Gli accordi firmati in questi giorni da Cgil, Cisl e Uil, il primo con il sistema artigiano, il secondo con la Confcommercio, che seguono di pochi mesi una intesa analoga stretta con Confapi, rappresentano una grande novità per il mondo del lavoro, che in misura notevole rompe gli schemi che hanno retto per tanti anni. Per il contenuto di questi accordi, ma soprattutto per la qualità delle parti che li hanno sottoscritti.
Il dato più rilevante, che balza agli occhi, è che su una materia così importante come la struttura della contrattazione le confederazioni sindacali abbiano firmato un’intesa con diversi soggetti importanti delle relazioni sindacali, ma senza la Confindustria. Il dialogo con gli industriali ha subito varie vicissitudini, ma al momento è ancora fermo al palo. Vincenzo Boccia si è incontrato più volte con i vertici del sindacato, ma il confronto vero non ha preso il volo. Le ragioni di questo ritardo non mancano: prima c’è stata la lunga vicenda del cambiamento del presidente di Confindustria, poi la complicazione del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Forse ha influito anche il fatto che non esisteva una posizione precisa nella quale si potesse identificare tutto il mondo dell’industria. Fatto sta che, nel frattempo, le altre organizzazioni datoriali hanno cominciato a parlarsi subito dopo che Cgil, Cisl e Uil a gennaio scorso avevano messo a punto il loro documento, non hanno subito interruzioni, alla fine sono arrivate alla firma.
Ma questa è davvero una rivoluzione, perché mai commercianti e soprattutto artigiani in altri tempi avrebbero fatto una cosa del genere. Sarebbero stati i sindacati per primi a non osare un passo del genere. Le relazioni industriali, lo dice la parola stessa, sono sempre state appannaggio in primo luogo della Confindustria, che al massimo lo condividevano con le associazioni delle imprese a partecipazione statale quando queste esistevano, Intersind e Asap. Ma uno “sgarbo” del genere da artigiani e commercianti era impensabile.
E invece è avvenuto. Confindustria deciderà il da farsi per conto suo, senza porsi troppi problemi per il fatto che queste altre associazioni sono arrivate prima, ma il fatto la dice lunga sulla distribuzione del potere all’interno del fronte imprenditoriale. Confindustria subisce il peso di un appannamento che sta durando da un po’ troppo tempo, causato da una serie di fatti e avvenimenti. Nulla di irreparabile, ma è bene che anche la confederazione degli industriali prenda atto di questa diversa realtà che si è venuta a creare per poter intervenire di conseguenza.
Tuttavia, questi accordi sono importanti anche per altri motivi. Innanzitutto, dimostrano una forte vitalità dei corpi intermedi. Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli attacchi alle rappresentanze, i governi hanno fatto morire la concertazione, è cresciuta l’idea malsana che fossero solo impalcature del passato senza vera finalità sociale di valore. Residui del passato, per lo più. Beh, hanno dimostrato che non è così, che sono organizzazioni vitali, in grado di prendere decisioni importanti per il loro futuro e per il bene del paese. Organizzazioni che non a caso, come è scritto nei due accordi, affermano la volontà di partecipare alle decisioni di fondo di questo paese, perché le forze che rappresentano sono fondamentali. Un dato di fatto importante, da non sottovalutare assolutamente.
Ed è rilevante che a compiere questo passo, decidendo le regole secondo le quali svolgere il loro mestiere più rilevante, quello della contrattazione, siano state le rappresentanze delle imprese minori. Il primo accordo, già a giugno, lo ha sottoscritto la Confapi, adesso si sono aggiunti gli Artigiani e i Commercianti. Ossia la rappresentanza della piccola impresa, che peraltro ha imparato a fare rete, a pensare in grande, e che comunque non vuole più essere assoggettata a Confindustria.
Un altro aspetto importante è che con questi accordi il sindacato ha definitivamente preso atto, fino appunto a scriverlo nero su bianco e a sottoscriverlo, che la ricchezza si distribuisce solo se prima la si produce. Il salario variabile indipendente è venuto meno da tanto tempo, ma adesso il concetto è sempre più nitido, e negli accordi si e’ scritto che la contrattazione è uno strumento per crescere.
I sindacalisti lo hanno sempre saputo e praticato che la contrattazione è l’arma per migliorare, ma questo ragionamento adesso si è arricchito e strutturato ed è un fatto rilevante. Come anche è importante che si sia rovesciato il rapporto tra contrattazione e rappresentanza. Finora si è sempre agito nel presupposto che è rappresentativo chi firma gli accordi. Sottoscrivo un accordo, quindi esisto. Adesso la musica è cambiata: è chiaro a tutti che prima si deve dimostrare di essere rappresentativi, e solo dopo si può accedere alla contrattazione.
E, altro aspetto di massimo rilievo, questo varrà sempre di più per le rappresentanze del lavoro, ma anche dell’impresa. Le quattro associazioni artigiane e la Confcommercio hanno acconsentito a varare strumenti per misurare anche la loro stessa rappresentatività. E questo sarà uno strumento in più per evitare contratti pirata e dumping salariale, realtà che purtroppo, complice anche il frazionamento della rappresentanza imprenditoriale, è una realtà sempre più diffusa.
Infine, c’è da sottolineare l’attenzione che le parti hanno attribuito alle pratiche della bilateralità, sempre più rilevanti e sempre più centrali per la soddisfazione dei bisogni espressi sia dai lavoratori che dalle imprese. Ed è stato indicato che per questa strada si può approdare con successo anche alla partecipazione. Non capitava spesso di sentire artigiani e commercianti che lodavano la partecipazione e manifestavano interesse a praticarla. Davvero forse qualcosa è cambiato nel profondo del mondo del lavoro. Ed è cambiato in meglio.