Si ragiona di povertà, di ruolo dei nostri sindacati riguardo al tema, e perfino di sindacato dei poveri.
Le nostre confederazioni sindacali, che pure nella loro storia gloriosa hanno svolto ruoli fondamentali su questo problema (io stesso da bambino andavo in una colonia estiva organizzata dal patronato Inca-Cgil), oggi non sono fatte per affrontarlo.
Ben sappiamo che la tendenza spontanea del sindacalismo è la vocazione di ogni gruppo o categoria a mettere al primo posto i suoi problemi, rivendicazioni o pretese. Questa spontaneità ha da essere mitigata e condizionata da una direzione consapevole per disciplinarla e fare in modo che prevalga l’interesse generale e si metta al primo posto la condizione degli ultimi.
Per ottenere questo bisogna riconoscere l’esistenza di interessi immediati diversi e considerare fisiologico, nella vita democratica interna, la dialettica anche conflittuale tra questi interessi. Volendo l’aneddotica è sconfinata. Parlo del mio vissuto con un esempio. Il 30 maggio 2007 si era trovato un accordo per i dipendenti pubblici che sembravano essere, in quella fase, la principale preoccupazione dei nostri dirigenti confederali; taluni di loro si sono affrettati a dire che a seguire la priorità sarebbero stati i contratti dei metalmeccanici e degli alimentaristi. Si badi quello degli alimentaristi in scadenza al 31 maggio, mentre quello dei metalmeccanici al 30 giugno. Non una parola sul contratto delle imprese di pulimento: mezzo milione di addetti in regola e altrettanti in nero (prevalentemente donne e non pochi immigrati); scaduto da due anni. Una vicenda meritevole di piantarci una grana generale come pregiudiziale ad ogni relazione. Invece viene ignorata. Forse per insensibilità delle persone o per interessi strani? No. Niente di tutto questo. E’ che si ritiene di non dover temere che facciano i cobas oppure che tramite i loro rappresentanti negli organi confederali piantino grane interne alle organizzazioni (a parte qualcuno che ogni tanto rompe….). Tanto meno se la sentiranno di chiedere lo sciopero generale a loro sostegno come invece sanno fare categorie ben più forti e che potrebbero cavarsela da sole. E’ perfino difficile tentare coordinamenti tra i rappresentanti dei lavoratori delle ditte appaltatrici e quelli delle imprese appaltanti.
Insomma dentro le nostre confederazioni contano le categorie e gruppi che sono forti nel mercato del lavoro. Questa è la tendenza spontanea di qualsiasi organizzazione. Il punto è che sempre meno la struttura confederale ha volontà, capacità e forza per andare contro corrente e piegare le tendenze spontanee all’interesse generale.
Un esempio di questa problematica riguarda un tema di disagio crescente. Si chiama non autosufficienza e riguarda oltre tre milioni di soggetti che saranno cinque nel 2030. E’ in relazione anche con la povertà come detto in una relazione Cnel del 27.11.2019: “Il disagio dei soggetti si combina con quello delle famiglie (quando esistono)……..sbarcano il lunario grazie al nonno non autosufficiente che avrà una pensione al minimo, abbinata a un assegno sociale e indennità di accompagnamento; se non si paga affitto e si racimola qualche lavoretto in nero si stringono i denti e si arriva a fine mese; quando muore il nonno si piomba nella miseria più nera”. Da osservare che con la pandemia quelli messi peggio sono coloro che hanno perso il lavoro nero.
Ci si potrebbe immaginare che non autosufficienza stia ai primi posti delle piattaforme sindacali. No. Il 16 novembre 2019, grande manifestazione nazionale dei sindacati pensionati Cgil Cisl Uil a Roma, Piazza San Giovanni. C’è in piattaforma la non autosufficienza……..al numero nove in un elenco di dieci punti. Ci sono a latere due paginette di spiegazione del punto. Non troverete la parola badanti che è il fenomeno più rilevante collegato a non autosufficienza ed è un fenomeno di immigrazione femminile. Ci si aspetterebbe che ne parlino le donne dei sindacati. E’ raro trovare la parola nei loro discorsi e documenti. Non pretendo proposte.
Adesso di non autosufficienza se ne parla di più. Se sono rose…..potranno pungere.
Chi ha affrontato il tema è l’Alleanza contro la povertà. Promossa da Acli e Caritas con dentro Cgil Cisl Uil insieme ad altre 15 grandi organizzazioni e molte altre piccole compresa quella che presiedo. Da questa iniziativa è nato il Reddito di Inclusione Sociale che ha preso il via con il governo Renzi.
Immagino che se Cgil Cisl Uil fossero state convinte della cosa due-tre miliardi in più dal governo Gentiloni si potevano ottenere e questo avrebbe evitato argomenti al Reddito di Cittadinanza dei cinque stelle evitando gli svarioni che abbiamo visto ed evitando
di smantellare un impianto di gestione che valorizzava le strutture territoriali dei comuni e del volontariato.
E’ sacrosanto sollecitare Cgil Cisl Uil a mettere mano al tema povertà. La maniera giusta e praticabile è rilanciare l’Alleanza contro la povertà. In essa le Confederazioni non avranno ruolo prevalente, ma potranno svolgere una funzione molto positiva se vi dedicheranno impegno, idee e risorse.
Aldo Amoretti