Il Tribunale ha rigettato la domanda di risarcimento ma la Corte di Appello l’ha accolta: la Corte di Appello ha dichiarato la responsabilità esclusiva dell’azienda nella causazione dell’infortunio sul lavoro, condannandola al risarcimento del danno non patrimoniale differenziale nell’importo di euro 907.283 oltre accessori, previa detrazione dell’acconto di euro 660.000 già ricevuto dalla compagnia di assicurazione dell’azienda.
La responsabilità dell’azienda è stata ritenuta sussistente sulla base delle sentenze penali che sono intervenute sulla vicenda, delle testimonianze rese dagli ispettori che sono intervenuti sul luogo dell’infortunio, dei documenti contabili raccolti. La sentenza ha ritenuto, inoltre, che il lavoratore infortunato (precipitando dal tetto di un capannone nel corso di un sopralluogo, procurandosi gravissime lesioni) all’epoca dei fatti rivestisse solo formalmente la qualifica di subappaltatore, essendo in realtà privo di autonomia ed a disposizione della ditta subappaltante, in violazione del divieto di intermediazione illecita di manodopera, così da considerarsi dipendente dell’azienda appaltatrice principale che ne utilizzava effettivamente le prestazioni. La sentenza ha configurato la responsabilità esclusiva dell’azienda appaltatrice principale nella causazione dell’infortunio per violazione della normativa antinfortunistica (omissione di predisposizione di idonei presidi collettivi ed individuali contro le cadute dall’alto, omissione di accertamento che la copertura del capannone avesse resistenza sufficiente per sostenere il peso del lavoratore, mancata informazione del lavoratore sui rischi specifici connessi all’attività da svolgere), violazione del principio generale di cui all’art. 2087 c.c.; di conseguenza, ha condannato il datore di lavoro al risarcimento del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psicofisica riportata in conseguenza di un infortunio, liquidato come danno differenziale tra l’importo dovuto nell’ambito dell’ordinaria responsabilità civile quantificato in base alle tabelle del Tribunale di Milano del 2014 e l’importo già corrisposto o da corrispondere da parte dell’INAIL a titolo di indennizzo per danno biologico temporaneo e permanente.
L’azienda ha proposto ricorso in Cassazione offrendo una diversa ricostruzione dell’evento dannoso che la scagionerebbe da ogni responsabilità.
La Corte di Cassazione, però, nel rigettare il ricorso dell’azienda, ha ribadito che i fatti di causa erano quelli ormai definitivamente accertati dalla Corte di Appello. Una diversa ricostruzione dei fatti stessi per pervenire ad una diversa decisione sulla controversia così come richiesto dall’azienda è inammissibile.
Per la Corte di Cassazione, inoltre, “la sentenza impugnata risulta conforme alla giurisprudenza della Corte “ tanto in tema di responsabilità del datore di lavoro,
quanto di valutazione della condotta del lavoratore; sotto il primo profilo, è stato di recente ribadito che la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, sorge non soltanto in caso di violazione di regole di esperienza o di regole tecniche già conosciute e preesistenti, ma sanziona anche l’omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, di tutte le misure e cautele idonee a preservare l’integrità psico-fisica del lavoratore in relazione alla specifica situazione di pericolosità, inclusa la mancata adozione di direttive inibitorie nei confronti del lavoratore medesimo; sotto il secondo profilo, si osserva che, in tema di infortuni sul lavoro, il cosiddetto rischio elettivo, che comporta la responsabilità esclusiva del lavoratore, sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, sulla base di una scelta arbitraria volta a creare e ad affrontare, volutamente, per ragioni o impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa, creando condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere e ponendosi, in tal modo, come causa esclusiva dell’evento dannoso (Cass. n. 3763/2021; cfr. anche, sulla nozione di rischio elettivo che esclude la cd. occasione di lavoro, la considerazione della sola condotta del lavoratore avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa, tenuta volontariamente in base a ragioni e motivazioni personali).”
Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza numero 171 Data pubblicazione: 04/01/2023.
Biagio Cartillone