“La vita non è vivere, ma vivere in buona salute” lo sosteneva il poeta Marziale. Niente paura era un antico romano e per giunta un fine umorista. Del resto, i riferimenti all’attuale disastro della Sanità italiana non potrebbero poggiare sull’ironia semmai su humor nero, anzi nerissimo.
Dopo la pandemia ci si sarebbe aspettati un profondo ripensamento sull’intero sistema sanitario. Invece si procede senza tener conto dei nodi sensibili da affrontare come priorità ed anzi si punta verso una sciagurata autonomia differenziata.
Agli albori dello Stato Unitario, nel 1865, la sanità fu affidata al Ministero dell’Interno, polizia sanitaria insomma. C’è il rischio che una tale mentalità si riaffacci anche nel terzo millennio mentre la sanità privata occupa spazi sempre più consistenti. E con il sostegno della autonomia differenziata disegna una nuova, ingiusta, demarcazione fra un sistema che offre garanzie ed uno che invece rappresenta un nuovo esempio di marginalità e di diseguaglianza. Come se ne avessimo bisogno.
Vale la pena di ricordare inoltre che la solidarietà proposta dalla sinistra e dal movimento operaio ha preceduto sempre progetti di riorganizzazione sanitaria degne di un Paese civile. Basta pensare alle società di mutuo soccorso per arrivare allo Statuto dei diritti dei lavoratori ed alla riforma della sanità negli anni ’70, resa possibile da un forte ed ampio movimento riformatore nel quale sindacati e forze sociali ebbero un ruolo essenziale.
Oggi, non a caso, è il mercato che detta legge e il riformismo di sinistra non appare in grado come su altri problemi, la sicurezza sul lavoro, ad esempio, di esprimere una sua cultura, una proposta condivisa, la capacità di contrastare almeno con decisione la deriva del nostro sistema Sanitario. Forse anche perché il neoliberismo ha intaccato i suoi riferimenti culturali e politici.
Ma è un mercato scriteriato, ed è un sistema sanitario pubblico che non ha nel frattempo risposte convincenti alle sue situazioni di crisi. Lo scenario peggiore. Non fa sorridere infatti il richiamo di un leader della opposizione che sottolinea come la gente voglia una sanità territoriale di migliore qualità, quando invece i comportamenti delle élite di sinistra finora non hanno lasciato traccia su questo terreno. Eppure, le urgenze da affrontare sono tali da creare forte disagio nella nostra società: pochi medici e numero chiuso nelle Università, non pochi “pronto soccorso” ormai sono diventati persino un rischio di contrarre nuovi mali per le persone malate che si rivolgono necessariamente a loro, le liste di attesa sono fonte di disperazione per chi si rivolge ad esse. E gli investimenti, al di sotto dei parametri dei Paesi europei più attrezzati, continuano a diminuire. La triste vicenda del Mes stessa con i rinvii ripetuti per non turbare la attuale maggioranza, ma che ha registrato indecisioni di ogni tipo completa un quadro nel quale emerge una sola verità: la sanità continua a vivere alla giornata. Con il Mes poi si sfiora il grottesco: si sostiene che è debito da ripagare, ma si dimentica che la grande parte dei contributi europei iscritti alla voce Pnrr sono anch’essi prestiti da restituire, visto che quelli a fondo perduto sono solo un’ottantina, sempre che si riescano a spendere. E la…fetta delle risorse per la sanità anche nel Pnrr è al di sotto della decenza.
Lo Stato italiano, a quanto pare, spende pro-capite poco meno di duemila euro per la salute dei suoi cittadini, ma un cittadino italiano spende più di duemila euro per trovare rifugio nella sanità privata. L’Ocse ha tirato le orecchie all’Italia sostenendo che dovrebbe spendere almeno 25 miliardi in più all’anno per la tenuta del suo sistema. La risposta sta nel rapporto con il Pil: si scende al 6,5% nell’anno in corso per poi planare al 6,1% nel 2025. Parlare di prospettive a questo punto sarebbe una solenne presa in giro. Ma anche i numeri del personale della sanità sono la spia di un sistema in sofferenza: le assunzioni durante il periodo più critico del Covid sono state in gran parte a termine, molti giovani prendono la via dell’estero alla ricerca di gratificazioni maggiori, la questione salariale non trova soluzioni. Proporre una svolta equivale a questi punto a chiedere che almeno si inizi a fare qualcosa. Il realismo impone una tale considerazione. Eppure, c’è da temere che i 20 mila medici che mancano di cui poco meno di 5.000 nei reparti ospedalieri continueranno a latitare. Stessa storia per gli infermieri. Ed è inutile illudersi: anche se si varasse una norma ancora più restrittiva sui tempi di attesa, cadrebbe nel vuoto. Il sistema attuale non lo reggerebbe.
Ma non è finita: la prevenzione in questo scenario resta per lo più una parola, la assistenza domiciliare o in strutture attrezzate bussa spesso inutilmente a cassa; al massimo arrivano briciole.
Le distorsioni della sanità stanno insomma creando un vero e proprio percorso parallelo di offerta sanitaria privata che comporta a sua volta dei problemi: non è alla portata delle famiglie meno abbienti, di vasti territori, specie al sud, non offre le stesse garanzie della sanità pubblica. Inoltre, non è un sistema, è mercato. Non solo ma se ricordiamo la fine delle Casse mutue del passato, non possiamo dimenticare che comunque la sanità privata offre il fianco a fallimenti prevedibili sempre che non alzi il costo delle sue prestazioni ancora di più, restringendo nuovamente il bacino di utenza.
Come risponde la politica? Finora non c’è alcun segnale effettivo di ripensamento. Ci si trincera dietro il fatto che una parte consistente della Sanità pubblica, malgrado tutto, offre il massimo impegno possibile. Ma non è una scelta virtuosa dello Stato…La destra italiana pare orientata, sempre che tenga a lungo, a conciliare liberismo e conservatorismo. Ricetta antica che poteva essere spesa in società chiuse e provinciali, ma che fa acqua da tutte le parti in un mondo come il nostro. La reazione delle opposizioni la si potrebbe, ad essere malevoli, condensare nella osservazione che i leader di sinistra si sono recati alla manifestazione della Cgil più per trovare un riconoscimento che per dimostrare di essere in grado di esercitare un ruolo. Si chiede “protezione” quando invece è tempo di organizzare un…pensiero politico in grado di incidere.
In ordine sparso comunque si offrirà solo tempo alla sanità privata di rendere irreversibile una situazione che già nel presente si mostra evoluta a favore del business e molto meno a confermare il dettato costituzionale. Ed invece pretendere che alcuni nodi della attuale emergenza siano sciolti sarebbe fondamentale: sospensione del numero chiuso, commutare le assunzioni a termine, riconoscere meglio la professionalità, imboccare una…terapia d’urto su liste di attesa e situazione dei pronto soccorso. Ma soprattutto non far passare nel Paese la logica della autonomia differenziata che diventerà presumibilmente il cavallo di Troia della crescente affermazione della sanità privata.
Occorrerebbe insomma aprire un grande confronto di merito nel Paese con il coinvolgimento di tutte le forze sociali più rappresentative. Muoversi con coraggio, con una forza propositiva nuova, con la convinzione che l’opinione pubblica su questo terreno potrebbe davvero essere favorevole ad un profondo cambiamento di registro nella sanità italiana.
Anche perché, questo stato di cose rende davvero impossibile tornare a…Marziale.
Paolo Pirani – Consigliere Cnel