sperequazione e abbiamo sostenuto con qualche altro sindacato la nostra posizione al tavolo della trattativa. Poi c’è stata la rincorsa di tutti per ottenere questo riconoscimento e trasformarlo in un successo. Ma questa è un’altra storia.
Emanuele Ghiani