Massimo Pozzi è diventato da qualche giorno segretario generale della Cgil Piemonte, prendendo il posto di Alberto Tomasso che ha lasciato l’incarico con un paio di anni in anticipo una volta entrato in quiescenza. Pozzi, alessandrino, ha idee precise sul suo ruolo e sul modo migliore per svolgerlo in una regione difficile come il Piemonte.
Pozzi come ha vissuto questa investitura?
Sono lusingato per la fiducia ottenuta dal gruppo dirigente della Cgil piemontese. Ma sono anche perfettamente conscio della responsabilità che mi è stata affidata.
Una responsabilità pesante anche nella considerazione del ruolo crescente che le organizzazioni regionali vanno assumendo.
Sì, è un ruolo che cresce perché cresce l’importanza dell’istituzione Regione. E le Regioni hanno un ruolo importante che deriva dalla funzione che svolgono. Non è una gestione di potere, è un affrontare problemi importanti e saperli risolvere. Spero proprio che il compito di realtà come quella che sono stato chiamato a dirigere non sia solo ripetere quanto arriva da Roma, perché diventeremmo presto inutili, mentre noi vogliamo dare un contributo con le specificità nostre. Vogliamo davvero aiutare la confederazione a prendere le sue decisioni.
Come si fa a svolgere in autonomia il suo lavoro?
Nel sindacato confederale, nella Cgil per parlare di noi, si sviluppano delle dialettiche che non sono sempre riconducibili alle maggioranza e minoranze congressuali. E si sviluppano in maniera differente proprio per questo. Io credo che se ci fosse un po’ più di libertà, se fosse possibile determinare maggioranze e minoranze legate non a posizioni politiche, ma sulla base della specificità del caso che si determina, questo ci aiuterebbe a fare un salto di qualità importante. Per tutti, non solo per la Cgil. Le discussioni che portiamo avanti sarebbero legate di più alla realtà in cui ciascuno vive, ci sarebbe maggiore aderenza alla realtà dei singoli problemi.
Quali sono i problemi che il Piemonte sta vivendo?
La nostra regione soffre nelle aree metropolitane per la crisi dell’industria, che non accenna a smettere. Pesa la condizione di coloro, e sono migliaia, che in questi mesi hanno potuto avere il sollievo dell’intervento degli ammortizzatori sociali, che però stanno per scadere. E in questo caso è scontata l’entrata nella povertà. Per, ripeto, migliaia di persone.
L’economia non trova sbocchi sostitutivi?
Abbiamo più turismo, abbiamo un’agricoltura d’eccellenza, ma non è così che si recuperano i posti di lavoro persi nell’industria. Servirebbe un intervento diverso della Regione, che dovrebbe riflettere un po’ di più sull’importanza di un suo maggiore impegno. Si è perso tanto, tanto si dovrebbe fare, e non si fa.
Il sindacato in questa sua azione si trova abbastanza unito e questo è già un fatto importante.
Siamo abbastanza uniti noi di Cgil, Cisl e Uil del Piemonte perché abbiamo lavorato in questo senso in questi anni, con grande attenzione. In anni difficili abbiamo riflettuto assieme, lavorato assieme, scioperato assieme. Perché noi partiamo dal presupposto che quando andiamo a confrontarci con l’istituzione, Regione o comune che sia, se non ti presenti unito non conti nulla. Con le istituzioni più che con un’azienda privata.
Le difficoltà della contrattazione vi hanno colpito?
E’ stato importante che si siano firmati alcuni contratti nazionali, come quelli dell’alimentare e della chimica perché abbiamo aziende importanti di questi due settori in Piemonte. Restano due pezzi importanti dell’industria. I metalmeccanici, naturalmente, che comunque hanno fatto un passo in avanti importante ricomponendo una posizione unitaria. E la grande distribuzione, che sta trattando da troppo tempo il rinnovo del contratto. Con la Confcommercio l’accordo è stato trovato, ma la grande distribuzione, le aziende entrate in Confindustria, non vogliono accettare gli stessi accordi. Per noi è un problema rilevante, il commercio in molte province è il secondo comparto economico, sono migliaia di persone senza contratto.
La Cgil ha avviato una grande iniziativa per varare un nuovo statuto dei lavori. Crede che in questo modo sarà possibile riavvicinare sindacato e lavoratori?
Credo di sì. Il primo impatto, una volta avviata la raccolta delle firme, è stato molto positivo. La gente ci critica, ma in questo caso ci riconosce e firma volentieri quello che offre la Cgil, senza legami con la politica. E’ un segno dell’incertezza in cui vive tanta gente, disillusa da questo governo.
Che problemi avete con la Fiat?
Problemi tanti, quello che ci preoccupa maggiormente è che a Mirafiori servirebbe l’arrivo almeno di un altro modello. I piani ci sono, servono fatti.
Massimo Mascini